tag:blogger.com,1999:blog-118423912024-03-08T01:07:48.065+01:00Leggo e riflettoPensieri 'a ruota libera' da parte della Redazione cui i visitatori possono rispondere con commenti, giudizi, approfondimenti.Gli Amici di Padre Aldo Bergamaschihttp://www.blogger.com/profile/04210370554062897370noreply@blogger.comBlogger64125tag:blogger.com,1999:blog-11842391.post-32513312963073536102010-07-26T13:03:00.000+02:002010-07-26T13:03:27.728+02:00IL PROCESSO DI DECOSTITUZIONALIZZAZIONE DEL SISTEMA POLITICO ITALIANO<b>1. La crisi della democrazia costituzionale</b><br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT">È in atto un processo di decostituzionalizzazione del sistema politico italiano. Questo processo si manifesta in una progressiva deformazione dell’assetto costituzionale diretta a introdurre una forma di democrazia plebiscitaria basata sull’onnipotenza della maggioranza e sulla neutralizzazione di quel sistema di limiti, vincoli e controlli che forma la sostanza della democrazia costituzionale.<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT">L’idea elementare che è alla base di questo processo è che il consenso popolare è la sola fonte di legittimazione del potere politico e varrebbe perciò a legittimare ogni abuso e a delegittimare critiche, limiti e controlli. Il processo di decostituzionalizzazione si manifesta in una lunga serie di violazioni della lettera o dello spirito della prima parte della Costituzione: le tantissime leggi <i>ad personam</i></span><span lang="IT">, che formano ormai un vero <i>Corpus iuris ad personam</i></span><span lang="IT"> finalizzato a sottrarre il presidente del Consiglio ai tanti processi penali dai quali è assediato; le leggi razziste contro gli immigrati, che hanno penalizzato lo status di clandestino; le misure demagogiche in tema di sicurezza, che hanno militarizzato il territorio, legittimato le ronde, previsto la schedatura dei senza tetto; il controllo politico e padronale dei media, soprattutto televisivi, che ha fatto precipitare l’Italia al 73.mo posto della di <i>Freedom House</i></span><span lang="IT"> sui livelli della libertà di stampa, in attesa di un ulteriore precipizio se verrà approvata la legge sulle intercettazioni che non solo limita le possibilità di indagine della magistratura ma introduce una sostanziale censura sull’informazione che ci costringerà, come nei regimi totalitari, ad apprendere dalla stampa estera le notizie sul nostro Paese. E ancora: i tagli alla spesa pubblica nella scuola e nella sanità; la crescita della precarizzazione del lavoro e della disoccupazione; l’aggressione al sindacato e alle garanzie giurisdizionali dei diritti dei lavoratori; il progetto di installare centrali nucleari contro cui si espresse 20 anni fa il referendum popolare.<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT">Di solito questo indebolimento della dimensione costituzionale della nostra democrazia viene interpretato, sia a destra che a sinistra, come un prezzo pagato a un rafforzamento, e al conseguente primato della sua dimensione politica, del potere conferito agli elettori di scegliere volta a volta la coalizione di governo: in altre parole, come una riduzione e una svalutazione della legittimazione legale, a favore di una valorizzazione della legittimazione popolare della rappresentanza politica, ottenuta dalla possibilità dell’alter-nanza resa possibile dal sistema bipolare e dall’aperta rivendicazione dell’onnipotenza della maggioranza.<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><br />
</div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT"><b>2. La crisi della democrazia politica</b></span><span lang="IT"><o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT">La tesi che qui sosterrò è opposta a questa rappresentazione. Dietro la pretesa valorizzazione della rappresentanza politica si nasconde una deformazione profonda delle istituzioni rappresentative, responsabile non solo della crisi della dimensione legale e costituzionale della democrazia, ma anche della tendenziale dissoluzione della sua dimensione politica e rappresentativa. Stiamo assistendo in Italia alla costruzione di un regime personale e illiberale di tipo nuovo, senza precedenti né confronti nella storia, che è il frutto di molteplici fattori di svuotamento della rappresentanza politica.<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><br />
</div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT"><b>2.1. Il populismo e l’idea del capo</b></span><span lang="IT"><o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT">Il primo fattore è la verticalizzazione e personalizzazione della rappresentanza. Il fenomeno è presente in molte altre democrazie, nelle quali la rappresentanza si è venuta sempre più identificando nella persona del capo dello Stato o del governo e sono stati indeboliti ed esautorati i parlamenti. Ma in Italia, il fenomeno ha assunto forme e dimensioni che compromettono alla radice la rappresentanza politica. Per una lunga serie di fattori.<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT">Il primo fattore è la connotazione apertamente populista assunta dal nostro sistema politico. La democrazia politica - secondo l’immagine offertane dall’attuale maggioranza e divenuta senso comune - consisterebbe, ben più che nella rappresentanza della pluralità degli interessi sociali e nella loro mediazione parlamentare, nella scelta elettorale di una maggioranza e soprattutto del capo della maggioranza, concepito come espressione organica della volontà popolare, dalla quale proverrebbe una legittimazione assoluta. Di qui l’insofferenza per le regole e per il pluralismo istituzionale: per l’indipen-denza della magistratura e perfino per il ruolo del parlamento, la cui rappresentatività è stata del resto svuotata dall’at-tuale legge elettorale che ha alterato l’oggetto stesso della rappresentanza: i parlamentari, essendo di fatto nominati dai vertici dei partiti, rappresentano oggi, più che gli elettori, coloro che li hanno nominati e dai quali dipendono.<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT">Ebbene, questa idea dell’onnipotenza del capo quale incarnazione della volontà popolare è al tempo stesso antirappresentativa e anticostituzionale. È innanzitutto anti-rappresentativa, dato che nessuna maggioranza e tanto meno il capo della maggioranza può rappresentare la volontà del popolo intero e neppure quella della maggioranza degli elettori. (...).<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT">Ma quell’idea è anche radicalmente anti-costituzionale, dato che ignora i limiti e i vincoli imposti dalle costituzioni ai poteri della maggioranza riproducendo, in termini parademocratici, una tentazione antica e pericolosa, che è all'ori-gine di tutte le demagogie populiste e autoritarie: l'opzione per il governo degli uomini, o peggio di un uomo - il capo della maggioranza - contrapposto al governo delle leggi e la conseguente insofferenza per la legalità avvertita come illegittimo intralcio all’azione di governo. Fu proprio questa concezione che fu rinnegata dalla Costituzione del ‘48 all’indomani della sconfitta del fascismo, che dopo aver conquistato il potere con mezzi legali, distrusse la democrazia edificando un regime totalitario proprio sull’idea del capo come espressione diretta della volontà popolare. (...).<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><br />
</div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT"><b>2.2. I conflitti di interesse ai vertici dello Stato</b></span><span lang="IT"><o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT">Il secondo fattore di crisi della rappresentanza politica è la progressiva confusione e concentrazione dei poteri. Mi riferisco - ancor più che alla lesione, che pure è costantemente tentata, del principio della separazione tra i pubblici poteri, e in particolare dell’indipendenza del potere giudiziario - al progressivo venir meno di una separazione ancor più importante, che fa parte del costituzionalismo profondo dello Stato moderno: la separazione tra sfera pubblica e sfera privata, ossia tra poteri politici e poteri economici.<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT">Il tramite di questa confusione di poteri è costituito dal conflitto di interesse, che in Italia ha assunto le forme, senza confronti e senza precedenti, della concentrazione nelle stesse mani dei poteri di governo, di un enorme sistema di interessi e di poteri economici e finanziari, nonché dei poteri mediatici assicurati dal quasi monopolio dell'informazione televisiva. Al punto che non può neppure parlarsi, propriamente, di conflitto di interessi, bensì di un aperto primato degli interessi privati del presidente del consiglio sugli interessi pubblici e di una subordinazione dei secondi ai primi (...).<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT">Per questo possiamo parlare, a proposito dell’anomalia italiana, di una singolare regressione premoderna allo stato patrimoniale contrassegnato da connotati populisti (...), che si manifesta in una sorta di privatizzazione o di appropriazione privata della sfera pubblica. Si tratta di un fenomeno nuovo nella storia delle istituzioni politiche, non paragonabile alla vecchia degenerazione della sfera pubblica, quando la politica era corrotta, comprata e subordinata agli interessi economici privati e tuttavia da questi pur sempre distinta e separata. Allora, all’epoca di “Tangentopoli”, fu svelato un rapporto corrotto ed occulto tra politica ed economia. Ma il rapporto tra sfera pubblica e sfera privata, per quanto corrotto, rimaneva pur sempre un rapporto di distinzione e di separazione. Oggi, dalle collusioni occulte fra interessi pubblici e interessi privati su cui si era retto il vecchio sistema della corruzione si è passati alla loro confusione esplicita e istituzionalizzata, in forza della quale alla vecchia corruzione, peraltro non venuta meno a causa della voracità del nuovo ceto politico, si è sostituita la diretta gestione politica dei propri personali interessi: sia che si tratti dell’abolizione delle imposte sulle successioni e sulle donazioni, o dell’approvazione a ripetizione di leggi ad personam in materia di giustizia, o della censura del dissenso e dell’informazione, o della difesa e del rafforzamento del monopolio televisivo. (...).<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT"> <o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT"><b>2.3. La spoliticizzazione e la corruzione del senso civico</b></span><span lang="IT"><o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT">C’è poi un secondo aspetto, per così dire dal basso, della crisi della democrazia politica: lo sviluppo del qualunquismo che si manifesta da un lato nell’omologazione dei consenzienti, dall’altro nella denigrazione dei dissenzienti. La denigrazione dei dissenzienti si manifesta in una pluralità di divisioni e di rotture della solidarietà sociale all’insegna dell’op-posizione amico/nemico, bene/male, amore/odio. Dove il nemico ha sembianze sociali o politiche o culturali: gli immigrati, i delinquenti di strada, i comunisti, l’opposizione, la libera stampa, gli intellettuali, il sindacato, la magistratura. In tutti i casi è un nemico che mente e complotta, per il quale vengono riesumate vecchi categorie della propaganda fascista: sono disfattiste, anti-nazionali e anti-italiane le critiche della stampa e dell’opposizione; sono eversivi i processi e le indagini giudiziarie. In particolare, sono complotti - gestiti dai comunisti - i processi penali oppure le rivelazioni scandalistiche sulla vita privata del capo.<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT">L’omologazione dei consenzienti, d’altro canto, avviene per il tramite della spoliticizzazione di larghi settori dell’elet-torato, che si manifesta, oltre che nell’astensionismo o nel qualunquismo, nel declino del senso civico e nell’indebo-limento dell’opinione pubblica. Che cosa è infatti l’opinione pubblica? È l’opinione che si forma sulle “questioni pubbliche”, cioè di pubblico interesse perché riguardanti gli interessi di tutti; e che perciò viene meno allorquando si dissolve in una somma di opinioni vertenti tutte sui molteplici e diversi interessi personali. (...).<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT">Ebbene, la distruzione dell’opinione pubblica avviene con la disinformazione e con la menzogna. Ma avviene soprattutto allorquando viene promosso il disinteresse e l’indifferenza per gli interessi pubblici: quando dall’oriz-zonte politico del cittadino svanisce l’idea stessa di “interesse generale” e la sua attenzione politica viene rivolta soltanto ai suoi interessi personali e privati, assunti come criteri esclusivi della sua valutazione politica, a cominciare da quella che si manifesta nell’esercizio del diritto di voto. È chiaro che questa indifferenza dei cittadini per gli interessi generali e questo loro isolamento nei loro interessi privati formano il miglior terreno di coltura della passivizzazione politica e, con essa, del populismo e della delega a un capo. C’è una pagina assai nota di Tocqueville, di straordinaria attualità, che illustra questo nesso tra depressione dello spirito pubblico e dispotismo: “Il dispotismo”, scrisse Tocqueville, “vede nell'isolamento degli uomini la garanzia più certa della propria durata, e in generale mette ogni cura nel tenerli se-parati... Innalza barriere tra loro e li divide”, “fa dell'indif-ferenza una specie di virtù pubblica”, li trasforma in una “folla innumerevole di uomini” ciascuno dei quali “vive per conto suo ed è come estraneo al destino di tutti gli altri: i figli e gli amici costituiscono per lui tutta la razza umana; quanto al resto dei concittadini, egli vive al loro fianco ma non li vede; li tocca ma non li sente; non esiste che in se stesso e per se stesso, e se ancora possiede una famiglia, si può dire per lo meno che non ha più patria”. E aggiunge: il potere dispotico “è contento che i cittadini si svaghino, purché non pensino che a svagarsi”.<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><br />
</div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT"><b>3. I rimedi alla crisi: quattro indicazioni</b></span><span lang="IT"><o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT">Ebbene, di fronte a questo processo di decostituzionalizzazione, noi pensiamo che la sinistra debba opporre una rigida difesa dell’assetto costituzionale della nostra democrazia; che debba liberarsi dall’egemonia culturale della destra, nella consapevolezza che oggi l’attacco è non tanto e non solo alla Costituzione italiana del ’48, ma al costituzionalismo quale sistema di limiti e vincoli a tutti i poteri; e che è soprattutto il valore del costituzionalismo che venti anni di tentativi di riforma regressiva della nostra Costituzione hanno logorato e messo in crisi nel senso comune. In questa prospettiva ci sembra che possano formularsi quattro indicazioni, che richiedono tutte un mutamento della politica costituzionale della sinistra.<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><br />
</div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT"><b>3.1. Abbandonare ogni progetto di riforma complessiva</b></span><span lang="IT"><o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT">La prima indicazione è che le forze di opposizione dovrebbero abbandonare, almeno in questa legislatura, ogni progetto di riforma costituzionale complessiva. Con questa destra, dovrebbe ormai essere chiaro, le uniche riforme possibili sono quelle dirette a trasformare il nostro sistema in senso autocratico e padronale. Ne sono prova i due progetti di riforma costituzionale proposti dalla destra – la loro carta di identità costituzionale, per così dire – diretti inequivocabilmente a trasformare in costituzione formale la decostituzionalizzazione di fatto prodottasi della nostra democrazia: la riforma varata nella legislatura 2001-2006 e bocciata dal referendum e la bozza di revisione in 37 articoli dell’intera carta costituzionale, consegnata al presidente Napolitano dall’on. Calderoli all’indomani delle elezioni regionali.<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT">(...) Certamente, grazie alle divisioni della destra, questo progetto sarà accantonato. Dobbiamo però prendere atto del suo carattere sovversivo e della mancanza di senso del limite di questa destra; la cui impudenza è ormai arrivata al punto che dalle leggi <i>ad personam</i></span><span lang="IT"> si vorrebbe passare alla costituzione <i>ad personam</i></span><span lang="IT">, la cui unica, trasparente finalità è chiaramente quella di fare dell’attuale presidente del consiglio un autocrate incontrastato e incontrollato.<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><br />
</div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT"><b>3.2. Solo revisioni specifiche</b></span><span lang="IT"> <o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT">La seconda indicazione, che suggerisce anche un forte argomento da opporre alle proposte della destra, è che la nostra Costituzione non consente la sua integrale riscrittura, ma solo singoli emendamenti. (...). L’art.138 che ne disciplina l’esercizio non consente perciò che con legge di revisione possa scriversi una costituzione interamente nuova e diversa. Consente solo revisioni specifiche di questa o quella norma costituzionale consistenti in emendamenti di contenuto omogeneo: se non altro perché il referendum cui la revisione può essere sottoposta non deve riguardare, come la Corte costituzionale ha più volte ribadito, istituti eterogenei in ordine ai quali l’elettore può avere opinioni in parte favorevoli e in parte sfavorevoli. (...).<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT">Del resto le costituzioni serie non si modificano ad ogni cambio di stagione. Pensiamo a come sarebbe accolto negli Stati Uniti un progetto di riforma complessiva della Costituzione del 1786. Naturalmente questo non vuol dire che la Costituzione del ‘48 non sia, in tempi migliori, modificabile. Il costituzionalismo può ben essere sviluppato, come dimostrano le costituzioni di terza generazione dell’America Latina. <o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT">(...) Ma pensiamo, soprattutto, alla prospettiva sempre più urgente di un costituzionalismo globale, che introduca idonee garanzie a quell’embrione di Costituzione del mondo che già oggi è costituito dalla Carta dell’Onu, dalla Dichiarazione universale dei diritti del ’48, dai Patti del 1966 e dalle tante carte sovranazionali dei diritti di carattere regionale: un costituzionalismo globale in grado di mettere al bando le guerre e di colmare quel vuoto di diritto pubblico, responsabile oggi, nell’attuale crisi delle sovranità statali, di una globalizzazione selvaggia e senza regole che sta provocando la crescita delle disuguaglianze, la morte per fame o per malattie non curate di milioni di esseri umani ogni anno, le tante catastrofi ambientali e il pericolo per la sopravvivenza stessa dell’umanità sul nostro pianeta.<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><br />
</div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT"><b>3.3. Una sola urgente riforma</b></span><span lang="IT"><o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT">Frattanto, ed è questa la nostra terza indicazione, c’è una sola, urgente riforma che le forze di opposizione dovrebbero promuovere, quella dell’art. 138 Cost. in tema di revisione della Costituzione medesima: la previsione, per ogni revisione, di una maggioranza qualificata di almeno due terzi dei componenti del Parlamento; l’esclusione da qualunque revisione, ma solo la possibilità di espansione e rafforzamento, dei diritti fondamentali e dei principi supremi, come l’ugua-glianza, la dignità della persona, la pace e la separazione dei poteri; infine l’esplicita limitazione, oggi solo implicita, del potere di revisione, cui non dovrebbero essere consentiti tentativi di riforma dell'intera costituzione, ma solo l’approvazione di emendamenti di questa o quella singola e determinata norma costituzionale.<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><br />
</div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT"><b>3.4. Il metodo elettorale proporzionale</b></span><span lang="IT"><o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT">Infine, e vengo alla questione più dolente, la legge elettorale. L’esperienza di questi anni dovrebbe averci insegnato che, a tutela dell’uguaglianza nel diritto di voto e contro le derive populiste, la sola garanzia è il metodo elettorale proporzionale e il sistema parlamentare. Solo la democrazia parlamentare basata sul metodo proporzionale, favorendo lo sviluppo dei partiti e per il loro tramite la rappresentanza di interessi sociali e di opzioni politiche diverse e talora in conflitto, è infatti idonea a garantire il pluralismo politico e la rappresentanza dell’intero elettorato e ad impedire involuzioni monocratiche generate invece, come nei sistemi maggioritari, dalla personalizzazione della rappresentanza. (...).<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT">Sarebbe perciò necessario, a questo punto, un sereno bilancio degli effetti perversi del bipolarismo. Il sistema bipolare è una sorta di stampo calato sulla società, che artificialmente ne nega il pluralismo politico, mortifica i dissensi, offusca le differenze degli interessi rappresentati, semplifica la complessità sociale costringendo gli elettori a schierarsi con una delle parti in conflitto e trasformando le elezioni in una partita nella quale si vince anche solo per un punto. Un’esigua minoranza di elettori incerti, prevalentemente spoliticizzati e più degli altri esposti al condizionamento della propaganda, decide infatti l’esito delle elezioni con un alto grado di casualità. È così che questo sistema ha distrutto i partiti, ha allargato il fossato tra ceto politico e società, ha ridotto le competizioni elettorali a guerre di spot tra coalizioni che si contendono il centro e quindi devono essere tanto più rissose quanto più devono tendere ad omologarsi. (...). Ma soprattutto il sistema bipolare, favorendo la personalizzazione della rappresentanza e il culto del capo, ha cambiato il senso comune sulla democrazia, fornendo il principale sostegno alla sua involuzione in senso populista e autoritario.<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT">Oggi la scelta bipolare continua ad essere difesa, in Italia, dalla maggioranza delle forze politiche, incluse, incredibilmente, le forze della sinistra che ne hanno subito i danni maggiori. Dobbiamo invece riflettere sui guasti da essa prodotti. (...).<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT">Concludo con un’ultima osservazione. Certamente, fino ad oggi la democrazia costituzionale e la Costituzione italiana hanno resistito, grazie all’effettività della separazione dei poteri: dell’indipendenza della magistratura ordinaria e della giurisdizione costituzionale. Ma non possiamo essere certi che questa resistenza, di carattere solo istituzionale, non sarà travolta, se proseguirà la corruzione del senso comune in materia di democrazia. Esiste infatti un’interazione tra involuzione istituzionale e senso comune: l’opinione pubblica può ben essere trasformata e corrotta dalla demagogia politica sviluppata dal sistema politico-mediatico e retroagire in suo favore sotto forma di consenso di massa. Per questo ciò che oggi soprattutto si richiede è lo sviluppo, a sinistra, di una cultura costituzionale opposta e alternativa a quella della destra e, insieme, un forte impegno di pedagogia civile, diretto a rifondare nel senso comune i valori del costituzionalismo democratico: del pluralismo politico e istituzionale, dei principi di uguaglianza e dignità delle persone, del ruolo di difesa degli interessi generali spettante alla politica e, soprattutto, di una concezione della democrazia come sistema fragile e complesso di separazioni ed equilibri tra poteri, di limiti di forma e di sostanza al loro esercizio, di garanzie dei diritti fondamentali, di tecniche di controllo e riparazione contro le loro violazioni.<o:p></o:p></span></div><div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;"><span lang="IT"><br />
</span></div><div class="MsoNormal" style="text-align: right;"><span lang="IT"><i>Luigi Ferrajoli</i></span></div><div class="MsoNormal"><br />
</div><div class="MsoNormal"></div><div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px; text-align: left;"><span lang="IT">31.07.2010</span></div><div><span lang="IT"><br />
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<div class="MsoNormal"><span lang="IT">Fonte: http://www.adistaonline.it/index.php?op=articolo&id=47589<o:p></o:p></span></div><!--EndFragment-->Gli Amici di Padre Aldo Bergamaschihttp://www.blogger.com/profile/04210370554062897370noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-11842391.post-85477880645680148152010-01-29T10:48:00.000+01:002010-01-29T10:48:32.732+01:00Cristo, conversione dei cuoriDal Convegno del 12 dicembre 2009 “Don Mazzolari e padre Bergamaschi, due pellegrini verso la verità”<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://www.padrebergamaschi.com/Convegno2009/bacchi.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="http://www.padrebergamaschi.com/Convegno2009/bacchi.jpg" width="149" /></a></div>Mi associo ai saluti e ai ringraziamenti rivolti fino ad ora ai presenti, presenti sia di qua che di là dal tavolo.<br />
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Sull’argomento dell’incontro faccio una permessa: parlerò principalmente di padre Aldo. Dico principalmente perché anche quello che dirò del suo maestro don Primo non è solo lettura mia ma, per lo più, lettura del discepolo padre Aldo. Dico subito che i due profeti sono stati i cantori di una utopia tanto celebrata e osannata quanto letteralmente tradita: l’utopia del Vangelo. So che l’utopia, in genere, è sempre un po’ derisa, ma a torto. L’utopia è in realtà la molla che spinge avanti di nascosto la storia. E questo lo dimostra proprio l’utopia del Vangelo. Se l’utopia fosse solo da deridere bisognerebbe strappare il Vangelo o buttarlo via. Ma nessuno, lo condivida o meno, ha il coraggio di farlo: grazie a Dio, ovviamente. Don Primo cantò il Vangelo da poeta, fu “il poeta del Vangelo”. Padre Aldo lo celebrò da filosofo, fu “il filosofo del Vangelo”. É una prima differenza da sottolineare che incide anche sui messaggi profetici dell’uno e dell’altro. Il poeta si lascia avvincere dalla bellezza della forma, il filosofo, invece, si sofferma sulla quadratura dei contenuti.<br />
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Ma c’è un’altra più importante differenza da sottolineare. Sul piano ecclesiale, il parroco di Bozzolo ha conosciuto gli incipienti e timidi entusiasmi dei rinnovatori preconciliari. Inoltre, sul piano politico-sociale, ha vissuto gli entusiasmi iniziali della riconquistata democrazia. E unitamente alla rinnovata democrazia ha vissuto la nuova realtà storica dei cattolici al potere. Invece, il cappuccino reggiano ha conosciuto gli entusiasmi conciliari prima, ma poi le misurate successive delusioni. Parallelamente, sul piano politico-sociale, ha sofferto le delusioni dell‘occupazione del potere da parte dei cattolici, nonché la loro successiva diaspora, Una diaspora, va detto, in linea con il pluralismo delle opzioni politiche, certificato autorevolmente anche dal Concilio Vaticano II. Un pluralismo, va aggiunto, che doveva rafforzare l’autonoma presenza dei cattolici in campo politico, che invece è stato praticamente cancellato dall’assunzione diretta e unitaria da parte della gerarchia ecclesiastica in nome dell’unità dei valori.<br />
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Orbene, sia la differenza delle tempre spirituali che le differenze delle fasi storiche, vissute dai due testimoni, hanno sicuramente inciso sulle idee e sul significato della loro testimonianza. Ed è proprio alla luce dei diversi quadri generali che si capiscono meglio, a mio giudizio, le affinità e le diversità di pensiero. Senza santificare i morti, mi permetto, ora, di esporre, nel tempo concesso, due temi tra quelli sicuramente di maggior spicco:<br />
a) il cristianesimo come “novità esistenziale” e non come religione;<br />
b) la città (polis) organizzata secondo l’amore cristiano.<br />
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Prendiamo il primo tema, cioè il cristianesimo non è una religione ma una “novità esistenziale”. Non entro nella discussione se Gesù Cristo avesse voluto o meno fondare una nuova religione. Certo è che padre Aldo non è il solo a definire la “religione” in una accezione negativa, cioè di tomba della fede. La Chiesa - non il Mondo, la Chiesa - ha crocefisso Cristo, scriveva con accentuata enfasi negli anni cinquanta del secolo scorso il teologo protestante Karl Barth.<br />
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In questa accezione negativa, per religione si intende l’esteriorità del rito, delle opere, della legge e dei dogmi anziché l’interiorità della fede, della vita, dello spirito e dell’esperienza personale. Ma c’è di peggio: la religione è diventata la tomba della fede cristiana quando da Costantino in poi, con il connubio spada-pastorale, la Chiesa ha fatto proprie le tentazioni di Satana che Cristo invece aveva decisamente rifiutate nel deserto, e precisamente: le tentazioni dell’autoritarismo dogmatico, del fascino manipolante del mistero e della forza perversa del potere temporale. Un potere temporale esercitato talvolta nella versione papicesarista (il Papa che strumentalizza Cesare), talvolta nella versione cesaropapista (Cesare che strumentalizza il Papa). Su queste tentazioni diaboliche fatte proprie dalla Chiesa nella storia, ricordo volentieri quello che mi disse di persona padre Aldo in una appassionata conversazione in convento. Mi disse esattamente: sul comodino di fianco al letto tieni sempre, vicino al Vangelo, la magnifica leggenda de “Il grande inquisitore” di Dostoevskij.<br />
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Al cristianesimo “caduto a rango di religione” il cappuccino reggiano contrappone il cristianesimo che si fa vita concreta del comandamento dell’amore, che si fa conversione del cuore (metanoia soleva ripetere spesso). Conversione del cuore che vuol dire - cito testualmente - «eliminare le contraddizioni della natura caduta non consentendo aggiornamenti commisurati ai propri vizi, bensì favorendo la responsabilità, in positivo, a mostrare appunto la novità della fede». Cristianesimo uguale, dunque, a novità di vita.<br />
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Ci dobbiamo ora chiedere: quali sono i cardini portanti una tale novità? La risposta di padre Bergamaschi è chiara e netta. Anzitutto c’è il cardine della fede. «Non credo nei miracoli, - diceva e scriveva il cappuccino - non credo nei miracoli della bacchetta magica perché sono cristiano, e in quanto tale credo solo in due interventi di Dio nel mondo: nella creazione e nella redenzione». La Verità sta in questa duplice sorgente: nella natura del creato e in Gesù Cristo, il Verbo (Logos) di Dio che si è fatto carne. In altre parole: la Verità si legge anzitutto nella creazione e poi nella Parola di Dio comunicata direttamente e una volta per sempre da Gesù. In Gesù, precisa padre Aldo, «nato e morto, ma non rimasto come non venuto dalla Palestina, ove la supposta “religione” rivelata aveva raggiunto il massimo della corruzione ... Venuto in Palestina - aggiungeva - per spezzare il legame che la religione aveva costruito tra un gruppo umano e Dio». Dopo di Lui chi crede nella rivelazione del Vero Dio ha l’obbligo di mostrare a tutti il suo Messaggio in cui sta la soluzione dei problemi umani per il fatto autenticamente rivoluzionario che mette al posto dell’«etica dell’homo homini lupus (l’uomo che si fa lupo per l’altro uomo) l’opposta’etica dell’homo homini Deus (l’uomo quale volto di Dio per l’altro uomo)». Altro che l’imperante individualismo “fai da te” dei nostri giorni!<br />
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Un altro importante cardine fondante la personale novità esistenziale è il rapporto che si viene a stabilire tra Cristo (cioè la Parola di Dio) e la Chiesa (cioè Popolo di Dio e Gerarchia Ecclesiastica compresa). Anche qui il pensiero di padre Aldo è chiaro, senza giri di parole. La Chiesa va definita, nella sua interezza comunitaria, come medium in quo, cioè come mezzo entro il quale tutti cerchiamo di comprendere il messaggio di Cristo. La Chiesa, considerata solamente nella sua struttura gerarchica, pertanto, non è il medium quod, cioè il mezzo, esso solo, che fa conoscere la verità. In altre parole, la gerarchia ecclesiastica fa un “servizio” che aiuta il Popolo di Dio a conoscere la verità, ma non ha il compito di “comandare” la verità. Solo se stiamo tutti (popolo di Dio e Gerarchia compresa) “sotto la Parola” si può dire, come si legge negli Atti degli Apostoli, che «si deve obbedire prima a Dio che agli uomini».<br />
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Certamente esiste un problema ermeneutico, vale a dire il problema di leggere correttamente il Vangelo. Ciò esclude, ad ogni buon conto, che l’autorità del magistero ecclesiastico debba porsi al di sopra della libertà di coscienza di ogni credente, guidato da una robusta razionalità sorretta - sostiene il Bergamaschi - dal Principio di non contraddizione. Siamo, come si vede, al rischio della libertà. Il rischio che in più grossa misura tocca i profeti e ne costituisce il loro tormento. Quel rischio che hanno conosciuto tanto padre Aldo quanto don Primo. Anche il parroco di Bozzolo aveva infatti sollevato il problema della identificazione di Verità e Chiesa. Qualcuno - ha scritto - fa troppo facile il passaggio dal Cristo persona al Cristo Chiesa, da una Umanità uscita dal seno purissimo di Maria Vergine a una umanità che siamo noi tutti, con le nostre tristezze.<br />
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Non entro nei dettagli dell’inevitabile e appassionato dramma dell’ubbidienza all’autorità gerarchica, specie da parte di chi ne ha fatto voto nella sua vocazione sacerdotale. Vorrei semplicemente notare la grande ma anche diversa nobiltà di stile dimostrata, pure in questo campo, dai nostri due testimoni di Cristo. Basta leggere attentamente le loro lettere di obbedienza al richiamo severo rivolto loro dalle rispettive legittime autorità. Nel 1951 don Primo, rispondendo alla lettera che gli vietava di scrivere sul suo Adesso, tra l’altro afferma: Adesso è meno di un attimo, mentre la Chiesa è la custode dell’Eterno ed io voglio rimanere nell’Eterno. Il che pare identificare tout-court Cristo con la Chiesa. Trentasette anni dopo, Padre Aldo, attenendosi all’insegnamento di Gesù, scrive tra l’altro ai suoi censori: «nell’ipotesi che qualcuno vi perseguiti o vi calunni pregate per loro». Il che mi sembra rispettare coerentemente la primalità di Cristo sulla Chiesa.<br />
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Passo, ora, al secondo tema annunciato: la società organizzata secondo l’amore cristiano. A dire il vero, se penso al perverso individualismo esagerato che sospinge molta, troppa gente ad appoggiarsi all’ideologia dei ricchi e dei potenti come uscita dalla loro miseria (un virus dell’individualismo che contagia persino il poverissimo continente africano), se penso a questo, ciò che ora dirò potrà sembrare una favola. Ma non posso non raccontarla brevemente nella speranza di una inedita “primavera dei cuori”. Padre Aldo cammina con logica stringente sul filo del comandamento di Gesù: Amatevi come io vi ho amato, cioè - precisa il cappuccino - senza profitto. É la carta costituzionale della sua polis cristiana che innerva i tre maggiori filoni del vivere sociale: l’eros, il denaro e il potere. Si tratta - afferma il nostro cappuccino - di finalizzare il sesso, il denaro e il potere evitando di farli fini a se stessi: il sesso per il sesso, il denaro per il denaro, il potere per il potere.<br />
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Entriamo così in Telergo, il luogo ideale a cui ha accennato il coordinatore di questo incontro, l’amico Nando Cottafavi. Il lavoro (ergon) realizza il suo fine (telos) solo quando genera e controlla il capitale. In breve, il capitale è comunitario, il frutto del lavoro viene suddiviso fra tutti così da soddisfare in modo uguale i bisogni di ognuno (parabola dei vignaioli) indipendentemente dalle mansioni e dai talenti dei singoli (parabola dei talenti). Questo non significa, sia chiaro, contestare la ricchezza e il progresso ma vivere la povertà intesa come uguaglianza contro le disparità talvolta stratosferiche derivanti dalla logica del profitto. E tutto ciò, infine, non perché imposto dall’alto in nome della legge bensì perché sentito e condiviso come espressione di fratellanza.<br />
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Padre Bergamaschi era consapevole della radicalità cristiana del suo progetto politico. Il che lo induceva a definire il progetto politico di don Mazzolari una «sinfonia incompiuta» che lo affaticava inutilmente per portare la fiaccola del risveglio cristiano nella democrazia soltanto formale del suo tempo, poi in continuo degrado. Padre Bergamaschi aveva anche un’anima profondamente laica, non in contraddizione, come vedremo, con la sua radicalità cristiana. Un’anima laica che non voleva imporre la propria visione del mondo e la propria etica a nessuno. Orbene, quest’anima lo ha condotto a proporre la «divisione delle etiche» nel senso che ogni etica potesse organizzarsi entro una propria area territoriale onde mostrare la propria validità senza offendere le altre; e ciò secondo un ordinamento impersonato da un Governo mondiale.<br />
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Realisticamente, la semplicità lineare ed elementare di una tale proposta cristiana radicale non trova spazio in un mondo complesso. Ma, a mio parere, può diventare una testimonianza fattibile nella veste di un nuovo tipo di monachesimo di ordine non religioso. Un monachesimo che si può realizzare in oasi di luce possibili in un mondo frantumato e conflittuale, impregnato di ossessive ricerche identitarie entro una perversa forma di globalizzazione.<br />
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Mi avvio alla conclusione con una riflessione sulla funzione della profezia nella storia. I profeti non sono quelli che prevedono il futuro, non sono dei veggenti. Sono, in realtà, dei portatori e dei testimoni di una verità. Sono, più semplicemente ancora, dei grandi educatori dell’umanità che parlano in nome di Dio. Il problema è di sapere ascoltare i profeti, senza lavarsene troppo facilmente le mani. Conosciamo tutti la definizione data da Papa Giovanni XXIII di don Mazzolari nell’udienza in Vaticano l’anno 1959: Tromba dello Spirito Santo in terra mantovana. Senza dubbio un alto riconoscimento. Pure tutti conosciamo il giudizio espresso successivamente da Papa Paolo VI: Aveva il passo troppo lungo; noi si stentava tenergli dietro. Ha sofferto lui, abbiamo sofferto anche noi. È il destino dei profeti. É vero che c’è della sofferenza. Non mi piace, però, quando il realismo del passo lento diventa un alibi per tenere il passo del gambero. Più che alla sofferenza mi piace guardare alla francescana “perfetta letizia”, come è stata definita dal nostro padre cappuccino con un linguaggio da nuova frontiera: un gridare “selliamo i cavalli” quando c’è in giro il gusto borghese del bivacco.<br />
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A questo punto mi domando: sulla scia dei due pellegrini verso la verità, quali linee di presenza cristiana si possono tracciare per dare alla realtà dei nostri giorni una speranza di futuro meno preoccupante? Gli appassionati scritti e le vibranti parole (dette sia in pubblico che in privato) hanno lasciato viva l’impronta di una Chiesa profetica che sintetizzo in alcune istanze distintive:<br />
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Anzitutto, il bisogno di una Chiesa della spiritualità. Prima della ripetizione formale dei riti, dell’istituzione chiusa in se stessa, della tradizione di dogmi rigidi che fabbricano Dio a immagine e somiglianza dell’uomo che vive nel tempo, anziché sospingere l’uomo in avanti fino a somigliare sempre più a Dio; prima di tutto questo c’è il bisogno della “novità esistenziale”, ricordata sopra. In una filippica accorata rivolta alla politica del suo tempo, don Primo ha scritto sull’Adesso: Oggi non conta l’uomo di sinistra né l’uomo di destra, né di centro, ma solo la “nuova creatura”. Questa è la casa da cui partire per il rinnovamento. Non conta cambiare l’età o il nome; conta il cuore nuovo. Chi non parte da qui si riempie di rinnovamento solo la bocca.<br />
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Un altro segno lasciato in eredità è la domanda di una “Chiesa della fratellanza”. Oltre la carità agli azzoppati - ripeteva spesso padre Aldo - è doveroso correggere il sistema che crea gli azzoppatori. Parallelamente, la ricerca identitaria vale fino a che non si trincera dietro il proprio egocentrismo ma che si apre all’altro, diverso o meno che sia,.ovviamente dentro l’invito senza paura al rispetto vicendevole.<br />
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Ultimo importante segno lasciato dai nostri profeti è l’appello per una Chiesa maestra di autentica laicità, cioè lontana dalla sempre ricorrente tentazione teocratica. Data la cruciale attualità dell’argomento, spendo in proposito poche parole. In primo luogo, sottolineo che la laicità non è un’etica ma un atteggiamento etico di rispetto di tutte le etiche, religiose e non. Ciò evita l’errore di chi continua a confondere, con incredibile ritardo culturale, laicità con non-credenza per cui si contrappone ancora spesso, per esempio, laico a cattolico. La vera contrapposizione, invece, sta tra laicità e fondamentalismo (o integralismo che dir si voglia). Di conseguenza si devono definire fondamentalisti sia i credenti cattolici, sia i diversamente credenti e sia i non credenti, così come si devono definire laici sia gli uni che gli altri. La specificità di quest’ultimi sta nella saggezza di agire da credenti nella ecclesìa e da cittadini nella polis.<br />
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In secondo luogo, la laicità è autentica se è positiva, cioè capace di dare spazio pubblico a tutte le etiche. Non è quindi agnostica, alla francese per intenderci, nel senso di ridurre le etiche (religiose o non) a fatto privato. La laicità positiva, inoltre, non esclude valori civili comuni. In altri termini non esclude un ethos condiviso che consenta concretamente la convivenza pacifica di tutte le etiche. Si tratta, in sostanza, di dar vita a quell’ethos meta-politico di cui hanno parlato, in dialogo costruttivo, Papa Benedetto XVI e il filosofo Habermas. Un ethos globale, tipo una aggiornata “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” deliberata dall’ONU esattamente 51 anni fa; un ethos globale che escluda la logica cosiddetta democratica del numero e sia invece frutto di un dialogo alla pari tra tutte le etiche senza imposizioni da parte di alcuna. Affrontare con questo spirito laico e meta-politico insieme le questioni, tanto per esemplificare, di bioetica o l’educazione al pluralismo etico-religioso nella scuola, invertirebbe il pericoloso degrado della democrazia, dei costumi e dei rapporti tra le civiltà.<br />
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Una Chiesa profetica, come sopra triplicemente segnata dai nostri due grandi educatori, pone a suo fondamento una scelta coraggiosa e coerente: la scelta di non inseguire la croce di Costantino ma di seguire fedelmente la croce del Golgota. Quella vera di Gesù che ha predicato e vissuto, fino al prezzo della vita, la distinzione tra il Regno di Cesare nella sua dura storicità e il Regno di Dio nel suo profondo mistero di Verità-Amore. Certo, e concludo, abbiamo molto bisogno di profeti per apprendere l’apparente paradosso di vivere, unitamente distinti, il Gesù della storia e il Gesù della fede.<br />
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<i>Nando Bacchi</i>Gli Amici di Padre Aldo Bergamaschihttp://www.blogger.com/profile/04210370554062897370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-11842391.post-85636805446695512932009-11-20T14:29:00.004+01:002010-01-29T10:42:42.408+01:00Opus Dei segreta<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://1.bp.blogspot.com/_NudtIzz1sbA/S2KtiQnbWEI/AAAAAAAAC5g/qkbLprEpCK8/s1600-h/opus_dei.jpg"><img style="float:left; margin:0 10px 10px 0;cursor:pointer; cursor:hand;width: 260px; height: 260px;" src="http://1.bp.blogspot.com/_NudtIzz1sbA/S2KtiQnbWEI/AAAAAAAAC5g/qkbLprEpCK8/s320/opus_dei.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5432094904649734210" /></a><br /><br />A Sua Santità Benedetto XVI,<br /><br />[...] ho assistito con il dolore che solo una madre può provare, alla totale trasformazione di mio figlio, entrato come «numerario» nell’Opus Dei. Mi sono ritrovata di fronte a un figlio svuotato degli affetti che prima nutriva per i genitori e i familiari, un giovane al quale sembrava stravolta l’anima e il cuore.<br /><br />Il direttore spirituale, neppure sacerdote ma laico, messo appositamente al suo fianco dirigeva la sua vita, le sue scelte e pian piano cambiava la sua personalità plasmando un essere umano nuovo, duro e inflessibile, totalmente sconosciuto ai miei occhi. Tutto ciò che lo riguardava era avvolto dal mistero, tutto era tenuto nascosto.<br /><br />La nostra famiglia ha accusato un duro colpo e stava per disgregarsi a causa dell’Opus Dei. Solo la vera Fede è riuscita a tenerla unita contro un potere oscuro, perché di questo si tratta: l’Opus Dei offusca la mente e gli occhi di giovani buoni provenienti da sane famiglie e quindi facili prede. Sono molte ormai le testimonianze di genitori che si vedono sottratti i figli (soprattutto adolescenti) con un indottrinamento basato sulla manipolazione e sulla cieca obbedienza scevra da critiche.<br />Sappiamo bene che tutti gli adepti devono far affluire denaro all’Opus Dei. Stipendi «confiscati» insieme a ogni altro bene materiale. Se un membro tenta di uscire per ricostruirsi una nuova vita, inizia un forte accanimento…<br />(dalla lettera di Franca Rotonnelli De Gironimo, 20 novembre 2007, a oggi senza risposta)<br /><br />Esiste un mondo dell’Opus Dei che molti ignorano. In questo libro proviamo a raccontarlo. Per quattordici anni sono stata numeraria dell’Opera. Ho svolto incarichi di direzione a Milano, presso il Tandem Club di viale Lombardia, e a Verona, presso la residenza universitaria Clivia di via Severo Tirapelle. La mia prima testimonianza pubblica è stata riportata nel libro Opus Dei segreta del giornalista Ferruccio Pinotti (Bur-Rizzoli 2006). Da quel momento si sono moltiplicati i contatti con chi, ex numerari o famiglie di numerari, mi cercava per saperne di più, per condividere esperienze, denunciare trattamenti subìti, l’isolamento e l’abbandono dopo l’uscita dall’organizzazione, la difficoltà di ricostruirsi una vita.<br /><br />Insieme con molti ex numerari italiani ci siamo ritrovati, a partire dalla primavera del 2008, in un forum on-line riservato e non accessibile, per cercare di costruire anche in Italia quello che già da qualche anno esiste, non senza difficoltà e ostacoli, in Spagna e negli Stati Uniti, cioè degli spazi critici di analisi su cosa davvero sia l’Opus Dei, gestiti soprattutto da ex membri, persone che parlano perché sanno, hanno visto e vissuto sulla propria pelle l’integralismo e la potenza dell’organizzazione.<br /><br />Da Bari a Milano, da Palermo a Verona, le testimonianze raccolte rispondono a quanti, dopo l’uscita di Opus Dei segreta, hanno isolato la mia voce come frutto di una vicenda del tutto personale. Un caso umano. E anche alle critiche di chi mi diceva: «Sapevi dove stavi andando, nessuno ti ha obbligata». Mettere insieme più voci può aiutare a raccontare una verità taciuta. Non sapevamo a cosa andavamo incontro. Sapevamo di entrare in un cammino di santità nel mondo, secondo una spiritualità laica. Invece stavamo avviandoci in un percorso dogmatico e ideologico, nel quale non si accettano critiche, che impone una condotta di vita fin dalla giovane età attraverso questi meccanismi di gratificazione: voi siete la «milizia di Dio», gli «eletti», i «prescelti».<br /><br />Ci sono in gioco le vite di centinaia di giovani. Questo libro vuole aiutare chi oggi non ha il coraggio di denunciare il proprio malessere per riguadagnare la libertà. E vuole riprendere – attraverso una ricostruzione dei documenti «interni», non ufficiali, che rivelano come è organizzata e come funziona davvero l’Opus Dei –, la questione sollevata da una interrogazione parlamentare di più di venti anni fa, ovvero «se il governo non ritenga che… l’Opus Dei dovrebbe qualificarsi come associazione segreta vietata dalla legge». A noi ex numerari la domanda pare attuale. Chiediamo una risposta che non si limiti a considerare le sole fonti ufficiali dell’Opera.<br /><br />Emanuela Provera, ChiarelettereGli Amici di Padre Aldo Bergamaschihttp://www.blogger.com/profile/04210370554062897370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-11842391.post-6808939678624738682009-11-05T18:53:00.000+01:002009-11-05T18:55:09.499+01:00Difendo quella croce[...] Gesù Cristo è un fatto storico e una persona reale, morta ammazzata dopo indicibili torture, pur potendosi agevolmente salvare con qualche parola ambigua, accomodante, politichese, paracula. È, da duemila anni, uno “scandalo” sia per chi crede alla resurrezione, sia per chi si ferma al dato storico della crocifissione. L’immagine vivente di libertà e umanità, di sofferenza e speranza, di resistenza inerme all’ingiustizia, ma soprattutto di laicità (“date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”) e gratuità (“Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”). <br /><br />Gratuità: la parola più scandalosa per questi tempi dominati dagli interessi, dove tutto è in vendita e troppi sono all’asta. Gesù Cristo è riconosciuto non solo dai cristiani, ma anche dagli ebrei e dai musulmani, come un grande profeta. Infatti fu proprio l’ideologia più pagana della storia, il nazismo – l’ha ricordato Antonio Socci - a scatenare la guerra ai crocifissi. È significativo che oggi nessun politico né la Chiesa riescano a trovare le parole giuste per raccontarlo. <br /><br />Eppure basta prendere a prestito il lessico familiare di Natalia Ginzburg, ebrea e atea, che negli anni Ottanta scrisse: “Il crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. È l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza fra gli uomini fino ad allora assente… Perché mai dovrebbero sentirsene offesi gli scolari ebrei? Cristo non era forse un ebreo e un perseguitato morto nel martirio come milioni di ebrei nei lager? Nessuno prima di lui aveva mai detto che gli uomini sono tutti uguali e fratelli. A me sembra un bene che i bambini, i ragazzi lo sappiano fin dai banchi di scuola”.<br /><br />Basterebbe raccontarlo a tanti ignorantissimi genitori, insegnanti, ragazzi: e nessuno – ateo, cristiano, islamico, ebreo, buddista che sia - si sentirebbe minimamente offeso dal crocifisso. Ma, all’uscita della sentenza europea, nessun uomo di Chiesa è riuscito a farlo. Forse la gerarchia è troppo occupata a fare spot per l’8 per mille, a batter cassa per le scuole private e le esenzioni fiscali, a combattere Dan Brown e Halloween, e le manca il tempo per quell’uomo in croce. Anzi, le mancano proprio le parole. Oggi i peggiori nemici del crocifisso sono proprio i chierici. E i clericali. <br /><br />Marco Travaglio - da Il Fatto Quotidiano n°38 del 5 novembre 2009Gli Amici di Padre Aldo Bergamaschihttp://www.blogger.com/profile/04210370554062897370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-11842391.post-64949274641805697992009-10-30T21:08:00.001+01:002009-10-30T21:11:25.602+01:00Il carteggio tra don Farinella e le Em.ze Bertone e Bagnasco, cardinaliIl cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano, ha chiesto e ottenuto la pubblicazione sul settimanale cattolico genovese “Il Cittadino” della sua risposta a due mie lettere a lui indirizzate (11-09 e 08-10 2009). La lettera è accompagnata da una seconda, scritta dal cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e, non possiamo dimenticare, anche presidente della CEI. Lo stesso giorno della pubblicazione ho inviato ai due cardinali la mia risposta, chiedendo che venga pubblicata sullo stesso settimanale. Non credo di pensare male, se dico che non la pubblicheranno mai. Lo hanno fatto già altre volte. Per questo motivo rendo la pubblica come risposta pacata, con una premessa previa.<br /><br />Premessa <br />Si narra nel vangelo di Luca (23,12) che Erode e Pilato erano nemici e dopo essersi palleggiato Gesù come uno stravagante, divennero amici. Le mie prese pubbliche sulle attività politiche del Segretario di Stato e del Presidente della CEI (sottolineo politiche, non pastorali o dottrinali) hanno avuto come primo effetto quello di avvicinare i due cardinali che, sul caso Boffo/Feltri, sembravano essersi divaricati. E’ evidente che nella Chiesa io lavoro per la comunione e non per dividere.<br /><br />Il fatto che due cardinali si compattino per rispondere ufficialmente (carta con tanto di stemma del cardinale Bertone), a mio parere sta a significare che ho toccato nervi scoperti che fanno male, tanto male che i due porporati non rispondono minimamente agli interrogativi che io pongo, ma esprimono il loro disappunto perché non sanno cosa rispondere e forse hanno informazioni più dirette di quelle che posso avere io (non ho servizi segreti a mio servizio) della gravità e della profondità del dissenso all’interno della Chiesa che si configura sempre più come uno scisma sommerso e, oggi, non più tanto silenzioso.<br /><br />Nel 2009 sono usciti, senza scalpore, ma con notevole impatto, due libri, editi ambedue da Il Segno dei Gabrielli, San Pietro in Cariano (VR), che dovrebbero essere un campanello di allarme per la gerarchia di ciò che sta accadendo nel fiume carsico del mondo cattolico: Piero Cappelli Lo scisma silenzioso. Dalla casta clericale alla profezia della fede e J. M. Castillo, La Chiesa e i diritti umani. Chi vive “sulla strada” vede con sgomento lo scollamento sempre più largo tra la gerarchia cattolica e la vita reale dei credenti che ormai vivono una propria vita con una religiosità personalizzata. Su questo specifico punto, mi riservo di essere più puntuale in una lettera riservata al mio vescovo perché possa valutare e riflettere sulla gravità del momento.<br /><br />Il cardinale Bagnasco parla delle mie prese di posizione come di “atteggiamento che suscita in molti – cristiani e non – non poco stupore e disappunto”. Mi piacerebbe che fosse più esplicito su questo punto, dicendo “chi, perché e quanti” sono i “disappuntati”. Ricevo migliaia di lettere e solo quattro contestazioni, di cui due sulle mie posizioni nei confronti dei militari morti in Afghanistan (la documentazione è a disposizione, non tanto per la quantità, quanto per i contenuti e le motivazioni). Nessuno può accusarmi di essere malato di protagonismo perché ho rifiutato in questi giorni intervisti a tv locali e nazionali, e quelle che appaiono sono improvvisate. In internet circolano solo un paio di mie foto e non da me divulgate. Non cerco consenso e non sono alla testa di alcun movimento. Testimonio solo per me stesso, da me stesso. Quando ho da dire qualcosa lo comunico a circa un migliaio di persone con le quali sono in contatto. Il resto viene da solo.<br /><br />Mi è parso di leggere nelle due lettere un velato avvertimento, quasi un avviso ad un successivo provvedimento disciplinare nei miei confronti. Poiché sono prete cattolico per vocazione e per scelta libera e non per convenienza, dichiaro pubblicamente che accetterò qualunque provvedimento inerente la dottrina e la morale e la disciplina canonica, gli unici campi su cui i vescovi hanno competenza su di me e che io riconosco. Lo devono fare però nella debita forma, prevista dal Diritto. I cardinali Bertone e Bagnasco si occupano di politica e di politici e intervengono spesso identificandosi con la Chiesa tout-court compiendo un illecito dal punto di vista teologico perché la Chiesa è molto più ampia della gerarchia che è solo una componente di essa. La materia su sui stiamo discutendo appartiene alle cose fallibili e alle vicende di questo mondo, sulle quali l’opinione dei cardinali si pone sullo stesso piano di quella di chiunque altro. Essi infatti non possono invocare il magistero perché nelle lettere a Bertone e/o a Bagnasco non tocco argomenti di dottrina.<br /><br />Sono prete cattolico e apostolico, non sono romano perché la romanità non è una caratteristica che rientra tra le quattro espresse nel simbolo niceno-costantinopolitano. Mi avvalgo della mia libertà di valutare ciò che accade nel mio tempo e di leggerlo alla luce del vangelo e del magistero definito. Possono piacere o non piacere il contenuto e il tono, ma nessuno può accusarmi di eresia o di altro inerente la fede. La domanda è le cose che dico sono vere o false? Sono parzialmente vere o parzialmente false? In genere si trincera dietro il tono chi non ha argomenti da contrapporre.<br /><br />Prego Dio che l’annuncio del Vangelo nella sua purezza prenda il sopravvento sulla diplomazia o i doveri istituzionali che possono oscurare, e di fatto oscurano, il ministero sacerdotale che vescovi preti dovremmo sempre perseguire. Resta il fatto che la presenza del cardinale Bertone a quella mostra, senza una parola altra ha suscitato in moltissimi “– cristiani e non – non poco stupore e disappunto”. Anzi: scandalo.<br /><br /><br />RISPOSTA di d. FARINELLA AL CARDINALE BERTONE E AL CARDINALE BAGNASCO<br /><br />Genova, 21 ottobre 2009<br /><br />Sig. Cardinale,<br /><br />la ringrazio per la sua risposta alla mia lettera aperta dell’8 ottobre 2009 e le rispondo volentieri, sperando anche che “Il Cittadino”, settimanale cattolico della diocesi di Genova, voglia ospitarmi non dico con la stessa evidenza riservata a lei, su sua esplicita richiesta, ma almeno analoga.<br /><br />Per prima cosa è meglio sgombrare il terreno delle questioni personali che rischiano di confondere e sulle quali lei fa parecchie confusioni. E’ vero che lei mi ha nominato “Amministratore parrocchiale della parrocchia di S. Maria Immacolata e San Torpete”, che dal 1995 non è più “parrocchia personale e gentilizia”, come erroneamente lei dice ancora, nonostante le scrissi a suo tempo, documenti alla mano, perché la famiglia proprietaria vi ha rinunciato dinnanzi al notaio, cedendola alla diocesi. Lei però non dice tutta la verità sul “come” si è arrivati a questa nomina e non certo per la sua “benevolenza nei miei confronti durante il mio episcopato genovese”.<br /><br />Dopo il mio rientro da Gerusalemme, rimasi ospite nella canonica di San Torpete (da oltre venti anni chiusa al pubblico perché inagibile), ma senza alcun incarico pastorale e per due anni andai a mendicare una chiesa dove celebrare la Messa, nel suo più totale disinteresse. Quando la misura mi parve colma, venni da lei che mi propose di nominarmi “parroco” di San Torpete, parrocchia senza parrocchiani e senza territorio, ormai a parziale restauro terminato, dandomi il mandato di farne un centro culturale. La settimana dopo, testimone l’ausiliare mons. Luigi Palletti, lei si rimangiò la nomina per intervenute difficoltà e mi propose di fare il cappellano di una comunità di sei suore ultraottuagenarie in via al capo di Santa Chiara. Accettai e andai a visitare il posto accompagnato dal vescovo ausiliare e dal vicario dei religiosi, padre Cesare Ghilardi. Splendida vista sul mare di Boccadasse, ma non se ne fece nulla perché non c’era nemmeno lo spazio per sistemare la mia grande biblioteca.<br /><br />Dopo alcuni giorni, venni di nuovo da lei e le dissi che se mi avesse tenuto ancora senza incarichi in diocesi, unico prete disoccupato, non solo non avrebbe avuto diritto di parlare di crisi di vocazioni e di mancanza di preti, ma che non avrebbe potuto celebrare la Santa Messa in buona coscienza. Alzandomi in piedi aggiunsi che da quel momento lei poteva fare il vescovo della diocesi, ma io avrei fatto il papa di me stesso perché lei mi condannava ad essere un prete acefalo. Presi la mia borsa e me ne andai dal suo studio, ma lei mi corse dietro e mi fermò fisicamente, dicendo al vicario che avrebbe risolto le difficoltà intercorse e confermò la mia nomina a parroco di San Torpete. Dopo un mese, arrivò la sua nomina non a parroco, ma ad “Amministratore parrocchiale”, figura giuridica con le funzioni di parroco, senza esserlo formalmente: insomma lei mi nominò precario a vita, come sono tutt’ora. Il cardinale Bagnasco conosce tutta la storia e anche altro.<br /><br />Lei tiene a dire che “nei nostri colloqui fraterni ho raccolto le tue difficoltà personali cercando di aiutarti” e io faccio fatica a ricordare “colloqui fraterni” perché nella mia mente sono sedimentati solo ricordi di scontri, compreso quello inerente la nomina a bibliotecario della Franzoniana che lei propose, poi disdisse, poi ripropose e infine lasciò cadere senza nemmeno darmi direttamente una spiegazione plausibile, mentre si permise di dire ad un gruppo di preti che “io ce l’avevo con lei”.<br /><br />Lei dice che ha “cercato di aiutarmi nelle difficoltà”, e ci tengo a questo riguardo a dire che quando le feci presente, testimone il vicario generale, che in parrocchia non vi erano libri liturgici e arredi utilizzabili per la liturgia, lei mi fece avere dal suo segretario, don Stefano Olivastri, mille euro (che io scrissi nel bilancio della parrocchia, prenotando i lezionari e il messale: i bilanci sono depositati in curia e ho l’avvertenza di allegare anche i sottoconti). Ricevetti una parrocchia immersa nei debiti e inutilizzabile e, forse lei non lo ricorda, per oltre un anno è rimasta chiusa al pubblico, nonostante lei l’avesse inaugurata in pompa magna nel 2005.<br /><br />Per un anno celebrai nella vicina chiesa di San Giorgio, senza che lei si scomponesse nella sua benevolenza episcopale. Il 7 dicembre 2005 lei venne a casa mia e le feci fare il giro di tutta la chiesa e della canonica e lei si mise le mani ai capelli per lo stato di degrado dei locali dove vivevo, dicendo: “e dire che me l’hanno anche fatta inaugurare!”. Mi disse anche di presentarle un progetto che lei poi propose insieme alla Biblioteca Franzoniana e alla Chiese delle Vigne in quel progetto ministeriale di recupero dei fondi “ex colombiane” e che con enorme fatica sto portando a compimento. Cominciai a celebrare in San Torpete il 16 luglio 2006. In seguito, fu il cardinale Bagnasco a darmi qualche suppellettile da altare che gli avevano regalato. Questo per la precisione. Ora veniamo al resto.<br /><br />Lei ha ragione nel dire che “come sacerdoti possiamo e dobbiamo lavorare con cuore puro, senza odio e senza preconcetti ideologici”. Come non essere d’accordo? A me pare però che lei confonda la forza, forse anche la veemenza, la sofferenza e l’amore alla Chiesa per odio e ideologia. Posso tranquillizzarla con assoluta certezza: non so cosa sia l’ideologia e non conosco l’odio. Chi mi conosce dice che sono più materno che paterno ed è vero perché sono tenerissimo. Mi pare che lei confonda lo stile letterario con i sentimenti. Dico spesso al cardinale Bagnasco che ho sbagliato secolo: avrei dovuto nascere nel sec. II, quello dei polemisti, più consono al mio stile retorico. Da qui a dire che possa provare odio per lei o per Berlusconi ce ne corre; e molto.<br /><br />Sig. Cardinale, lei nella sua lettera però non risponde ad alcuno dei problemi che io ho posto e lo ammette: “non commento le tue esternazioni, tanto sono marcate da accuse e interpretazioni infondate”. Libero di farlo, ma gli interrogativi restano nella loro pesantezza perché non mi aiuta a capire dove sta l’infondatezza. La domanda è: le cose che ho dette sono vere o sono false? Se sono vere lei mi dovrebbe ringraziare, se sono false, mi dovrebbe spiegare perché sono false. Lei non fa né l’una cosa né l’altra. Non può limitarsi a fare una semplice predica in cui non tanto velatamente mi fa passare per uno “stravagante”. O Dio, accetto tutto, ma non la non verità!<br /><br />Al contrario nella sua risposta si domanda: “Che cosa ti fa agire in questo modo offensivo verso di me, verso la Chiesa che è in Genova, il suo presbiterio e il suo Pastore?”. Non capisco perché tira in ballo “la Chiesa che è in Genova, il suo presbiterio e il suo Pastore”, che io non nomino nemmeno. Col cardinale Bagnasco ho un rapporto personale, improntato a reciproca schiettezza e forse anche stima e con lui continuerò a rapportarmi in totale verità perché amo la Chiesa, forse più di Dio.<br /><br />Se lei si è sentito offeso, sono pronto a chiederle scusa, ma se le cose che ho scritto sono vere soltanto per un decimo, allora lei una qualche scusa la deve dare non a Paolo Farinella, prete, che conta nulla, ma al popolo di Dio che lei dice di servire e che è rimasto scandalizzato dalla sua presenza a quella mostra in quelle circostanze e in quelle ore. Il cardinale Bagnasco parla di “dovere istituzionale”, ma il suo e il mio primo dovere non è “istituzionale” verso un potere corrotto e corruttore, ma di testimonianza di quella Verità che esprime il Vangelo. Molti non hanno letto il suo discorso, per altro abbastanza ovvio, ma hanno visto le immagini che le tv hanno trasmesso: lei era accanto ad un presidente del consiglio, che, in quelle stesse ore, la Suprema Corte Costituzionale rimandava davanti al suo giudice naturale dove è accusato di corruzione di testimone e di giudice e di una serie di altri delitti che lei conosce meglio di me. Egli voleva apparire accanto a lei e voleva che tutti vedessero.<br /><br />La gente che frequenta le nostre parrocchie dice: se il Segretario di Stato del Papa, va a braccetto con Berlusconi nello stesso giorno in cui la sua corruzione è scoperta, vuol dire che lo protegge. Ne venivamo da una estate di fuoco che avrebbe ammazzato anche una mandria di bisonti: la moglie accusa il marito Presidente del Consiglio di frequentare minorenni; lui spergiura sui figli in tv e dà quattro versioni diverse del fatto; non solo non chiede scusa agli Italiani, ma si vanta di essere il loro modello; si paragona a Dio e a Gesù Cristo; paga le prostitute dando in cambio posti di ministre e di deputate; il suo magnaccia è indagato per tratta di prostitute e commercio di stupefacenti; dispensa al telefono suggerimenti erotici per amori saffici e soffici (registrazioni rese pubbliche); attacca il Presidente della Repubblica e frantuma la coesione dell’Italia, modificando con i suoi stili di vita l’antropologia del nostro popolo; incita alla illegalità, all’egoismo economico e alla furbizia di chi la fa franca … e lei si fa vedere a suo fianco sorridente, soddisfatto di approfittare “di tutte le forme istituzionali e pastorali che mi sono offerte”? Non credo che in quella forma istituzionale lei abbia approfittato.<br /><br />Sig. cardinale, venga a vivere tra la gente comune e a sentire cosa si dice del fatto che il Papa abbia acconsentito a ricevere Berlusconi all’aeroporto dicendo: “Che piacere rivederla!”, mettendo così una pietra tombale sull’etica che si predica e sulla verità che si propaganda. Come faccio io prete a compiere il mio dovere, se un cardinale, sottoposto solo al Papa, dopo avere rifiutato la presenza del Presidente del Consiglio alla perdonanza dell’Aquila, si presenta ora accanto a lui senza alcuna precisazione o un qualche distinguo?<br /><br />Oramai lo sappiamo, nel mondo berlusconizzato la verità non è più quella ontologica, ma solo quella che appare e che lui fa apparire, visto l’uso diabolico e criminoso che fa della tv. In questo ciarpame, l’unico che ha pagato le spese sull’altare della diplomazia interessata è stato il povero Dino Boffo che avete sacrificato alla ragion di Stato e delle convenienze. Il 7 agosto 2009 in un incontro riservato, avevo preventivato al cardinale Bagnasco quello che sarebbe successo in autunno dopo la nomina di Feltri a Il Giornale e di Belpietro a Libero. Dopo nemmeno tre settimane le mie previsioni si sono verificate tutte, una dopo l’altra come un rosario. La nostra gente è disorientata e, vedendo quelle immagini, si lascia andare: se il cardinale assolve Berlusconi, io mi assolvo da solo/da sola.<br /><br />Lei dice di avere una “responsabilità di carattere universale, approfittando di tutte le forme istituzionali e pastorali che mi sono offerte”. Lo credo e non la invidio affatto, ma non a qualunque costo, non a qualunque prezzo. Nel suo discorso alla mostra, non ho letto un cenno alla situazione degradata che abbiamo e stiamo ancora vivendo, a motivo dei comportamenti e delle scelte disumane dell’attuale governo (una per tutte: legge sul reato di clandestinità, che grida vendetta al cospetto di Dio, Padre di tutti gli uomini e di tutte le donne, creati a “sua immagine e somiglianza”).<br /><br />Lei ha parlato da diplomatico, e, a mio parere, non da sacerdote. Prima di fare il discorso e a microfoni aperti, io penso che avrebbe dovuto invitare il Presidente del Consiglio a chiedere scusa per il suo operato, tanto più in contraddizione, in quanto lui si spaccia per cattolico credente. Oppure, avrebbe dovuto dire: “Sig. Presidente del Consiglio, sono qui per inaugurare una mostra, ma non pensi che la mia presenza possa essere una assoluzione preventiva per il suo comportamento deplorevole e scandaloso che esige una riparazione pubblica”. Lei non lo ha fatto, ma si è adeguato diplomaticamente alla bisogna e se non ha messo in imbarazzo il presidente del consiglio, non ha reso, a mio modesto parere, un servizio alla Chiesa.<br /><br />Ho ricevuto migliaia di lettere, migliaia di e-mail e di telefonate di adesione e non creda che tutto questo mi faccia piacere perché è una sofferenza per me sentirmi dire che “se sono ancora nella Chiesa è perché vi sono preti come lei”. La gente crede di farmi un complimento, invece affonda il coltello nella piaga perché è il segno che le persone dietro al Vangelo corrono a braccia spalancate, ma si fermano davanti agli interessi e ai comportamenti degli uomini di Chiesa che dovrebbero testimoniare la vita eterna, l’amore di Dio e la via del Vangelo. Forse lei e gli altri eminentissimi vivete troppo nel palazzo ovattato di incenso e di onori, e vi sfugge il polso feriale della gente comune che pretende da noi coerenza e verità. Sì, io mi aspetto dai miei vescovi che mi siano di esempio, di esempio trasparente e se vogliono che non mi occupi di politica e di politici, comincino a farlo loro e io li seguirò obbediente e pacifico.<br /><br />Paolo Farinella, prete cattolico (poco romano)Gli Amici di Padre Aldo Bergamaschihttp://www.blogger.com/profile/04210370554062897370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-11842391.post-44254154504026539582009-06-30T20:56:00.003+02:002009-06-30T21:00:51.798+02:00È il tempo per parlareNota su recenti vicende della politica italiana<br /><br />Il libro del Qoélet ci insegna che “sotto il cielo” c’è il tempo idoneo per ogni cosa (cfr. 3, 1-8). Qui, in particolare, si vuole mettere in rilievo il richiamo al “tempo per parlare”.<br /><br />Il giusto equilibrio fra silenzio e parola è parte integrante di una condotta umanamente saggia. Riguarda i rapporti interpersonali e quelli sociali, politici, istituzionali. La parola, elemento distintivo dell’uomo, ha una straordinaria varietà di modulazioni, che ci consentono di esprimere l’intera gamma dei nostri pensieri, sentimenti, emozioni. Tramite la parola si può insegnare, sostenere, incoraggiare, lenire il dolore, trasmettere vicinanza, comunicare tenerezza, ma anche ammonire, correggere, dissentire, riprovare, condannare.<br /><br />Ecco, quando consideriamo le recenti vicende nelle quali è stato direttamente chiamato in causa il nostro Presidente del Consiglio (sentenza di condanna in primo grado per corruzione dell’avv. Mills, caso delle cosiddette veline, ragazza napoletana, feste in residenze di sua proprietà), ci persuadiamo che è il tempo non del silenzio, ma della parola decisa e inequivoca.<br /><br />Contro una lettura minimizzante dei fatti citati, riscontriamo piuttosto il manifestarsi di questioni di singolare rilievo culturale, etico e politico, che ci interpellano e che esigono da noi un giudizio non evasivo. Il quadro si fa ancora più preoccupante, se consideriamo gli episodi in questione nel contesto di alcune scelte strategiche dell’attuale maggioranza governativa, a seguito delle quali risulta palese il rischio d’intaccare regole ed equilibri indispensabili per il corretto funzionamento della nostra democrazia. Si pensi, per esempio: alla concezione del partito, strumento cardine di un sistema democratico, come semplice “appendice” della volontà di un “capo” assoluto; alla distorsione dei meccanismi di reclutamento del personale politico; alla negligenza ricorrente circa il rispetto della divisione dei poteri costituzionali; al depotenziamento del principio proprio dello Stato di diritto, secondo il quale la legge è uguale per tutti; al conflitto d’interessi macroscopico nel campo televisivo (emblematiche, in proposito, anche le ultime nomine RAI).<br /><br />In tempi di debole senso del “bene comune”, ai nostri governanti e amministratori abbiamo imparato (purtroppo!) a non chiedere molto, ma almeno un livello minimo di decenza etica e istituzionale la pretendiamo, a motivo del solenne impegno da essi assunto di onorare la Carta costituzionale e i suoi princìpi-valori d’ispirazione.<br /><br />Fra i punti qualificanti di un comportamento corretto degli uomini delle istituzioni in regime democratico vi è l’obbligo di dire la verità ai cittadini. In caso contrario, s’incrina il rapporto fiduciario con gli elettori e viene inquinato il tessuto della vita civile.<br /><br />Riguardo alle suddette vicende riguardanti il Presidente del Consiglio, abbiamo assistito, da parte del medesimo, a un’evidente sequenza di reticenze, contraddizioni, vere e proprie bugie. I tentativi di addomesticare i diversi casi che l’hanno chiamato in causa sono risultati inefficaci, quando non controproducenti. Vale proprio la pena di dire, con l’antico proverbio, che anche questa volta il rammendo è risultato peggiore del buco.<br /><br />Il capo del governo è vincolato, come, del resto, tutte le altre figure istituzionali, al dovere di dire la verità al Paese. Se contravviene a simile regola elementare, menoma il patto di lealtà con il popolo e, di conseguenza, depotenzia la legittimità, morale innanzitutto, di ricoprire l’alto incarico. A tale proposito, nelle democrazie anglosassoni (almeno per questo aspetto, più mature della nostra) non si guarda in faccia a nessuno. Fosse anche il massimo esponente dello Stato, se mente o dà le dimissioni o va soggetto a impeachment. I casi Nixon e Clinton negli Stati Uniti sono a tutti noti. Da noi invece non succede niente (o quasi). Ma è mai possibile che, al di là degli orientamenti politici di ciascuno, non si colga la gravità in sé dei comportamenti (alcuni dei quali addirittura di rilevanza penale) sopra denunciati? A tanto è giunto il livello di assuefazione degli Italiani?<br /><br />Il tentativo di rubricare come fatto “privato”, dunque sottratto alla sfera della responsabilità “pubblica”, buona parte delle ultime vicende nelle quali è implicato il Presidente del Consiglio risulta specioso. Non vogliamo certo intaccare la sacrosanta distinzione fra le due sfere, “privata” e “pubblica”, appunto: in un sistema democratico la prima va debitamente tutelata per assicurare la legittima privacy di ogni cittadino, garanzia, fra l’altro, di rispetto della sua libertà e dignità. Ma nel caso in esame la questione si presenta con connotati particolari. Come tutti i cittadini, anche le maggiori cariche istituzionali hanno il sacrosanto diritto alla privacy, però quest’ultima non può mai essere invocata quale paravento rispetto al dovere della responsabilità, della coerenza e della trasparenza nel modo di agire. Non intendiamo fare del moralismo: semplicemente crediamo sia tempo di ribadire ad alta voce l’a b c, cioè la grammatica elementare del comportamento dell’uomo politico in regime di democrazia.<br /><br />Le vicende in discussione rivelano, da parte del capo del governo, una visione e gestione disinvolte del proprio ruolo pubblico, al quale -conviene ricordarlo- è intrinsecamente connesso un elevato grado di potere. Un Presidente “ricattabile” costituisce un problema serio per l’intero Paese, oltre che causa di discredito istituzionale nei rapporti con l’estero. Di tutto ciò si ha eco anche su prestigiosi organi di stampa internazionali. È difficile pensare che giornali stranieri di prima fila siano asserviti a un disegno “eversivo” predisposto dalla (scombinata) sinistra di casa nostra! Ma tant’è!<br /><br /> Circa l’inderogabile necessità della coerenza fra parole e stile di vita degli uomini politici (e il richiamo ha preso spunto proprio dai comportamenti censurabili del Presidente del Consiglio) sono intervenute, seppur con accenti diversi, importanti testate del giornalismo cattolico (il quotidiano “Avvenire”, il settimanale “Famiglia Cristiana”). Si tratta di un’esigenza autorevolmente riproposta, per i delicati aspetti etici coinvolti, da esponenti dell’episcopato italiano.<br /><br />Insomma, abbiamo molto da riflettere sugli ultimi casi che hanno visto protagonista il capo del governo. Lo ribadiamo a chiare lettere: non è, come qualcuno vuole far credere, una semplice vicenda di gossip. Sono in gioco, invece, questioni serie, che riguardano il ruolo e le responsabilità istituzionale, politica e (perché no?) anche educativa di una così alta carica dello Stato. Di conseguenza, è in gioco la qualità stessa della democrazia nel nostro Paese. Ecco perché non risulta ammissibile il silenzio: piuttosto è il “tempo per parlare”, di dire ad alta voce che non possiamo e non vogliamo rassegnarci a deprimenti spettacoli da basso impero. Pur nella consapevolezza dei suoi limiti, “Città dell’uomo”, l’associazione fondata da Giuseppe Lazzati e impegnata nel promuovere una cultura politica fedele alla visione cristiana dell’uomo e ai valori della Costituzione, avverte il dovere di levare alta la voce della denuncia.<br /><br /><br /><span style="font-style:italic;">Il Consiglio Direttivo di “Città dell’uomo”</span><br /><br />Milano, giugno 2009 - “Città dell’uomo”. Associazione fondata da Giuseppe LazzatiGli Amici di Padre Aldo Bergamaschihttp://www.blogger.com/profile/04210370554062897370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-11842391.post-54943337203506324552009-03-05T19:14:00.000+01:002009-03-05T19:15:10.918+01:00Appello per una chiesa più solidale e compassionevoleMolti fatti con i quali veniamo a contatto ci dicono che oggi la Chiesa tende progressivamente a isolarsi dal mondo contemporaneo. Molti uomini e donne, specie giovani, avvertono, da parte loro, una radicale estraneità dalla Chiesa. Tra Chiesa e società sembra essersi determinata una drammatica frattura su questioni importanti come la libertà di coscienza, i diritti umani (fuori e dentro la Chiesa), il pluralismo religioso, la laicità della politica e dello Stato. La Chiesa appare ripiegata su se stessa, chiusa e incapace di dialogare con gli uomini e le donne del nostro tempo.<br /><br />Siamo molto preoccupati per le conseguenze negative che tale perdurante situazione produce per l’annuncio del Vangelo. Per questo, ci sembra saggio riprendere e rilanciare la feconda intuizione di Giovanni XXIII nel suo discorso di apertura del Concilio Vaticano II: quella di «un balzo in avanti» della chiesa per una testimonianza in grado di rispondere «alle esigenze del nostro tempo».<br /><br />Il tentativo in atto di contenere lo Spirito del Concilio è, a nostro avviso, un grave errore che, se perseguito fino in fondo, non può che aumentare in modo irreparabile lo steccato tra Chiesa e società, Vangelo e vita, annuncio e testimonianza. A noi sembra che l’insistere su visioni e norme anti-storiche o non biblicamente fondate o, talvolta, anti-cristiane, non aiuti la credibilità ecclesiale nell’annuncio del regno di Dio.<br /><br />Vanno ripensati, ad esempio, le questioni riguardanti l’esercizio della collegialità episcopale e del primato papale, i criteri nella nomina dei vescovi che salvaguardino il pluralismo, la condizione dei divorziati, dei separati e delle persone omosessuali, l’accesso delle donne ai ministeri ecclesiali, la dignità del morire non terrorizzati.<br /><br />Vogliamo una Chiesa che non imponga mai a nessuno le proprie convinzioni sui problemi dell’etica e della politica e si fidi solo della forza libera e mite della fede e della grazia di Dio.<br /><br />Vogliamo una Chiesa che pratichi la compassione e trovi nella pietà la sua gloria. E faccia sue le parole che il santo padre Giovanni XXIII incise sul frontone del Concilio: «Oggi la sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia piuttosto che della severità. Essa ritiene di venire incontro ai bisogni di oggi non rinnovando condanne ma mostrando la validità della sua dottrina... La Chiesa vuol mostrarsi madre amorevole di tutti, benigna, paziente, piena di misericordia e di bontà, anche verso i figli da lei separati».<br /><br />Vogliamo una Chiesa che sappia dialogare con gli uomini e le donne e le loro culture, senza chiusure e condizionamenti ideologici, e impari ad ascoltare e a ricevere con gioia le cose vere e buone di cui gli interlocutori sono portatori. La verità e la bontà sono di Dio, il quale le dà a tutti gli uomini e non solo ai cristiani.<br /><br />Vogliamo che al centro della Chiesa venga messo il Vangelo e la sua radicalità. Solo così la Chiesa potrà essere vista e sperimentata come “esperta in umanità”. È tempo che, senza paura, nella Chiesa e nella città prendiamo la parola da cristiani adulti e responsabili, pronti a rendere conto della speranza cristiana.<br /><br />Palermo 25 febbraio 2009 <br /><br /><br />Promotori dell’appello sono alcuni sacerdoti e laici, non solo palermitani. In ordine alfabetico: Giuseppe Barbera (laico), Nino Fasullo (prete), Rosellina Garbo (laica), Rosario Giuè (prete), Tommaso Impellitteri (laico), Teresa Passatello (laica), Teresa Restivo (laica), Franco Romano (parroco), Zina Romeo (laica), Rosanna Rumore (laica), Cosimo Scordato (prete), Francesco Michele Stabile (parroco). <br /><br />L’appello finora ha raccolto più di 300 adesioni. Tra cui i seguenti preti: Aurelio Antista (prete), Liborio Asciutto (parroco), Gregorio Battaglia (prete), Alberto Neglia (prete), Egidio Palombo (prete); Giovanni Calcara (frate), Gianni Novelli (prete). <br /><br />________<br />Si può inviare la propria adesione a queste e-mail: chiesacitta@libero.it oppure: rivistasegno@libero.itGli Amici di Padre Aldo Bergamaschihttp://www.blogger.com/profile/04210370554062897370noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-11842391.post-20104720470310459212009-01-24T20:53:00.000+01:002009-01-24T20:54:07.056+01:00La rivoluzione di un padreBeppino Englaro, il papà di Eluana, sta dando forza e senso alle istituzioni italiane e alla possibilità che un cittadino del nostro Paese, nonostante tutto, possa ancora sperare nelle leggi e nella giustizia. Ciò credo debba essere evidente anche per chi non accetta di voler sospendere uno stato vegetativo permanente e ritiene che ogni forma di vita, anche la più inerte, debba essere tutelata. <br />Mi sono chiesto perché Beppino Englaro, come qualcuno del resto gli aveva suggerito, non avesse ritenuto opportuno risolvere tutto "all'italiana". Molti negli ospedali sussurrano: "Perché farne una battaglia simbolica? La portava in Olanda e tutto si risolveva". Altri ancora consigliavano il solito metodo silenzioso, due carte da cento euro a un'infermiera esperta e tutto si risolveva subito e in silenzio. <br /><br />Come nel film "Le invasioni barbariche", dove un professore canadese ormai malato terminale e in preda a feroci dolori si raccoglie con amici e familiari in una casa su un lago e grazie al sostegno economico del figlio e a una brava infermiera pratica clandestinamente l'eutanasia. <br /><br />Mi chiedo perché e con quale spirito accetta tutto questo clamore. Perché non prende esempio da chi silenziosamente emigra alla ricerca della felicità, sempre che le proprie finanze glielo permettano. Alla ricerca di tecniche di fecondazione in Italia proibite o alla ricerca di una fine dignitosa. Con l'amara consapevolezza che oramai non si emigra dall'Italia solo per trovare lavoro, ma anche per nascere e per morire. Nella vicenda Englaro ritornano sotto veste nuova quelle formule lontane e polverose che ci ripetevano all'università durante le lezioni di filosofia. <br /><br />Il principio kantiano: "Agisci in modo che tu possa volere che la massima delle tue azioni divenga universale" si fa carne e sudore. E forse solo in questa circostanza riesci a spiegarti la storia di Socrate e capisci solo ora dopo averla ascoltata migliaia di volte perché ha bevuto la cicuta e non è scappato. Tutto questo ritorna attuale e risulta evidente che quel voler restare, quella via di fuga ignorata, anzi aborrita è molto più di una campagna a favore di una singola morte dignitosa, è una battaglia in difesa della vita di tutti. E per questo Beppino, nonostante il suo dramma privato, ha dovuto subire l'accusa di essere un padre che vuole togliere acqua e cibo alla propria figlia, contro coloro che dileggiano la Suprema Corte e contro chi minaccia sanzioni e ritorsioni per le Regioni che accettino di accogliere la sua causa, nel pieno rispetto di una sentenza della Corte di cassazione. <br /><br /> <br />L'unica risposta che ho trovato a questa domanda, la più plausibile, è che la lotta quotidiana di Beppino Englaro non sia solo per Eluana, sua figlia, ma anche e soprattutto in difesa del Diritto, perché è chiaro che la vita del Diritto è diritto alla vita. Beppino Englaro con la sua battaglia sta aprendo una nuova strada, sta dimostrando che in Italia si può e si deve restare utilizzando gli strumenti che la democrazia mette a disposizione. In Italia non esiste nulla di più rivoluzionario della certezza del Diritto. E mi viene in mente che tutelare la certezza dei diritti, la certezza dei crediti, costituirebbe la stangata definitiva all'economia criminale. Se fosse possibile, nella mia terra, rivolgersi a un tribunale per veder riconosciuto, in un tempo congruo, la fondatezza del proprio diritto, non si avvertirebbe certo il bisogno di ricorrere a soluzioni altre. Beppino questo sta dimostrando al Paese. Non sarebbe necessario ricorrere al potere di dissuasione delle organizzazioni criminali, che al Sud hanno il monopolio, illegale, nel fruttuoso business del recupero crediti. <br /><br />E a lui il merito di aver insegnato a questo Paese che è ancora possibile rivolgersi alle istituzioni e alla magistratura per vedere affermati i propri diritti in un momento di profonda e tangibile sfiducia. E nonostante tutte le traversie burocratiche, è lì a dimostrare che nel diritto deve esistere la possibilità di trovare una soluzione. <br /><br />Per una volta in Italia la coscienza e il diritto non emigrano. Per una volta non si va via per ottenere qualcosa, o soltanto per chiederla. Per una volta non si cerca altrove di essere ascoltati, qualsiasi cittadino italiano, comunque la pensi non può non considerare Beppino Englaro un uomo che sta restituendo al nostro Paese quella dignità che spesso noi stessi gli togliamo. <br /><br />Immagino che Beppino Englaro, guardando la sua Eluana, sappia che il dolore di sua figlia è il dolore di ogni singolo individuo che lotta per l'affermazione dei propri diritti. Se avesse agito in silenzio, trovando scorciatoie a lui sarebbe rimasto forse solo il suo dolore. Rivolgendosi al diritto, combattendo all'interno delle istituzioni e con le istituzioni, chiedendo che la sentenza della Suprema Corte sia rispettata, ha fatto sì, invece, che il dolore per una figlia in coma da 17 anni, smettesse di essere un dolore privato e diventasse anche il mio, il nostro, dolore. Ha fatto riscoprire una delle meraviglie dimenticate del principio democratico, l'empatia. Quando il dolore di uno è il dolore di tutti. E così il diritto di uno diviene il diritto di tutti. <br /><br /><br /><span style="font-style:italic;">ROBERTO SAVIANO</span><br /><br />(Repubblica, 23 gennaio 2009)Gli Amici di Padre Aldo Bergamaschihttp://www.blogger.com/profile/04210370554062897370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-11842391.post-6826503222132899192009-01-18T07:53:00.004+01:002009-01-18T08:03:21.619+01:00Lettera di Nelson Mandela al giornalista ebreo Thomas Friedman sull’apartheid in Palestina<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://3.bp.blogspot.com/_NudtIzz1sbA/SXLSqb8l5DI/AAAAAAAABHQ/NngM4N6rKDw/s1600-h/friedman_r.jpg"><img style="float:left; margin:0 10px 10px 0;cursor:pointer; cursor:hand;width: 120px; height: 180px;" src="http://3.bp.blogspot.com/_NudtIzz1sbA/SXLSqb8l5DI/AAAAAAAABHQ/NngM4N6rKDw/s320/friedman_r.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5292524138611991602" /></a><br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://3.bp.blogspot.com/_NudtIzz1sbA/SXLSqPXKnGI/AAAAAAAABHI/rfDv4ZCIlnI/s1600-h/mandela_r.jpg"><img style="float:left; margin:0 10px 10px 0;cursor:pointer; cursor:hand;width: 171px; height: 226px;" src="http://3.bp.blogspot.com/_NudtIzz1sbA/SXLSqPXKnGI/AAAAAAAABHI/rfDv4ZCIlnI/s320/mandela_r.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5292524135233789026" /></a><br />Caro Thomas,<br /><br />So che entrambi desideriamo la pace in Medioriente, ma prima che tu continui a parlare di condizioni necessarie da una prospettiva israeliana, devi sapere quello che io penso. Da dove cominciare? Che ne dici del 1964? Lascia che ti citi le mie parole durante il processo contro di me. Oggi esse sono vere quanto lo erano allora:<br /><br />"Ho combattuto contro la dominazione dei bianchi ed ho combattuto contro la dominazione dei neri. Ho vissuto con l'ideale di una societa' libera e democratica in cui tutte le sue componenti vivessero in armonia e con uguali opportunita'. E' un ideale che spero di realizzare. Ma, se ce ne fosse bisogno, e' un ideale per cui sono disposto a morire".<br /><br />Oggi il mondo, quello bianco e quello nero, riconosce che l'apartheid non ha futuro. In Sud Africa esso e' finito grazie all'azione delle nostre masse, determinate a costruire pace e sicurezza. Una tale determinazione non poteva non portare alla stabilizzazione della democrazia.<br /><br />Probabilmente tu ritieni sia strano parlare di apartheid in relazione alla situazione in Palestina o, piu' specificamente, ai rapporti tra palestinesi ed israeliani. Questo accade perche' tu, erroneamente, ritieni che il problema palestinese sia iniziato nel 1967. Sembra che tu sia stupito del fatto che bisogna ancora risolvere i problemi del 1948, la componente piu' importante dei quali e' il Diritto al Ritorno dei profughi palestinesi.<br /><br />Il conflitto israelo-palestinese non e' una questione di occupazione militare e Israele non e' un paese che si sia stabilito "normalmente" e che, nel 1967, ha occupato un altro paese. I palestinesi non lottano per uno "stato", ma per la liberta', l'indipendenza e l'uguaglianza, proprio come noi sudafricani.<br /><br />Qualche anno fa, e specialmente durante il governo Laburista, Israele ha dimostrato di non avere alcuna intenzione di restituire i territori occupati nel 1967; che gli insediamenti sarebbero rimasti, Gerusalemme sarebbe stata sotto l'esclusiva sovranita' israeliana e che i palestinesi non avrebbero mai avuto uno stato indipendente, ma sarebbero stati per sempre sotto il dominio economico israeliano, con controllo israeliano su confini, terra, aria, acqua e mare.<br /><br />Israele non pensava ad uno "stato", ma alla "separazione". Il valore della separazione e' misurato in termini di abilita', da parte di Israele, di mantenere ebreo lo stato ebreo, senza avere una minoranza palestinese che potrebbe divenire maggioranza nel futuro. Se questo avvenisse, Israele sarebbe costretto a diventare o una democrazia secolare o uno stato bi-nazionale, o a trasformarsi in uno stato di apartheid non solo de facto, ma anche de jure.<br /><br />Thomas, se vedi i sondaggi fatti in Israele negli ultimi trent'anni, scoprirai chiaramente che un terzo degli israeliani e' preda di un volgare razzismo e si dichiara apertamente razzista. Questo razzismo e' della natura di: "Odio gli arabi" e "Vorrei che gli arabi morissero". Se controlli anche il sistema giudiziario in Israele, vi troverai molte discriminazioni contro i palestinesi. E se consideri i territori occupati nel 1967, scoprirai che vi si trovano gia' due differenti sistemi giudiziari che rappresentano due differenti approcci alla vita umana: uno per le vite palestinesi, l'altro per quelle ebree. Ed inoltre, vi sono due diversi approcci alla proprieta' ed alla terra. La proprieta' palestinese non e' riconosciuta come proprieta' privata perche' puo' essere confiscata. Per quanto riguarda l'occupazione israeliana della West Bank e di Gaza, vi e' un fattore aggiuntivo. Le cosiddette "aree autonome palestinesi" sono bantustans. Sono entita' ristrette entro la struttura di potere del sistema di apartheid israeliano.<br /><br />Lo stato palestinese non puo' essere il sottoprodotto dello stato ebraico solo perche' Israele mantenga la sua purezza ebraica. La discriminazione razziale israeliana e' la vita quotidiana della maggioranza dei palestinesi. Dal momento che Israele e' uno stato ebraico, gli ebrei godono di diritti speciali di cui non godono i non-ebrei. I palestinesi non hanno posto nello stato ebraico.<br /><br />L'apartheid e' un crimine contro l'umanita'. Israele ha privato milioni di palestinesi della loro proprieta' e della loro liberta'. Ha perpetuato un sistema di gravi discriminazione razziale e disuguaglianza. Ha sistematicamente incarcerato e torturato migliaia di palestinesi, contro tutte le regole della legge internazionale. In particolare, esso ha sferrato una guerra contro una popolazione civile, in particolare bambini.<br /><br />La risposta data dal Sud Africa agli abusi dei diritti umani risultante dalla rimozione delle politiche di apartheid, fa luce su come la societa' israeliana debba modificarsi prima di poter parlare di una pace giusta e durevole in Medio oriente.<br /><br />Thomas, non sto abbandonando la diplomazia. Ma non saro' piu' indulgente con te come lo sono i tuoi sostenitori. Se vuoi la pace e la democrazia, ti sosterro'. Se vuoi l'apartheid formale, non ti sosterro'. Se vuoi supportare la discriminazione razziale e la pulizia etnica, noi ci opporremo a te.<br /><br />Quando deciderai cosa fare, chiamami. <span style="font-style:italic;">Nelson Mandela</span><br /><br />___<br />http://www.krol.it/forum/una-lettera-di-nelson-mandela-t98076.html?s=4bff33b3bf6e4959a738c477e7f51369&Gli Amici di Padre Aldo Bergamaschihttp://www.blogger.com/profile/04210370554062897370noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-11842391.post-34906767895267209062009-01-06T17:59:00.003+01:002009-01-06T18:04:37.132+01:00LISTIAMO A LUTTO LA STELLA DEI MAGI<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://3.bp.blogspot.com/_NudtIzz1sbA/SWOPHI6tZXI/AAAAAAAABHA/OVqOVk32GKc/s1600-h/nonspegnetelastella.jpg"><img style="float:left; margin:0 10px 10px 0;cursor:pointer; cursor:hand;width: 259px; height: 320px;" src="http://3.bp.blogspot.com/_NudtIzz1sbA/SWOPHI6tZXI/AAAAAAAABHA/OVqOVk32GKc/s320/nonspegnetelastella.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5288227740278678898" /></a><br />UN GESTO, UN' INVOCAZIONE PER LA PACE. LISTIAMO A LUTTO LA STELLA DEI MAGI<br /><br />Pesanti bombardamenti, un gran numero di vittime, i soldati israeliani non distinguono più tra civili e combattenti, questa è guerra, guerra, guerra; qualcuno provi a fermarli. Quello in corso a Gaza è un massacro, non un bombardamento; è un crimine di guerra e ancora una volta nessuno lo dice". Questo disperato appello del parroco di Gaza è stato raccolto da Pax Christi, che con UN COMUNICATO ha provato a scuotere la pesantissima indifferenza con cui in Italia si sta assistendo al massacro di un'intera popolazione, per metà minori. Un inferno di orrore, morte e distruzione, di lutti, dolore e odio si sta abbattendo in queste ore sulla Striscia di Gaza e sul territorio israeliano adiacente.<br /><br />Dopo una settimana di bombardamenti e centinaia di morti, i carri armati hanno invaso la Striscia, seminando morte casa per casa, distruggendo in un bagno di sangue luoghi di culto e ospedali, scuole e centrali elettriche. Se vergognosi sono il silenzio consenziente dei Governi e la paralisi delle Nazioni Unite, inaccettabile è il nostro assistere attoniti e rassegnati a questo crimine di guerra, senza condividere almeno un sussulto di indignata protesta.<br /><br />Attiviamoci subito per compiere UN GESTO simbolico, che stimoli più profonde prese di coscienza e diffonda un ampio rifiuto della logica dell'annientamento e della morte. Nelle nostre case, nelle nostre chiese, lì dove splende il segno della STELLA COMETA, annuncio di luce e speranza per ogni uomo e donna, proponiamo di LISTARE A LUTTO LA STELLA DEI MAGI, perché sia percepibile la nostra vicinanza a tutti coloro che stanno piangendo i loro cari, ed evidente il nostro fermo NO alla distruzione, ai bombardamenti, alle uccisioni di centinaia di persone innocenti.<br /><br />Proponiamo occasioni di riflessione con UNA PREGHIERA di supplica per la pace che, ispirata alla Solennità dell'Epifania, potrà essere diffusa lungo tutto il mese di Gennaio, tradizionalmente dedicato alla pace. (Annarita)<br /><br />INFO : www.paxchristi.it<br /><br />__________________________<br /><br />Cara Annarita,<br /><br />come ho appena scritto a Pax Christi, sul sito, ritengo lodevole l'intenzione che ispira l'iniziativa di listare a lutto la stella dei Magi. Ma ritengo che non serva a molto. Ben pochi se ne accorgeranno. Meglio sarebbe se si facessero delle veglie pubbliche di preghiera, in modo ben visibile. In questo modo si potrebbe scuotere maggiormente l'indifferenza della gente, plagiata dai mezzi di comunicazione di massa i quali ci hanno abituati alla morte resa spettacolo. Ora i morti per qualsiasi causa non ci fanno più nè caldo nè freddo. Specie se sono lontani e non disturbano la nostra quiete e il nostro benessere,<br /><br />Purtroppo noi cristiani siamo i primi a tradire il messaggio del Vangelo in quanto non stiamo dando alcuna testimonianza di quell' amore senza limiti che ci ha insegnato Gesù come unico comandamento. Se noi cristiani fossimo veramente cristiani avremmo più peso nelle sorti dell' umanità. Ma siamo solo dei benpensanti, imborghesiti, intontiti dalla televisione.<br /><br />I nostri governanti, che si dichiarano cristiani, sono fatti della nostra stessa pasta. Ma se manifestassimo seriamente la nostra fede con la nostra vita, anche i governanti sarebbero costretti a tenerne conto.<br /><br />Un abbraccio,<br /><br />FB-Franco BORGHIGli Amici di Padre Aldo Bergamaschihttp://www.blogger.com/profile/04210370554062897370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-11842391.post-50961554855094256672008-12-25T11:33:00.003+01:002008-12-25T11:37:56.525+01:00Buon Natale all'asinello<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://2.bp.blogspot.com/_NudtIzz1sbA/SVNidembE7I/AAAAAAAABG4/fGrj7KgxL2k/s1600-h/asinello.jpg"><img style="float:left; margin:0 10px 10px 0;cursor:pointer; cursor:hand;width: 320px; height: 308px;" src="http://2.bp.blogspot.com/_NudtIzz1sbA/SVNidembE7I/AAAAAAAABG4/fGrj7KgxL2k/s320/asinello.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5283675046405673906" /></a><br />L’asino del presepe guarda il bambino che si è addormentato. Dire che lo adora è forse troppo: un asino non ha dimestichezza con la contemplazione, e non se ne intende tanto di preghiere. Guarda e basta, come può guardare un asino, che pure un sentimento ce l’ha, ma di sicuro fa fatica a tirarlo fuori e a dirlo come si conviene. Guarda, e chissà cosa pensa, chissà cos’ha in testa mentre soffia un po’ di calore sul corpo infreddolito del bambino. Guarda e inciampa nei suoi ragionamenti confusi, che sono forse un po’ simili ai nostri, in questa notte di Natale.<br /><br />Vorrei dare di più a questo bambino – pensa l’asino – ma tutto quello che ho da offrirgli è soltanto il mio fiato. Non posso cullarlo con le mie zampe secche, non posso carezzarlo con i miei zoccoli duri e sporchi, o caricarlo sulla mia groppa così scomoda e così poco sicura per un neonato. Magari le mie orecchie lunghe e ridicole potrebbero venirgli utili come guanciale, ma sua madre l’ha già deposto con cura nella mangiatoia, e credo che stia bene dov’è, avvolto nelle sue fasce, accanto a me e al bue, col padre raccolto in preghiera poco lontano.<br /><br />Mi sarei dovuto preparare meglio ad un avvenimento così; ma chi se lo poteva immaginare? A noi asini nessuno dice mai niente. Tiriamo avanti nella vita a forza di urla, e raramente i nostri padroni ci chiamano per nome. Magari un nome non ce l’abbiamo neppure. Tutto quello che ascoltiamo sono suoni più che parole, monosillabi gridati con rabbia e di malumore da chi ci comanda, che si alternano ai colpi della frusta. Non abbiamo la grazia e la scioltezza dei cavalli, nostri parenti nobili, e tutto quello che sappiamo fare è portare pesi, ripetere ogni giorno gli stessi gesti, ripercorrere le medesime strade, senza una speranza, senza una prospettiva. Per che cosa, alla fine? Un po’ di biada, un po’ di fieno, qualche zuccherino e una carota se il padrone è di buonumore o se gli sono andati bene gli affari. Vita dura quella degli asini.<br /><br />Ma forse – pensa l’asino – non è tanto la fatica a farmi sentire triste, non è questa vita da somaro fatta di pesi e di ripetizioni a lasciarmi l’amaro in bocca. In fin dei conti resto soltanto un asino, e non sarei capace di fare molte altre cose. Quello che mi manca è il colpo d’ala. Mi piacerebbe essere come gli angeli, che svolazzano sopra il tetto della stalla. Staccarmi ogni tanto da terra, guardare le cose dall’alto, contemplarle in un’altra prospettiva, cantare con gioia, portare annunci di pace. Mi piacerebbe volare con la loro grazia e la loro bellezza. E non ne sono capace. Se provo a volare scalcio, se penso troppo mi confondo, se cerco di cantare raglio, e tutti si spaventano, o si mettono a ridere. E’ vero, un colpo d’ala è quello che ci vuole. O magari soltanto – se proprio non potrò mai volare – un’ala che mi raccolga e mi custodisca, come fa la chioccia coi pulcini, che regali anche a me, povero somaro, un po’ di tenerezza e protezione, che mi faccia sentire amato. Anche noi asini abbiamo bisogno di affetto, anche se siamo così poco belli da vedere, così lenti a capire, così incapaci di volare. <br /><br />Eppure – ragiona il somaro – se è vero quel che ho sentito stanotte, se tutte queste luci, i pastori, gli angeli, la stella me la raccontano giusta, se questo bambino, come si dice in giro, è il Figlio di Dio, allora vuol dire che anch’io sto facendo una cosa straordinaria. Questo bambino è per terra, con me, e il più vicino a lui sono proprio io, una povera bestia. E non devo fare nulla per lui, non ha bisogno che inventi qualcosa, che gli canti una ninnananna, che gli porti dei regali. A lui basta il mio fiato, a lui basta che io respiri. E’ il mio soffio, il mio alito a custodirlo, a dargli il calore di cui ha bisogno. Che strano: non è stato proprio Dio a darci la vita col suo soffio? Eppure adesso è il mio respiro a tenere in vita Dio, a far sì che non muoia di freddo. Io questa cosa proprio non la capisco: si vede che sono un asino, e ragionare non è proprio il mio mestiere… <br /><br />L’asino si confonde nei suoi pensieri, ma ora è davvero felice. Vorrebbe perfino cantare dalla gioia, ma sa che dalla gola uscirebbe un raglio stonato, e ha paura di svegliare il bambino. Riprende semplicemente a guardarlo, e continua con dolcezza a scaldarlo col suo respiro.<br /><br />buon natale, asinello!Gli Amici di Padre Aldo Bergamaschihttp://www.blogger.com/profile/04210370554062897370noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-11842391.post-7789011069028510202008-07-25T22:04:00.002+02:002008-07-25T22:06:34.036+02:00Tutti uniti per il Trattato di Lisbona. Che strano!''Con Barroso c'è totale sintonia per le soluzioni da prendere per il futuro dell'Ue. Per prima cosa si deve superare il veto dell'Irlanda, ma nessuno pensa di svuotare il Trattato di Lisbona che è da approvare così come è'' (ASCA - 15 luglio). Parole pronunciate dal Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nella conferenza stampa al termine del colloquio a Palazzo Chigi con il presidente della Commissione Ue, José Manuel Durão Barroso.<br /><br />E difatti mercoledì pomeriggio, 23 luglio, il Senato della Repubblica Italiana ha approvato all'unanimità (286 «Sì» sui 286 votanti sul totale dei 315 senatori elettivi più i sette a vita) il disegno di legge che ratifica il Trattato Ue di Lisbona. Il ddl passa ora all'esame della Camera. Dunque i senatori del Popolo della Libertà e quelli del centro-sinistra hanno schiacciato gli stessi pulsanti. Anche i senatori leghisti hanno votato a favore, facendo nei loro interventi alcuni distinguo, ma che - seguiti dal voto favorevole - paiono puramente formali.<br /><br />Il tutto si è consumato in un gran silenzio, senza che ai cittadini sia stata detta da parte del Governo, da parte dei politici e di quasi tutti i mezzi d'informazione, una parola chiarificatrice non soltanto sulla sua approvazione, ma anche sul suo contenuto, sulle gravi conseguenze che esso comporta. Basterebbe questo silenzio, questa precisa volontà di passare sopra la testa dei cittadini in modo da non suscitare in loro neanche la minima curiosità, per far comprendere che l'approvazione unanime data dal Senato rappresenta un fatto inquietante.<br /><br />Non dimentichiamo, che il popolo irlandese si è chiaramente espresso non contro l'Europa dei popoli, ma - come ha spiegato il prof. Roberto de Mattei - contro un'Europa dei burocrati, che vorrebbe eliminare le identità nazionali e le radici cristiane del continente, per costituire un super-stato dalle fondamenta laiciste, il quale governi in nome dei popoli, ma al di sopra della volontà popolare. Evidentemente i nostri Senatori non si sono accorti di questo...<br /><br />Proponiamo un'interessante Lettera Aperta diffusa dal Comitato Verità e Vita.<br /><br />Il vero volto del "Trattato di Lisbona" - Una dittatura che forse nemmeno Hitler e Stalin avrebbero sottoscritto<br /><br />I potenti dell'Europa si mostrano indignati e offesi perché la voce del popolo irlandese (che nulla conta davanti alla loro volontà di onnipotenza) si è espressa democraticamente contro il trattato di Lisbona, così come nel passato la saggezza del popolo francese e olandese si espresse contro l'approvazione della costituzione europea.<br /><br />I super burocrati che pretendono di mettere in ginocchio, in nome dell'U.E., tutti gli Stati membri a un solo cenno del loro comando, rifiutano drasticamente questo nuovo smacco, impedendo che altre Nazioni esprimano democraticamente il loro voto, perché hanno ben capito che la gente comune, i lavoratori con mutuo casa, i cittadini fedeli alle loro tradizioni...non vogliono l'Unione Europea perché la sentono solo come imposizione dall'alto e come peso per le proprie tasche.<br /><br />Ma la precarietà della situazione economica, resa ancora più difficile dal caro petrolio voluto dal mondo arabo per piegare l'occidente, è solo un aspetto della deriva a cui sta andando la nuova Europa, tutta protesa all'insegna del relativismo e della dittatura più pericolosa, perché subdola.<br /><br />L'Unione Europea appena insediata, quasi non ci fossero problemi più urgenti e gravi, ha fatto approvare le unioni omosessuali con adozioni di poveri bambini indifesi.<br /><br />Ha volutamente ignorato la cultura cattolica senza mai menzionarla nella costituzione.<br />Ha sanzionato con pesanti multe agricoltori e affini colpevoli di aver lavorato troppo.<br />Ha imposto ai suoi 27 stati membri di rendere legale l'aborto come "diritto giuridico della donna" a scapito del diritto alla vita del bambino, incentivando anche il diritto all'eutanasia.<br />Ha penalizzato l'obiezione di coscienza nei confronti dell'aborto e dell'omosessualità.<br />Ha inventato la cosiddetta "identità di genere" per spazzare via l'evidenza dei due sessi, maschile e femminile, allo scopo di legalizzare qualunque tendenza fuorviante.<br />Ha incentivato ogni tipo di ricerca sugli embrioni, compresa quella fra uomo e animale.<br />Ha proibito di manifestare pubblicamente la propria fede religiosa con sentenza del 21.2 diffidando la Chiesa dall'esercitare il suo ministero esterno, quale ad esempio la benedizione pasquale delle case ecc.. In seguito vedremo quale altra proibizione ci verrà imposta...<br /><br />Come se tutto ciò non bastasse adesso ci impone il misterioso TRATTATO DI LISBONA che annullerà col tempo tutte le Costituzioni dei singoli Stati, sostituendosi ad esse, in modo tale che a nulla varranno col tempo le nostre leggi interne, comprese quelle riguardanti temi etici e sociali.<br /><br />È il crollo del primordiale diritto alla democrazia, alla libertà e alla sovranità nazionale.<br /><br />Praticamente vogliono cancellare le singole identità delle Nazioni ricche del loro patrimonio culturale, artistico, storico, religioso ecc. legato anche alle singole tradizioni millenarie, per imporre un'unica costituzione che non rispetta assolutamente né l'identità dell'Europa nè dei singoli Stati, ma oltretutto lo fanno in maniera subdola, larvata, per impedire che gli europei usino il cervello e si pronuncino sul loro futuro chiedendo di essere interpellati e documentati mediante un referendum. <br />Pagare i politici europei perché ci facciano schiavi della dittatura è il colmo.<br /><br />Centro Culturale Nicolò Stenone - VeronaGli Amici di Padre Aldo Bergamaschihttp://www.blogger.com/profile/04210370554062897370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-11842391.post-91266526763918018852008-07-14T20:56:00.003+02:002008-07-14T21:02:18.977+02:00Manifesto per la Sinistra CristianaRiceviamo e giriamo a pochi lettori del blog. Considerata l'urgenza e gravità del momento, accettiamo un'altra deroga al 'profilo' di Cristiano che da tanto tempo (ma proprio tanto) stiamo aspettando e che non pare si profili neppure all'orizzonte: il <span style="font-weight:bold;">Cristiano per il Cristianesimo</span>.<br /><br />__________<br /><br />Siamo tutti vittime di una disfatta della politica che, dopo la rimozione del muro di Berlino, vissuta come la vittoria ultima di una parte sull’altra, ha rinunciato a fare un mondo nuovo preferendo rilanciare il vecchio, a cominciare dal suo ancestrale sovrano “diritto alla guerra”. Ciò facendo i poteri dell’Occidente hanno abdicato alla responsabilità di guidare il corso storico, mettendo tutto nelle “mani invisibili” del Mercato, del quale si sono fatti sudditi, guardiani e sacerdoti. E questo lo dice pure Tremonti, dal fondo del pensiero reazionario. Ma poiché il meccanismo così innescato ha creato isole di ricchezza in un oceano di naufraghi, incrementando povertà, insicurezza e disordine, la politica si è fatta polizia per domare terroristi e riottosi, alzando il livello di violenza preventiva e repressiva e mettendo sotto i piedi verità, diritto, Costituzioni e Convenzioni internazionali, ivi comprese quelle umanitarie. E questo non lo fa solo Tremonti, lo hanno fatto dirigenti di destra e di sinistra, anche in regimi inutilmente bipolari.<br /><br />Oggi non solo c’è bisogno di tornare alla politica da cui molti con giusto disappunto si sono allontanati, come hanno fatto due milioni e mezzo di nuovi astenuti nelle ultime elezioni, ma c’è bisogno di una politica “altra”; né del resto alla vecchia politica questo ritorno sarebbe possibile, né ad essa possibile l’approdo dei giovani; c’è bisogno di una ricostruzione della politica come un “essere per gli altri”, a cui tutti sono chiamati.<br /><br />Perciò rivolgiamo questo appello alle donne e agli uomini che vogliono operare per la giustizia per un ritorno alla politica. Proponiamo pertanto di promuovere con il nome di Sinistra Cristiana una rete di Gruppi, di aggregazioni e di servizi “per la Costituzione, la laicità e la pace”: cioè per l’unità degli uomini nella giustizia e nel diritto, per la responsabilità comune di “credenti” e “non credenti”, per la crescita del mondo. Dire Sinistra Cristiana non significa qui riferirsi alla pur positiva esperienza che ebbe questo nome dal 1938 al 1945, né crearne oggi una nuova, ma fare appello a quella Sinistra Cristiana che è già nel Paese ed è nascosta nel fondo di molti di noi. Ciò comporta una scelta di campo di sinistra, cosa che in un’Italia drasticamente divisa in due sole parti politiche non significa più sposare una determinata ideologia, ma assumere il peso della contraddizione, mentre della sinistra rivendica la dignità, contro tutte le delegittimazioni e diffamazioni.<br /><br />Si tratterebbe di dar vita ovunque sia possibile, nel territorio, nelle istituzioni e nelle assemblee elettive, a un “Servizio politico” che da un lato abbia lo scopo di favorire la partecipazione politica dei cittadini, offrendo loro, indipendentemente dalle rispettive opinioni, dei servizi e degli aiuti per agevolarli nell’adempimento dell’art. 49 della Costituzione; dall’altro che abbia lo scopo, come parte tra le parti, di promuovere in modo associato iniziative, corsi e scuole di formazione politica, riattivare canali di comunicazione coi giovani, elaborare culture, soluzioni e proposte legislative, intervenire nel dibattito pubblico e, se necessario, partecipare anche direttamente all’azione politica per concorrere a determinare con metodo democratico la politica nazionale e instaurare la giustizia e la pace tra le nazioni, sempre promuovendo alternative costruttive e nonviolente nei conflitti; e ciò entrando nelle contraddizioni in atto, tra cittadini e stranieri come tra uomini e donne, tra regolari e clandestini, tra necessari ed esuberi, e cercando di ristabilire i legami tra il quotidiano, la cultura, la politica e una speranza nuovamente credibile; sapendo che se non subito si può cambiare il mondo, si può intanto cambiare il modo di stare al mondo.<br /><br />La definizione di questa rete di Gruppi e di iniziative come “Servizio politico”, intende non solo identificare il criterio della politica nel servizio e non nel potere, ma anche riprendere la radicale illuminazione secondo la quale il vero modo per evitare che nella vita collettiva gli uni siano nemici degli altri, è che tutti si riconoscano servi gli uni degli altri.<br /><br />Il nome di Sinistra Cristiana, poi, non comporta un’identificazione confessionale, che in nessun modo può confondersi con una divisa politica, ma intende alludere a un mondo di valori, tutti negoziabili, ossia non imposti, purché prevalgano l’amore e la libertà, vuole indicare come discriminante il principio di eguaglianza e, nel conflitto, significa fare la scelta dei poveri, delle vittime e degli esclusi.<br /><br />Si tratta dunque di un nome nuovo che si riferisce tuttavia a una ricca e variegata tradizione di impegno politico che va da Murri a Sturzo a Dossetti, dai cristiani della Resistenza ai “professorini” della Costituente, da Rodano a Ossicini a Gozzini, dalla cruenta testimonianza di Moro a quella della salvadoregna Marianella Garcia Villas, che hanno attraversato il Novecento italiano.<br /><br />Quanti intendono associarsi a questo appello sono invitati a farsi promotori delle relative iniziative nelle realtà a cui ciascuno appartiene, salvo poi ogni possibile coordinamento. E se per ottenere risultati è necessario coinvolgere molti, anche due o tre che si riuniscano per queste cose già compendiano tutto il significato dell’azione.<br /><br />Per un incontro di carattere nazionale, da convocarsi a settembre, si può prevedere fin da ora di mettere all’ordine del giorno, come primissime urgenze, il ritorno alla rappresentanza proporzionale senza snaturamenti maggioritari, e l’affermazione del principio che i diritti sono uguali per tutti: dove la proporzionale è la condizione per non dare troppo potere a qualunque “sovrano del popolo” e perché anche una minoranza possa continuare a rivendicare diritti uguali per tutti contro maggioranze che li neghino.<br /><br /><span style="font-style:italic;">Raniero La Valle, Patrizia Farronato, Giovanni Galloni, Rita Borsellino, Adriano Ossicini, Carla Busato Barbaglio, Domenico Gallo, Giuseppe Campione, Boris Ulianich, Annamaria Capocasale, Roberto Mancini, Amelia Pasqua, don Mario Costalunga, Laura Brustia, Francesco De Notaris, Agata Cancelliere, Giovanni Franzoni, Renata Ilari, Giovanni Avena, Emilia Carnevale, Giulio Russo, Nicola Colaianni, p. Nicola Colasuonno, Donatella Cascino, Pasquale Colella, Franco Ferrara, p. Alberto Simoni, Bernardetta Forcella, Giovanni Benzoni, Angelo Bertani, Enrico Peyretti, Francesco Comina, Chiara Germondari, Ettore Zerbino, Alessandro Baldini, Claudio Bocci, Antonio Cascino, Anna La Vista, Federico D’Agostino, Pasquale De Sole, Franco Ferrari, Gianvito Iannuzzi, Angela Mancuso, Gianfranco Martini, Giuseppe Mirale, Francesco Paternò Castello, Maria Antonietta Piras, Fiammetta Quintabà, Corrado Raimeni, Maurizio Serofilli, Gabriella Saccami Vezzami, Luca Spegne, Maria Rosa Tinaburri, Paola e Claudio Tosi, Angelo Cifatte, Piero Pinzauti, Nanni Russo, Alessandra Chiappino, Enrico Grandi, Franco Borghi, Antonio De Lellis.</span><br /><br /><br />___<br />Per aderire a questo appello si può utilizzare l’ospitalità di Adista, inviando una mail all’indirizzo <a href="mailto:manifestosinistracristiana@adista.it">manifestosinistracristiana@adista.it</a>, specificando nome, cognome, indirizzo, professione e recapito postale telefonico e informatico. Un contributo simbolico di 10 euro - o più - per le spese può essere invece versato sul conto di “Pace e diritti” presso la Bnl del Senato (Iban IT36V0100503373000000010470), oppure sul conto corrente postale n. 10654507 intestato a “Comitato per i campi di pace”. I firmatari saranno poi invitati a una riunione costituente per decidere come condurre il seguito dell’iniziativaGli Amici di Padre Aldo Bergamaschihttp://www.blogger.com/profile/04210370554062897370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-11842391.post-27797982040053670712008-07-04T17:22:00.003+02:002008-07-04T17:26:32.925+02:00LA BANDIERA ARCOBALENO, SIMBOLO SINCRETISTA E NEW AGE ?“L’Arcobaleno: sincretismo o pace?”: è la domanda - ovviamente retorica - che Fides, l’agenzia di stampa della Congregazione vaticana di Propaganda Fide, pone, all’interno di un lungo articolo pubblicato il 20 giugno scorso, a tutti quei religiosi, preti, credenti che nel recente passato hanno scelto di utilizzare questo simbolo nelle manifestazioni e nelle marce per la pace e di esporlo sugli altari, sugli ingressi e sui campanili delle chiese. “Come mai uomini di Chiesa, laici o chierici che siano, hanno per tutti questi anni ostentato la bandiera arcobaleno e non la croce, come simbolo di pace?”, si chiede l’agenzia vaticana. Evidentemente, spiega l’agenzia, ci si è fatti condizionare dalla “lunga litania degli eventi in cui la Chiesa avrebbe brandito la croce come simbolo di sopraffazione”; e questo sebbene la Chiesa abbia chiesto “successivamente in modo inequivocabile perdono per le manchevolezze dei suoi figli”. E poi, aggiunge Fides, “taluni dimenticano che la storiografia più aggiornata ha ridimensionato quanto la propaganda anticlericale, soprattutto ottocentesca, aveva orchestrato ad arte”. In ogni caso, “non è il simbolo della croce in se stesso ad aver bisogno di essere emendato, quanto piuttosto gli atteggiamenti degli uomini che, guardando a tale segno, possono ritrovare motivo di conversione”.<br /><br />In ambito cattolico, la polemica sulla bandiera della pace non è nuova. Era scoppiata per la prima volta all’inizio del 2003, quando p. Alex Zanotelli, l’associazione “Beati i costruttori di pace”, alcuni missionari, personalità del mondo laico e cattolico, insieme a diverse realtà dell’associazionismo lanciarono l’iniziativa “Pace da tutti i balconi”, chiedendo a credenti e non credenti di esporre la bandiera arcobaleno per manifestare la propria opposizione alla guerra in Iraq (v. Adista n. 71/02 e 19/03). Troppo simile alla bandiera del movimento gay, dissero allora alcuni esponenti della gerarchia ecclesiastica.<br /><br />Ora a tornare all’attacco è però un organo di stampa vaticano, che tenta di dare al “no” all’arcobaleno anche un supporto teorico. Nonostante alcuni credenti vogliano trovare in questo simbolo la rievocazione dell'episodio biblico del diluvio universale, spiega infatti Fides, “le origini della bandiera della pace vanno ricercate, nelle teorie teosofiche nate alla fine dell’800. La teosofia (letteralmente “conoscenza di Dio”) è quel sistema di pensiero che tende alla conoscenza intuitiva del divino”. Questa corrente di pensiero, sostiene l’agenzia vaticana, “ha rappresentato un vero momento di rottura con le tradizioni religiose che dominavano precedentemente in Occidente, e ha permesso a molte filosofie e religioni indiane di divenire negli anni popolari in Europa e Stati Uniti”. “Potremmo riassumere tale questione con un slogan: non esistono verità assolute. Espressa in questi termini, la premessa sarebbe tutt’altro che nuova: il relativismo è antico come la filosofia, se non come l’umanità decaduta”. Tuttavia esistono diverse forme di relativismo, aggiunge l’articolo di Fides: come la New Age che “si specifica per il suo carattere volontarista.<br /><br />Ciascuno può, letteralmente, creare il proprio mondo, e ciascun mondo soggettivamente creato avrà la sua verità, non meno ‘vera’ - e non meno ‘falsa’ - rispetto a quella del mondo creato da un altro”. Si tratta di “due delle più insidiose visioni della realtà che stanno condizionando la cultura dominante occidentale”. Ed entrambe possono rivendicare come simbolo la bandiera della pace. Al di là delle diverse versioni sulla paternità di questo simbolo, spiega infatti Fides, resta il fatto incontestabile che “La bandiera arcobaleno è una valida sintesi per rappresentare questo sincretismo”, il simbolo più adatto “a rappresentare un’idea, oggi molto in voga, secondo la quale non ci sarebbe alcuna verità assoluta: tutte le opinioni hanno la medesima dignità e quindi meritevoli di spazio”. Inoltre, c’è la vecchia questione: la bandiera arcobaleno con un paio di piccole differenze rispetto a quella utilizzata dal movimento per la pace “è il simbolo dei movimenti di liberazione omosessuali”: “fu disegnata - spiega Fides - da un artista di San Francisco, Gilbert Baker, nel 1978, su richiesta della comunità gay locale in ricerca di un simbolo (a quei tempi il triangolo rosa non era ancora diffuso)”. In realtà, in Germania, qualcuno l’idea di contrassegnare gli omosessuali con il triangolo rosa l’aveva avuta diversi anni prima, ai tempi del nazismo.<br /><br />“Ma quale teosofia! Il problema vero è che nella Chiesa non c'è dialogo, nessuno delle gerarchie parla con noi manovali delle parrocchie”, ribatte sul suo sito internet don Vitaliano Della Sala, prete altermondialista da sempre impegnato sui temi della pace. “Trovo squallido - aggiunge il prete irpino - che ci si rivolga ai sacerdoti tramite notizie d'agenzia, ma al di là di questo, è incredibile che si vada a cercare il pelo nell'uovo”, anche perché l’obiettivo vero della gerarchia non è la teosofia e il neopentecostalismo, “ma la possibile confusione con il movimento gay, che denota un rapporto irrisolto con l'omosessualità”. La croce, scrive don Vitaliano, è soprattutto “la prova concreta dell’amore di Dio per l’umanità. Ridurla a simbolo della pace, mi sembra relativizzarla, umiliarla, sminuirla … è quasi una bestemmia”.<br /><br />Indignato per la presa di posizione vaticana anche Giacomo Alessandroni, segretario di Peacelink, che ha inviato una lettera aperta alla gerarchia cattolica, pubblicata il 24 giugno da Liberazione: “Dal momento che sono stato sempre cattolico e pensante, ho rivolto molte domande anche a Santa Romana Chiesa”, scrive: volevo ad esempio sapere - spiega - perché il Vaticano ha deciso di “mettere i diritti d'autore sui discorsi del Santo Padre”; “volevo sapere perché il Tevere si allarga e stringe ogni qual volta Radio Vaticana deve inondare di radiazioni ionizzanti persone (tra le quali anche cristiani) che pagano con linfomi l'extraterritorialità della Santa Sede”; “volevo sapere perché il generale di Corpo d'Armata card. Angelo Bagnasco, quando era generale dei cappellani militari - al pari delle modelle - si è fatto fare il calendario e - visto che c'era - se lo è fatto pagare delle Pontificie Opere Missionarie” (v. Adista n. 1/2005); “volevo sapere perché lo sponsor principale delle Giornate Mondiali della Gioventù è la Banca di Roma, nonostante le migliaia di lettere indirizzate alla Santa Sede dove si ricordavano i notevoli traffici in armi di questo istituto di credito”. “Dal Vaticano non ho mai ricevuto risposte, nemmeno quando furono negate le sacre esequie a Piergiorgio Welby”. Oggi, con la condanna dell’arcobaleno, “la Chiesa Cattolica pone un nuovo pesante macigno” tra sé e i credenti impegnati per la giustizia sociale, la pace e il disarmo.<br /><br />valerio gigante<br /><br />Fonte: http://www.adistaonline.it/index.php?op=articolo&id=43015Gli Amici di Padre Aldo Bergamaschihttp://www.blogger.com/profile/04210370554062897370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-11842391.post-52767365549184782522008-06-20T08:47:00.003+02:002008-06-20T08:50:07.826+02:00Italica plebeRiassunto delle puntate precedenti.<br /> <br />Alla maggioranza dei cittadini non interessano che due (*) cose: che caccino gli stranieri dal sacro suolo e che taglino le tasse.<br />Di tutto il resto – militarizzazione del territorio, smantellamento dell'impianto laico dello Stato, morti sul lavoro, erosione dei diritti dei lavoratori, stato d'eccezione permanente, asservimento dell'informazione, asservimento della magistratura, leggi ad personam, leggi xenofobe, perversione giuridica del concetto di reato (è cominciata una sinistra mutazione semantica: il "crimine" tende a non denotare più un atto, bensì uno stato; come dimostra in maniera tragica il caso dei Rom, criminali non si sarà più per ciò che si fa, ma per ciò che si è), repressione del (residuale) dissenso, involuzione autoritaria dello stato e della società – chi se ne fotte?<br />Anzi no: "chi se ne fotte", senza punto interrogativo. Non è una domanda, è un'asserzione.<br /> <br />A tutela dell'ambiente e contro il riscaldamento globale: le "grandi opere" cementizie e il dissennato ritorno all'energia nucleare.<br />Chi se ne fotte.<br />Dove metteremo le scorie radioattive?<br />Chi se ne fotte.<br /> <br />La maggioranza vuole così, sembrano confermare i sondaggi: l'uomo forte, decisionista, che risolve tutti i problemi.<br /> <br />Poco prima delle ultime elezioni, qualcuno mi ha criticato perché nell'appello al voto pubblicato su questo sito ho scritto (con una limpida e non molto originale citazione pasoliniana) "la mutazione antropologica della società italiana è avvenuta". Mi è stato detto che tradivo un senso di superiorità morale e una forma mentis da razzista-snobista.<br /><br />Bene, a due mesi di distanza non solo sottoscrivo le mie parole, ma aggiungo che non si dovrebbe più parlare tanto di "società", quanto piuttosto di "plebe".<br /> <br />Qual è la differenza tra popolo e plebe? H. Arendt, Le origini del totalitarismo: la plebe è la caricatura del popolo.<br /><br />«Se è un errore comune del nostro tempo immaginare che la propaganda possa ottener tutto e convincere la gente di qualunque cosa, purché si presentino gli argomenti con sufficiente abilità e si gridi abbastanza forte, l'errore di quel periodo era pensare che, "voce di popolo, voce di Dio", il compito di capo fosse (…) quello di seguire supinamente quella voce. Entrambe le opinioni derivano dallo stesso errore fondamentale, quello di identificare la plebe col popolo invece di considerarla come una sua caricatura.<br /><br />La plebe è composta da tutti i declassati. In essa è rappresentata ogni classe della società. Perciò è così facile confonderla col popolo, che pure comprende tutti gli strati. Mentre nelle grandi rivoluzioni il popolo lotta per la guida della nazione, la plebe reclama in ogni occasione l'"uomo forte", il "grande capo". (…) I plebisciti, con cui i dittatori moderni hanno ottenuto così eccellenti risultati, sono quindi un vecchio espediente degli uomini politici che capeggiano la plebe. (…)<br /><br />L'alta società e i politicanti della Terza repubblica avevano alimentato con una serie di scandali e di frodi la plebe francese a cui, in un'epoca che non conosceva ancora la disoccupazione come fenomeno di massa, erano affluiti i ceti medi travolti dalla rovina economica. Essi provavano, per questo prodotto del loro malgoverno, un sentimento di paterna condiscendenza, misto ad ammirazione, coscienza sporca e paura. Il meno che la società potesse fare per la plebe era proteggerla verbalmente. E mentre la plebe aggrediva gli ebrei per la strada, e prendeva d'assalto i loro negozi, il linguaggio dell'alta società faceva apparire la violenza fisica un innocente gioco da ragazzi.»<br /> <br />A me sembra che questa descrizione della Troisième République a cavallo tra Ottocento e Novecento suoni ancora attuale. E che entri in sinistra assonanza con il titolo dell'opera da cui è tratta.<br /> <br />Una notiziola di questi giorni: boom di iscrizioni alla Lega in Norditalia. Richieste di adesione a valanga anche dai tredicenni. Il partito è persino in difficoltà, fa fatica a gestire questa marea imprevista. Se dico che tutto quanto mi ricorda i balilla, arriverà qualcuno a dirmi "esagerato", "apocalittico" o "radical chic"?<br /> <br />I crimini commessi dagli apparati dello stato non creano allarme sociale? A quanto pare no.<br /><br />Comunque sia, questi anni sono pur serviti a qualcosa. Chi ha orecchi per intendere non può non aver inteso. Si è visto in questi anni con estrema chiarezza come dietro gli abbellimenti della tarda modernità e lo strato di cerone "democratico", lo Stato italiano resti quello di sempre: una forma di organizzazione della vita collettiva autoritaria e fondata sul monopolio della violenza. Lo stesso che mandò l'esercito a sparare sui manifestanti milanesi nel maggio del 1898. Le cannonate del regio esercito fecero centinaia di morti e ancor più feriti (tra cui diversi bambini). La risposta delle istituzioni fu l'assegnazione al generale Bava Beccaris della Gran Croce dell'Ordine Militare di Savoia.<br /><br />Di fatto non esiste alcun rapporto necessario tra la Giustizia e lo Stato. I tempi odierni hanno il pregio di svelarlo senza tante ipocrisie. Questo è positivo. Il negativo è la mancata reazione: "Chi se ne fotte?".<br /> <br />Un esempio? Tanto per parlare di uno degli episodi di storia recente più démodé in assoluto, ecco quanto scrive Marco Imarisio sul Corriere del 18/06/08:<br /><br />«Piccoli effetti collaterali da emendamento. Se la modifica al decreto sicurezza passa così com'è, in materia di G8, vedi alla voce Genova 2001, i colpevoli sono da una parte sola. Addio Bolzaneto, addio Diaz. <br /><br />Le forze dell'ordine uscirebbero immacolate dal disastro di quei giorni, mentre l'unico procedimento già arrivato alla sentenza di primo grado è quello che condanna 25 manifestanti per devastazione e saccheggio, ipotesi di reato con pene previste che vanno dagli 8 ai 15 anni, e quindi restano fuori dalla sosta ai box imposta dall'emendamento blocca-processi. <br /><br />Ma per Bolzaneto e Diaz la fermata equivale ad un capolinea. Tutti i reati che vedono coinvolti rispettivamente 45 persone tra poliziotti e medici e 29 tra funzionari e agenti sarebbero caduti in prescrizione nel 2009. Già così la sentenza di primo grado avrebbe avuto solo valore morale, oltre a dare il via ai risarcimenti per le vittime, nessuna conseguenza sul piano penale per gli eventuali colpevoli. Il "congelamento" dei due processi però equivale alla loro eutanasia, perché al momento della ripresa i tempi sarebbero strettissimi, basterebbero un minimo intralcio, un difetto di notifica, i ruoli pieni del tribunale o il cambio di un membro dei collegi giudicanti, per dichiarare prescritti i reati. Se il verdetto per i fatti della scuola Diaz era previsto a novembre, la beffa è doppia per Bolzaneto, «bruciata» sul traguardo. <br /><br />La sentenza per le torture avvenute nella caserma sulle alture di Genova era prevista per il 16 luglio. <br /><br />Se davvero andrà così, si verificherebbe lo scenario previsto dai più nichilisti tra i reduci di Genova, convinti fin dall'inizio che non vi sarebbe mai stata giustizia, neppure in tribunale, e contrapposti a quella parte di ex no global che conservava invece fiducia nello Stato. Dice Luca Casarini che "Berlusconi traduce in legge la rimozione bipartisan del G8 già intravista con il governo Prodi". "Un'atroce beffa dopo 7 anni di indagini e udienze", afferma il comitato Verità e giustizia, mentre Amnesty Italia ironizza sulla "sfortunata coincidenza". Nel complesso, poca roba. Reazioni isolate e di nessun peso. Sette anni dopo, Genova 2001 si chiude (forse) in un silenzio assordante.» <br /> <br />A proposito della Sindrome di Bava Beccaris, qui ci si può rinfrescare la memoria su come sia proseguita la carriera degli agenti di pubblica sicurezza accusati delle violenze contro i manifestanti durante il G8.<br /><br />Perché ho scritto queste righe? A cosa serve? A chi? A me, per non ritrovarmi tra qualche anno a vergognarmi di me stesso. Per potermi dire "almeno non sei stato zitto".<br /><br /><br />[(*) Tre con la nazionale di calcio. È banale dirlo, ma è così.] <br /><br /><span style="font-style:italic;">Sergio Baratto</span><br /><br />Fonte: <blockquote><a href="http://www.ilprimoamore.com/testo_953.html">http://www.ilprimoamore.com</a></blockquote><br />Link: <blockquote><a href="http://www.ilprimoamore.com/testo_953.html">http://www.ilprimoamore.com/testo_953.html</a></blockquote><br /><br />19.06.08Gli Amici di Padre Aldo Bergamaschihttp://www.blogger.com/profile/04210370554062897370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-11842391.post-5545495833105079222008-06-09T13:39:00.002+02:002008-06-09T13:43:20.253+02:00Cavaliere e Santità<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://3.bp.blogspot.com/_NudtIzz1sbA/SE0XRf36prI/AAAAAAAAADw/0EYcdYh75V0/s1600-h/berlusconibenedettoxvi_r.jpg"><img style="float:left; margin:0 10px 10px 0;cursor:pointer; cursor:hand;" src="http://3.bp.blogspot.com/_NudtIzz1sbA/SE0XRf36prI/AAAAAAAAADw/0EYcdYh75V0/s320/berlusconibenedettoxvi_r.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5209845933318776498" /></a><br />Come sarebbe bello se tutti i cattolici "dissidenti" prendessero carta e penna e scrivessero personalmente al proprio vescovo pregandolo di inoltrare la papa il proprio dissenso dall'orrenda visita di Berlusconi al papa con "baciamo-le-mani" incorporato.<br /><br />L'effetto sarebbe più grande che non una raccolta di firme perché sarebbe personale e spedita vi posta, segno che si è pensato, scritto, andato alla posta e imbucato. Non importa se nno risponderà nessuno. Ciò che importa è il gesto profetico in se stesso.<br /><br />PS. Il Giornale di Berlusconi questa volta con un titolo virgolettato "Farinella: Arsenico per il Papa", chiede alla gerarchia la mia sospensione a divinis. Non sapevo che il mio vescovo fosse Paolo Berlusconi, ma tutto è possibile, anche l'impossibile, se è possibile che Berlusconi Silvio sia ricevuto dal papa. <span style="font-style:italic;">(P.F.</span>)<br /><br />___<br /> <br />Genova, 09 giungo 2008 - L'immagine di Silvio Berlusconi che prende tra le sue la destra anulata del papa e, «inclinato capite», compunto, ne bacia l'anello, consapevole della dissacrazione che compie, ha fatto il giro del mondo e si è depositata nell'immaginario collettivo dei più come atto di devozione verso l'autorità, riconosciuta, del papa. Il contrasto con le dichiarazioni di Romano Prodi, dopo il «fattaccio» della Sapienza di Roma è abissale e incolmabile. Il cattolico praticante appare il nemico e censore del papa, mentre l'inquisito per frode ed evasione, il condannato, il corruttore, il compratore di senatori a suon di attricette da strapazzo, il puttaniere, il Piduista, l'ateo divorziato difensore della famiglia, appare, di colpo, quasi per magia, l'umile figlio della Chiesa, «prostrato al bacio della sacra pantofola». Il gesto del bacia-anello è stato ripetuto ancora alla fine dell'udienza. «Repetita iuvant».<br /><br />Dicono i bene informati che il rito del «baciamo-le-mani, Santità!» non è stato spontaneo e istintivo, suggerito dall'emotività del momento che sarebbe stato comprensibile. E' stato studiato a freddo da esperti psicologi e creatori di consenso d'immagine. Ciò aggrava il fatto e costituisce un doppio «vulnus» che difficilmente sarà riparabile. Peccato, che il papa sia stato al gioco e non abbia rotto il giocattolo fin dall'inizio. A meno che tutto non fosse concordato, come fa supporre il fatto che il Vaticano abbia preteso, fatto unico nella storia della diplomazia vaticana, la presenza del «Gentiluomo di sua Santità, Gianni Letta, come «garante» e testimone dell'incontro. Segno che Berlusconi è tenuto al guinzaglio corto dal sistema clericale imperante.<br /><br />Come cittadino italiano, sono indignato che il presidente del consiglio dei ministri, che rappresenta la mia nazione, abdichi alla sovranità e alla dignità del mio paese, prostrandosi in baciamano che somiglia più a rappresentazione di stampo mafioso che non a un atto di devozione sincera. Mi ripugna essere rappresentato da un uomo che pur di ingrassare il suo «super-ego», dimentica ogni parvenza di dignità e usa e strumentalizza qualsiasi cosa gli sia utile per i suoi perversi scopi. Egli «fa finta» perché è un finto uomo che ha sempre vissuto di finzione, costruendo sull'apparenza e sull'effimero un potente potentato economico e ora anche politico, «clero iuvante».<br /><br />A questo «homo parvus» dell'opportunismo e della strumentalizzazione si oppone la chiarezza fiera di un grande statista, integerrimo cattolico e anch'egli presidente del consiglio dei ministri, Alcide De Gasperi, che il papa Pio XII nel giugno del 1952, volle umiliare, annullando l'udienza privata con la famiglia, già programmata da mesi, perché si oppose all'ordine del papa di fare il governo con i fascisti. De Gasperi convocò ufficialmente l'ambasciatore della Santa Sede presso l'Italia, e, stando in piedi, dietro la sua scrivania di capo del governo dell'Italia, disse: Signor Ambasciatore, riferisca al papa che come cristiano accetto l'umiliazione, come presidente del consiglio dei ministri della repubblica italiana, protesto energicamente e chiedo spiegazioni.<br /><br />Come cattolico praticante, sono indignato e scandalizzato che il papa si presti al gioco mediatico di accreditare come modello di figlio devoto e pio della Chiesa un individuo come Silvio Berlusconi senza chiedergli previamente un atto di conversione e/o di penitenza. Egli è adoratore di «mammona iniquitatis» perché ha fatto l'ingiusta ricchezza con l'inganno, il furto, la corruzione, l'evasione fiscale. Egli è divorziato, abortista e i suoi figli convivono more uxorio, fatti che sarebbero questioni private, se il presidente del consiglio non si dichiarasse cattolico e non andasse dal papa «coram populo et mundo» a parlare in difesa della famiglia secondo la visione della Chiesa: allora anche le sue scelte private diventano fatti pubblici e criteri ermeneutici. Egli è implicato con la mafia (ne ha ospitato uno a casa sua ed è fratello germano di un altro, condanno in secondo grado per mafia).<br /><br />Egli sta perseguitando gli immigrati, tra i quali vi sono migliaia e migliaia di uomini e donne di religione cattolica, di cui il papa dovrebbe essere padre, difensore e vindice, in forza della sua paternità universale. Ho visto latinoamericani, africani e orientali, cattolici, piangere di fronte allo scandalo del papa che accettava l'omaggio di un persecutore ateo e amorale.<br /><br />Il pastore riceve il lupo travestito da agnello, e abbandona gli agnelli al loro destino: anzi a molti, a tanti, pare che il pastore così sembra autorizzare il lupo a devastare il gregge. E' ancora fresca nella memoria, la scelta del papa che, per opportunità di equilibri politici internazionali, non volle ricevere il Dalai Lama, premio Nobel per la pace, mentre a meno di tre mesi delle elezioni, riceve il predatore d'Italia, colui che con le sue tv ha degradato l'Italia in forza del principio, pubblicato sul giornale del papa, l'Osservatore Romano (6 giungo 2008), che «la televisione privata dovrebbe avere tra le sue funzioni quella di divertire, come seconda funzione quella di informare e soltanto successivamente, quella di formare». Egli ha detto queste cose alla radio e sul giornale del Vaticano e nessuno gli ha tolto la sedia di sotto e lo ha rimandato a casa. Di fronte all'opinione pubblica, il papa approva.<br /><br />Santità, mi sento parte integrante della Chiesa-Sacramento e riconosco la sua autorità di papa in quanto vescovo di Roma, ma non mi sento parte di un sistema che pure lei rappresenta: un sistema di connivenza con i potenti che prosperano sui poveri, che affamano i poveri, che manipolano i poveri che nessuno difende. Nemmeno il papa.<br /><br /><span style="font-style:italic;">Paolo Farinella</span>, preteGli Amici di Padre Aldo Bergamaschihttp://www.blogger.com/profile/04210370554062897370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-11842391.post-34441101911192801062008-03-28T13:35:00.001+01:002008-06-09T14:38:14.889+02:00Appello alla civiltà di coscienzaRiceviamo con richiesta di diffusione. <br /><br />----<br /><br /><font class="Apple-style-span" style="color: rgb(0, 0, 153);"><font class="Apple-style-span" face="'times new roman'"><font class="Apple-style-span" size="large">La «memoria» delle Italiane e degli Italiani è veramente corta e a volte si ha l’impressione che non esista proprio. Mi riferisco alle prossime elezioni che sono finte perché nessuno di noi può eleggere nessuno. Possiamo solo confermare le scelte delle segreterie dei partiti che sanno già chi sarà eletto e chi no.<br /><br />La decenza vorrebbe che nessuno andasse a votare perché è una presa in giro e una violazione della Costituzione che fonda la nostra democrazia sull’equazione: «una testa un voto»; alla fine si contano i voti e un solo voto di maggioranza fa la differenza. Winston Cherchill che aveva due soli voti di maggioranza alla camera, soleva dire: «Uno è di troppo».<br /><br />Sembra che i giochi siano fatti. A me pare che siano fatti gli Italiani perché in queste elezioni non si elegge un parlamento e un governo, ma si deve impedire la deriva istituzionale che sarà irreversibile se vince la destra estrema di Berlusconi e i suoi accoliti. Nella mia corrispondenza con la «Madonna di Lourdes» pubblicata su MicroMega n. 2 (2008) e reperibile a < <font class="Apple-style-span" face="georgia">www.wikio.it/news/Madonna+di+Lourdes?wfid=48990460</font> > e < azione="dettaglio&id="181">, ho descritto ampiamente i criteri etici e democratici per non votare Berlusconi e votare il male minore Veltroni. Di seguito alcuni telegrafici motivi, a corredo, che dovrebbero essere dirimenti in modo definitivo.</font></font></font><div><font class="Apple-style-span" style="color: rgb(0, 0, 153);"><font class="Apple-style-span" face="'times new roman'"><font class="Apple-style-span" size="large"><br />Chi ha votato il referendum per salvare la Costituzione non può votare in coscienza Berlusconi, Fini, Bossi, Casini e tutti i cespugli che li sostengono perché essi hanno votato la riforma della Costituzione che era la dissoluzione della Suprema Carta (il presidente della repubblica Ciampi, la rimandò indietro per palese incostituzionalità). Chi li vota vanifica quel referendum e premia gli assassini della Costituzione.<br /><br />Berlusconi ha 72 anni e queste elezioni sono la sua ultima occasione. Non ha più niente da perdere. Se andrà al governo distruggerà quello che potrà, dopo che ha sistemato definitivamente le sue cose e questa volta in modo blindato: affosserà la Costituzione e con essa lo stato di diritto.<br /><br />La Corte di giustizia europea, dopo la Corte costituzionale italiana, ha decretato che la sua tv, rete4, deve andare sul satellite e gli spazi liberi, appartengono di diritto a Europa7 che aspetta da 15 anni le frequenze. Se l’Italia non rispetterà la legge del diritto, pagherà sanzioni per 400.000,00 euro al giorno a partire dal 2000. Se vince Berlusconi, scaricherà sugli Italiani, anche quelli che devono nascere, un debito permanente di 146 milioni di euro all’anno (senza contare gli arretrati) perché senza le sue tv è un politico decotto.<br /><br />Nelle liste di Berlusconi vi sono 25 condannati in 1°, 2° e 3° grado, cioè in via definitiva. Chi lo vota se ne assume la responsabilità etica e no ha il diritto di appellarsi ad una giustizia «giusta».<br /><br />Per 5 anni noi abbiamo pagato 30.000,00 euro al mese gli avvocati di Berlusconi, Ghedini e Pecorella, per un ammontare complessivo in difetto di euro 1.800.000,00 (diconsi: un milione e ottocentomila). Questi due signori passavano il tempo a difendere il capo a spese degli Italiani e il secondo, Pecorella, era anche capo della commissione costituzionale del Senato, come dire quello che dava l’ok alle leggi truffa del padrone. E’ stato come avere messo uno spacciatore a difesa di una scuola contro la diffusione della droga.<br /><br />Nella vicenda Alitalia, Berlusconi ha dimostrato la sua totale assenza di senso di Stato: ha detto che i suoi figli erano disposti ad entrare nella cordata e ha chiesto allo Stato un prestito che tra l’altro è vietato dalle norme europee; due giorni dopo ha detto «manco per sogno»: ma a lui non importa chi ci perde, l’importante è portare lo scompiglio e fare della bugia la sua arma primaria. Il 17 febbraio del 2004 aveva dichiarato spocchioso come sempre che «Meno male che c’è Berlusconi che impiegherà il suo talento per risanare l’Alitalia». Si è visto come «meno male che Silvio c’è» oggi come allora: se vince gli Italiani si troveranno col sedere per terra. Fidarsi di uno così è consegnarsi da soli al boia, corda in mano.<br /><br />Votare Berlusconi significa votare per uno che è stato affiliato alla P2 (tessera n. 1816) e diventare complici dell’aumento della povertà in Italia perché la sua politica economica favorirà esclusivamente i ricchi extra large. Questo per i cattolici è un vero toccasana: si ricordino del cammello che passa dalla cruna di un ago e dei poveri con i quali Gesù si è identificato in Matteo 25.<br /><br />Chi volesse conoscere per esteso il curriculum giudiziario di tal Silvio Berlusconi non fa altro che collegarsi a <www.kensan.it/articoli/curriculum_giudiziario_di_silvio_berlusconi.php> e si può fare una cultura sulle condanne e specialmente sulle assoluzioni. Tra le altre cosucce, nel 1990 fu condannato per avere giurato il falso sulla P2 (tribunale di Venezia). Chi vota Berlusconi non può invocare il diritto e la legge perché votandolo li calpesta con disprezzo.</www.kensan.it/articoli/curriculum_giudiziario_di_silvio_berlusconi.php></font></font></font></div><div><font class="Apple-style-span" style="color: rgb(0, 0, 153);"><font class="Apple-style-span" face="'times new roman'"><font class="Apple-style-span" size="large"><br />Berlusconi ha rubato anche a quelli che lo hanno votato e lo votano, ma anche a quelli che non lo hanno votato e non lo votano. Ha frodato il fisco e ha evaso valuta all’estero e si è salvato solo perché ha tolto la legge sul falso in bilancio: non elimina il crimine, elimina la legge che lo persegue. In questo è un esperto.<br /><br />Amo il mio Paese, pur sentendomi cittadino del mondo, e mi dispiace vederlo in mano ad un pirata senza alcuna etica e «dignitas» e quando giungeremo alla frutta, non vorrei essere accusato di avere taciuto per convenienza o per interesse. Almeno che resti una testimonianza.<br /><br />Genova, 28 marzo 2008 – <font class="Apple-style-span" style="font-style: italic;">Paolo Farinella</font>, prete</font></font></font></div>Gli Amici di Padre Aldo Bergamaschihttp://www.blogger.com/profile/04210370554062897370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-11842391.post-62900003280472187102007-05-26T08:38:00.000+02:002007-05-26T08:42:21.652+02:00Lettera al presidente della Cei, Mons. Angelo BagnascoLettera al presidente della Cei, Mons. Angelo Bagnasco arcivescovo di Gemeva<br /><br />Sig. Presidente,<br /><br />Il 12 maggio in piazza S. Giovanni a Roma al raduno organizzato dalla Presidenza della Cei attraverso le aggregazioni laicali cattoliche, è accaduto un fatto grave che come presidente dei Vescovi italiani non può lasciare senza risposta. Silvio Berlusconi, notoriamente divorziato e felicemente convivente, ha dichiarato che i cattolici coerenti non possono stare a sinistra, asserendo con questo che devono stare a destra, cioè con lui e con il suo liberismo che coincide sempre con i suoi interessi e mai col «bene comune». <br /><br />Non è questa la sede per stabilire i confini di «destra» e «sinistra». Una sola annotazione: da tutta la letteratura documentale del magistero, da Leone XIII al «Compendio» pubblicato nel 2004 da Giovanni Paolo II, risalta che i programmi della «sinistra», presi nella loro globalità e alla luce della categoria dirimente del «bene comune o generale» sono molto più vicini alla «dottrina sociale della Chiesa» di quelli della «destra», che, al di là delle parole ossequiose e strumentali, sono la negazione di quella dottrina nei suoi principi essenziali (bene comune, democrazia, legalità, stato sociale, ecc.). Alcide De Gasperi, già negli anni ’50, definiva la DC «un partito di centro che guarda a sinistra».<br /><br />Benedetto XVI ad Aparecida in Brasile ha detto che la scelta preferenziale dei poveri è costitutiva della Chiesa e ha dichiarato la fine del marxismo (forse intendeva dire del marxismo ideologico e storico come realizzato nel sovietismo) e il fallimento del capitalismo. Silvio Berlusconi è il rappresentante più retrivo del capitalismo speculativo e senza regole, appena condannato dal papa, perché egli adora un solo dio e ha una sola religione: il mercato. A condizione però che il mercato faccia gli interessi dei ricchi, i quali, si sa, sono capaci di sprazzi di «compassione» ed elargiscono elemosine ai poveri, magari davanti alla tv, conquistandosi anche il paradiso e risolvendo il rebus del cammello e della cruna dell’ago. Con le sue tv commerciali, egli guida e gestisce il degrado morale del nostro popolo, imponendo modelli e stili di vita che sono la negazione esplicita e totale di tutti i «valori» cristiani che il raduno del Family Day voleva affermare. <br /><br />E’ notizia di oggi (14 maggio 2007) che Berlusconi ha comprato la società Endemol, la fabbrica del vacuo, dei grandi fratelli e del voyeurismo amorale e anti-famiglia che fornisce anche la tv di Stato che così viene ad essere, a livello di contenuti, totalmente nelle sue mani. Il conflitto di interessi ora è totale. La sua presenza ad un raduno di cattolici manifestanti a favore della famiglia è strutturalmente incompatibile. Egli non può stare nemmeno nei paraggi del cattoli-cesimo che di solito ossequia subdolamente e di cui si serve con qualsiasi strumento economico o di potere. Mi fa ottima compagnia P. Bartolomeo Sorge S.J. che ha dimostrato con ampia facoltà di prova sulla scorta del magistero ordinario nei memorabili editoriali di Aggiornamenti Sociali, l’incompatibilità del berlusconismo con la dottrina sociale della Chiesa e ancora di più con i principi esigenti del cristianesimo.<br /><br />Un altro campione di famiglia cattolica, pontificante al raduno, fu il deputato Pierferdinando Casini. O tempora! O mores! Il 19 ottobre 2005, all’inaugurazione dell’anno accademico nella Università del Papa, la Lateranense, il Gran Cancelliere, Mons. Rino Fisichella, ebbe l’ardire di presentarlo come esempio di persona che «forte della sua esperienza trentennale di vita politica e sostenuto da una forte coscienza cristiana, può offrire a noi tutti un chiaro esempio di come la fede possa ispirare comportamenti politici liberi e coerenti nella ricerca del bene comune». Parole di un vescovo, Gran Cancelliere nell’Università del Papa, ad un cattolico praticante, divorziato e felicemente convivente con prole. <br /><br />Tutto ciò crea disorientamento, scandalo e sconcerto nei cristiani che faticano ogni giorno a fare conciliare l’esigenza della fede con il peso delle situazioni della vita, a volte insopportabili. Ad un uomo divorziato che, di fronte a queste dichiarazioni, affermava il suo diritto di «fare la comunione», non ho potuto dare torto, perché non potevo contestare l’autorevolezza di un vescovo e Gran Cancelliere del Papa: ho dovuto dirgli che aveva ragione e che sulla coscienza e responsabilità di Mons. Fisichella, del deputato Pierferdinando Casini e di Silvio Berlusconi, divorziati e conviventi, paladini difensori della «famiglia tradizionale», dell’indissolubilità del matrimonio, poteva andare tranquillo. Rilevo di passaggio che sia Casini che Berlusconi, in quanto parlamentari, usufruiscono «già» per i loro conviventi di tutti i bene-fici che contestano al progetto di legge sui «DICO». <br /><br />O la Chiesa è coerente fino allo spasimo, fino al martirio, sapendo distinguere i falsi profeti per difendere le pe-corelle dal sopruso e dalla sudditanza di avventurieri senza scrupoli, o la Chiesa si riduce ad una lobby che intrallazza interessi materiali con chiunque può garantirglieli. E’ una questione «di verità» per usare un’espressione a lei cara. Sulla stampa (la Repubblica 14-05-2007, p. 9) all’interno di una intervista, mons. Giuseppe Anfossi, responsabile Cei per la famiglia, ha dichiarato che Berlusconi si assume la responsabilità di ciò che ha detto. Non parlava però a nome della Cei che, credo, abbia l’obbligo di fare chiarezza e prendere le distanze da simili individui che non fanno onore né alla chiesa, né alla politica (nella concezione espressa da Paolo VI), né al popolo italiano. Se non vi sarà una chiarificazione ufficiale da parte della presidenza della Cei resterà un «vulnus» che ne appannerà la credibilità. <br /><br />Sulla stampa sono stati pubblicati i capitoli dell’8 per mille che hanno cofinanziato il raduno del Family Day, suscitando in larghi strati del popolo cattolico una reazione a devolvere altrove la quota della Chiesa, generando ancora una volta una scollatura più grande tra popolo di Dio e Gerarchia che ormai sembrano camminare su sentieri diversi. Mi auguro che lei abbia il coraggio necessario, adeguato alla situazione. <br /><br />E’ mia intenzione nella giornata di lunedì 21 maggio 2007, rendere pubblica questa lettera di credente ferito che si dissocia dalle parole per nulla cristiane di Silvio Berlusconi e anche dal silenzio pesante della Presidenza della Cei. Nessuna pretesa, solo una testimonianza «nunc pro tunc». <br /><br />Genova 14 maggio 2007<br /><br />Paolo Farinella, preteGli Amici di Padre Aldo Bergamaschihttp://www.blogger.com/profile/04210370554062897370noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-11842391.post-74473387843201754702007-05-06T18:40:00.000+02:002007-05-06T18:43:11.452+02:00L'emergenza rifiuti in CampaniaRiceviamo da "Salvatore Carnevale" [per contatti: citizenry@libero.it] della Rete Civica Acqua Campania e molto volentieri pubblichiamo<br /><br />La cosiddetta “emergenza Campania” da mesi viene utilizzata a livello nazionale quale ammonimento verso popolazioni, comitati di cittadini e associazioni che si battono in tutta Italia da Trento a Torino, da Genova alla piana Firenze-Prato-Pistoia, dall’ Emilia alla Sardegna, dal Lazio alla Sicilia contro la proliferazione di inceneritori e discariche. Il messaggio, di chiaro stampo autoritario è : “ o accettate impianti inquinanti o finirete con i rifiuti per strada come in Campania”.<br /><br />Questo ricatto è inaccettabile e poggia su di una vera e propria falsificazione della realtà, volutamente accentuata dai mezzi di informazione. In Campania come nelle altre regioni, non è la mancanza di costosissimi e nocivi inceneritori e di discariche ad impedire la soluzione del problema rifiuti, ma la colpevole assenza di qualsiasi politica di riduzione alla fonte, di riutilizzo, di riciclaggio, di serie e diffuse raccolte differenziate.<br /><br />Come sosteniamo da anni, c’è un solo modo per uscire dal problema rifiuti e quindi anche dal “tunnel della cosiddetta emergenza Campania”.<br />- Investire da subito in forme generalizzate di raccolte “porta a porta”, a partire dalla frazione putrescibile. <br />- Chiudere con le fallimentari gestioni dei commissari straordinari, costosissime e antidemocratiche.<br />- Restituire - dovunque sia stato calpestato - il potere di programmazione e di gestione alle comunità e agli enti locali, attraverso un percorso di reale partecipazione democratica.<br />- Chiudere da subito e totalmente - senza deroghe di sorta - con la truffa dei sussidi all’ incenerimento (Cip 6 e Certificati Verdi )<br />- Far decollare davvero produzioni pulite, progetti estesi di riciclaggio e di compostaggio in grado, tra l’ altro, di creare molti più posti di lavoro.<br /><br />E’ per questo che SABATO 19 MAGGIO a Napoli la Rete Nazionale RIFIUTI ZERO e i Comitati Campani per la difesa della salute e dell’ ambiente promuovono una Manifestazione Nazionale per denunciare la crisi ambientale e sanitaria procurata dalla nociva gestione del ciclo dei rifiuti, dalle attuali forme di produzione dell’ energia basate su processi di combustione, dalla realizzazione di grandi e meno grandi opere infrastrutturali.<br /><br />Tutto questo è l’ effetto di governi locali e nazionali appiattiti su logiche economiche neoliberiste formulate da paesi che tanto gestiscono i propri beni primari, quanto formulano teorie di guerre preventive contro ”terrorismi” e “stati canaglia” per controllare beni collettivi fondamentali per la sopravvivenza dell’ umanità (acqua, fonti energetiche, biodiversità, semi….).<br /><br />Quanto accade in Campania e nel Mezzogiorno è emblematico della situazione del paese : sversamento illegale di rifiuti industriali, mancata bonifica di territori pesantemente inquinati, piani regionali di gestione del ciclo dei rifiuti fondati esclusivamente sull’ utilizzo di inceneritori e discariche, costruzione di centrali termoelettriche a olio combustibile, a carbone, a turbogas, a biomasse, progetti di rigassificatori offshore e on board oltretutto ancora da sperimentare, linee elettriche e antenne per la telefonia mobile, proliferazione di insediamenti industriali altamente inquinanti e nocivi in aree urbanizzate e a ridosso di aree agricole.<br /><br />La realizzazione e i progetti di grandi e piccole opere infrastrutturali - pubbliche e private - come dighe, autostrade, Tav, ponte sullo stretto di Messina, discariche, inceneritori, Mose, porti turistici, e contemporaneamente l’ Istituto della concessione per la costruzione delle grandi opere pubbliche senza gare d’ appalto e l’ affidamento ai privati della gestione delle risorse idriche e dei servizi locali (rifiuti, energia, gas, telefonia) hanno determinato, e provocano a tutt’ oggi lo spreco di ingenti somme di denaro pubblico, favorendo l’ accrescimento del capitale finanziario e il proliferare di potenti comitati d’ affari, mentre producono la dissipazione e lo sperpero dei beni collettivi comuni e causano un progressivo deterioramento della convivenza civile, compromettendo in modo ormai irreversibile l’ ambiente e la salute delle popolazioni.<br /><br />In questo quadro un dato impressionante è quello della situazione sanitaria della Campania, aggravata da una gestione dei rifiuti fallimentare che ha favorito il predominio e gli affari delle ecomafie e della camorra, a discapito della salute delle cittadine e dei cittadini. Infatti, l’ incidenza generale di malattie tumorali in Campania ha drammaticamente superato, per particolari patologie di cancro, la media nazionale. <br /><br />La gestione commissariale, che dura da oltre tredici anni, ha completamente ignorato questa allarmante situazione e ancora oggi prevede, come unica soluzione, il conferimento di rifiuto tal quale, dannosissimo per la salute e per l’ ambiente, in enormi discariche in un territorio ormai sopraffatto da decenni di abusi. Il tutto in aperta violazione delle norme europee e delle leggi nazionali.<br /><br />A quanti, uomini di governo e della giunta regionale campana, e allo stesso presidente della Repubblica, tendono ad eludere le proprie responsabilità, i propri errori, i ritardi e le inefficienze, per scaricarli su altri, i comitati campani per la difesa dell’ ambiente e della salute e la Rete nazionale Rifiuti Zero rispondono respingendo ogni addebito e rivendicando per le comunità in lotta il diritto a resistere per la difesa della salute umana, ambientale e territoriale. Nonché a costituirsi parte civile nei processi di risarcimento per danno ambientale.<br /><br />A prevalere in Campania sono state le logiche dei comitati d’ affari, supportate dalle scelte del sistema politico istituzionale - da Rastrelli a Bassolino. Prova ne sia che ad oggi la Campania è priva di un Piano regionale di gestione dei rifiuti ed a decidere è ancora il commissario straordinario che, con il pieno sostegno del governo regionale e nazionale, continua volutamente ad ignorare le legittime ragioni delle comunità, imponendo le sue scelte con la prevaricazione e senza prospettare le soluzioni alternative concretamente disponibili.<br /><br />Tra l’ altro molti dei protagonisti della gestione dei rifiuti sono sotto inchiesta, dalla Fibe - che ancora oggi continua a far danni mandando avanti il cantiere dell’ inceneritore di Acerra - a Bassolino, fino agli alti dirigenti del Commissariato.<br /><br />Noi invece riteniamo indispensabile che i governi nazionali e locali si facciano promotori di politiche di riduzione dei consumi energetici, incentivando il risparmio, le fonti energetiche realmente rinnovabili anziché regalare milioni di euro con Cip 6, Certificati Verdi e bolletta elettrica ad inceneritoristi e petrolieri, anziché moltiplicare la costruzione di nuove centrali per la produzione di energia, privatizzando e liberalizzando i servizi pubblici locali ormai diventati Società per Azioni con al centro il profitto e non più l’ interesse della collettività.<br /><br />E’ quindi improcrastinabile - per difendere la salute e l’ interesse collettivo - avviare piani straordinari di bonifica delle aree gravemente inquinate, promuovere concretamente programmi di riduzione alla fonte della produzione dei rifiuti e degli imballaggi , il riuso e il riciclaggio, le raccolte differenziate porta a porta, con trattamento meccanico biologico ( “ a freddo” ) della frazione residua. E promuovere sistemi di progettazione e di produzione dei beni di consumo che riducano al minimo i materiali di scarto, puntando all’ obbiettivo RIFIUTI ZERO. <br /><br />In questa prospettiva, dalla Val di Susa alla Sicilia, da Civitavecchia a Catanzaro, da Livorno a Brindisi, da Vicenza a Camp Darby, dalla piana Firenze-Prato-Pistoia ad Acerra, Serre, Lo Uttaro, movimenti , realtà di base, comitati ed associazioni si uniscono in un Patto di Mutuo Soccorso, con il quale si impegnano a sostenere le mobilitazioni delle popolazioni in lotta a difesa dell’ ambiente e della salute.<br /><br />Rivolgiamo questo appello a tutte le forze sociali, alle associazioni e ai movimenti, alle Reti nazionali (acqua, No centrali, No elettrosmog, NO Mose, NO Tav, Altragricoltura, ) alle forze sindacali, al comparto agricolo, al movimento dei contadini e dei rurali, al mondo del lavoro, dei disoccupati e dei precari, al mondo della scuola e dell’ Università e alle comunità religiose, perché si possa rafforzare la lotta per costruire insieme una società rispettosa della vita e della dignità umana.<br /><br />La Rete Nazionale Rifiuti Zero e i Comitati Campani per la difesa della salute e dell’ ambiente, oltre ad esprimere solidarietà alle tante realtà in lotta in tutto il paese, sono particolarmente solidali con le popolazioni di Acerra, Serre e Lo Uttaro colpite dalla violenza della repressione.<br /><br />Siamo vicini a chi nella Chiesa sostiene le ragioni della salute e della giustizia - come padre Alex Zanotelli e il vescovo di Caserta Nogaro - e siamo contro le pressioni e le ingerenze di alcune gerarchie ecclesiastiche.<br /><br />Giovedì, 03 maggio 2007Gli Amici di Padre Aldo Bergamaschihttp://www.blogger.com/profile/04210370554062897370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-11842391.post-1171446907673398282007-02-14T10:54:00.000+01:002007-02-19T15:35:30.286+01:00InvoluzioniLa chiesa italiana, malgrado sia ricca di tante energie e fermenti, sta subendo un'immeritata involuzione.<br /> <br />L'annunciato intervento della Presidenza della Conferenza Episcopale, che imporrebbe ai parlamentari cattolici di rifiutare il progetto di legge sui "diritti delle convivenze" é di inaudita gravità.<br /> <br />Con un atto di questa natura l'Italia ricadrebbe nella deprecata condizione di conflitto tra la condizione di credente e quella di cittadino. Condizione insorta dopo l'unificazione del Paese e il "non expedit" della S.Sede e superata definitivamente solo con gli accordi concordatari.<br /> <br />Denunciamo con dolore, ma con fermezza, questo rischio e supplichiamo i Pastori di prenderne coscienza e di evitare tanta sciagura, che porterebbe la nostra Chiesa e il nostro Paese fuori dalla storia.<br /> <br />Si può pensare che il progetto di legge in discussione non sia ottimale, ma è anche indispensabile distinguere tra ciò che per i credenti é obbligo, non solo di coscienza ma anche canonico, e quanto deve essere regolato dallo stato laico per tutti i cittadini.<br /> <br />Invitiamo la Conferenza Episcopale a equilibrare le sue prese di posizione e i parlamentari cattolici a restare fedeli al loro obbligo costituzionale di legislatori per tutti.<br /> <br />Giuseppe Alberigo, Bologna<br />responsabile del’Istituto di Scienze religiose di Bologna<br /><br />L'appello é firmato dal prof. Alberto Melloni, dallo storico cattolico Pietro Scoppola, e da migliaia di cattolici.<br /><br />Per firmare: http://www.febbraio2007.itGli Amici di Padre Aldo Bergamaschihttp://www.blogger.com/profile/04210370554062897370noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-11842391.post-1169056886924539772007-01-17T18:57:00.000+01:002007-01-17T19:01:27.320+01:00Le lancette del Doomsday ClockRoma, 17 Gennaio 2007<br /><br />Le lancette del Doomsday Clock ancora più vicine alla mezzanotte. Rete Disarmo si unisce alla preoccupazione internazionale.<br /><br />The Bulletin of Atomic Scientist: cresce il rischio di guerra nucleare Lancette portate avanti di due minuti, ne mancano 5 alla la mezzanotte<br /><br />Oggi, 17 gennaio 07, alle ore 15.30 (ora italiana), l'annuncio ufficiale con due conferenze stampa in contemporanea a Washington e Londra.<br /><br />"Doomsday", in inglese, sta per “giorno del giudizio”, “fine del mondo”. Il Doomsday Clock, con le sue lancette che vengono periodicamente avvicinate o allontanate dalla mezzanotte, è ormai da sessant'anni il più famoso indicatore del pericolo di una guerra nucleare.<br /><br />Aggiornato periodicamente dall'autorevole Consiglio Direttivo del "Bulletin of the Atomic Scientists", ha raggiunto i suoi picchi nel 1953, all'epoca dei primi test Usa/Urss della bomba H (due minuti alla mezzanotte) e nel 1984, con la corsa agli armamenti scatenata da Ronald Reagan (tre minuti alla mezzanotte).<br /><br />Il 1991 è invece l'anno in cui le lancette sono state spostate più indietro, a ben 17 minuti dalla mezzanotte. Era l'epoca della caduta del Muro, di Gorbaciov e della fine della guerra fredda. Da allora, però, il rischio nucleare, lungi dallo scomparire, è tornato pian piano a crescere. Successivi spostamenti, nel '95, '98 e 2002, hanno riportato le lancette a 7 minuti. “Il pericolo di una seconda era nucleare e le conseguenze dei cambi climatici portano al Doomsday Clock più vicino alla mezzanotte” è la lapidaria dichiarazione iniziale del comunicato rilasciato.<br /><br />Oggi, 17 gennaio, è stato annunciato ufficialmente un nuovo spostamento, di due minuti, di avvicinamento alla mezzanotte. Mancano ora “cinque minuti virtuali” al momento della mezzanotte. In pratica le lancette sono state riportate ai livelli dei periodi più bui della guerra fredda.<br /><br />L’organismo internazionale degli scienziati, nel prendere la decisione di questo spostamento, si è focalizzato su due punti principali: il pericolo di 27.000 testante nucleari (di cui almeno 2.000 possono partire nel giro di pochi minuti) e la distruzione degli habitat umani a causa del cambio di clima.<br /><br />A commento di questa decisione Martin Rees, presidente della Royal Society ed astrofisica di fama mondiale ha dichiarato: “Le armi nucleari pongono ancora la più catastrofica ed immediata minaccia per l’umanità, ma anche il cambio di clima può potenzialmente portare alla fine della civiltà da noi conosciuta”.<br /><br />In questa situazione, sono più urgenti che mai netti segnali di discontinuità da parte di tutti i paesi amanti della pace. L'Italia potrebbe avere un ruolo di primo piano in questo, se solo avesse il coraggio di scelte precise:<br /><br />1) Chiedere l'immediato smantellamento di tutte le atomiche ancora presenti nel nostro paese (50 ad Aviano, 40 a Ghedi), in violazione del Trattato Internazionale di Non Proliferazione Nucleare; 2) Rifiutare qualsiasi transito di ordigni nucleari sul territorio nazionale, comprese le acque territoriali, e quindi vietare l'accesso ai nostri porti a navi e sommergibili a propulsione nucleare o dotati di armamenti nucleari; 3) Congiuntamente con gli altri paesi dell'Alleanza Atlantica, rimettere in discussione la politica NATO del "Nuclear Sharing", che – lungi dall'aumentare la sicurezza delle popolazioni - è un enorme fattore di instabilità a livello planetario; 4) Come minimo, congelare qualsiasi richiesta di ampliamento e ristrutturazione delle basi statunitensi nel nostro paese. In questo contesto, consideriamo inaccettabile la decisione del governo di ratificare l'ampliamento della Base USA di Vicenza.<br /><br />Le indicazioni particolari per l’Italia che noi avanziamo si armonizzano pienamente con i consigli e le proposte avanzati proprio oggi dal Bullettin of Atomic Scientist:<br /><br />1) Ridurre la prontezza di lancio delle forze di USA e Russia, rimuovendo completamente le armi nucleari dalle operazioni militari ordinarie<br />2) Ridurre il numero complessivo delle testate nucleari smantellando e distruggendo almeno 20.000 testate entro i prossimi 10 anni<br />3) Fermare la produzione di materiale per armamento nucleare, tra cui uranio arricchito e plutonio, sia in ambito militare che civile<br />4) Iniziare una seria e onesta discussione sull’espansione della potenza nucleare nel mondo<br /><br />La Rete Disarmo ha in programma azioni e mobilitazioni sul tema del disarmo nucleare per i prossimi mesi ed intende costruire, con molte forza impegnate su questi temi, una campagna nazionale di pressione per un vero disarmo nucleare che parta anche dal nostro paese.<br /><br />___________________________<br /><br /><br />**Ulteriori informazioni:<br /><br />Sul Doomsday Clock ---> http://www.thebulletin.org http://en.wikipedia.org/wiki/Doomsday_clock<br /><br />http://en.wikipedia.org/wiki/Doomsday_clock<br /><br />Sull’azione “Via le Bombe Atomiche” ---> http://www.vialebombe.org/<br /><br />Per contattare la Rete Italiana per il Disarmo: ---> www.disarmo.orgGli Amici di Padre Aldo Bergamaschihttp://www.blogger.com/profile/04210370554062897370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-11842391.post-1168453715132763942007-01-10T19:27:00.000+01:002007-01-10T19:28:35.846+01:00Chiesa polacca sotto accusa per il silenzio sul vescovo spiaIn Vaticano monta l’irritazione nei confronti della Chiesa polacca dopo le dimissioni di Stanislaw Wielgius, designato arcivescovo di Varsavia, per aver collaborato con i servizi di informazione della Polonia comunista. Wielgius, che per giorni ha negato i legami con i servizi incassando l’appoggio della Santa Sede, è accusato di aver mentito al Papa. Criticato dalla stampa anche il primate Jozef Glemp. A Cracovia si è dimesso Janusz Bielanski, canonico della cattedrale di Wawel: anche lui accusato di essere stato un spia dei servizi.<br /><br />Compromessi con il nemico<br /><br />La Chiesa parla al mondo. Cioè allo Stato. Da quando esiste, ha avuto a che fare con Stati autoritari. La democrazia è un fenomeno recente. Ma il dialogo tra Chiesa e Stato non può essere che un compromesso. Che l'arcivescovo dimissionario di Varsavia Stanislaw Wielgius abbia collaborato con il regime comunista non deve dunque troppo sorprendere. Se i nemici non dialogano, combattono a occhi bendati. Questi, però son nemici che hanno in comune alcuni tratti non secondari.<br /><br />La Chiesa è assolutismo religioso; il comunismo è assolutismo politico. La Chiesa si è sempre voluta servire dello Stato; lo Stato della Chiesa. Ognuno dei due vuole che la dottrina e l'agire da essi proposti siano lo scopo della società. Ognuno vuole distruggere l'altro. Non si tratta di una deviazione della “Chiesa di pietra” dalla “Chiesa dei santi”. La Chiesa è dei santi proprio perché vuol distruggere quel che a suo avviso è l'errore. <br /><br />Gesù è il santo per eccellenza. Dicendo di dare a Cesare, ossia allo Stato, quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio, Gesù non vuole che a Cesare venga dato qualcosa che sia contro Dio: vuole che Cesare non si opponga a Dio, e che pertanto le leggi dello Stato abbiano come scopo quelle di Dio - del Dio di Gesù e, poi, della Chiesa. Dire che la Chiesa è assolutismo religioso non è “laicismo”.<br /><br />La si offenderebbe negando che essa sia teocrazia. Nemmeno in Polonia la Chiesa può aver voluto il comunismo, ossia un Cesare le cui leggi si opponessero ha quelle di Dio. Se un membro della Chiesa l'avesse fatto, l'avrebbe fatto come nemico del cristianesimo. Va però anche aggiunto che, se nei paesi comunisti la Chiesa ha avuto bisogno del compromesso col potere, diventa più difficile sostenere che essa sia stata l'artefice del crollo del comunismo.<br /><br />È l'ultimo caso grandioso, tale crollo, del tramonto ormai secolare, che è destinato a travolgere anche le forme superstiti di assolutismo, come quella religiosa e quella economica.<br /><br />L'assolutismo economico del paleocapitalismo, che si ritiene la forma definitiva di produzione della ricchezza, tende a essere oltrepassato da una concezione «sperimentale» del capitalismo, dove si ammette la possibilità del fallimento della sperimentazione. Anche la Chiesa condanna 1e forme teologiche che in qualche modo ripropongono in senso “sperimentale” l'esistenza religiosa.<br /><br />La recente conversione della Chiesa alla democrazia è spiegabile in modo analogo al movimento del capitalismo nella stessa direzione. Già Max Weber rilevava la maggiore consonanza tra capitalismo e democrazia, rispetto a quella con lo Stato totalitario. Ma il vero motivo è che in effetti quest'ultimo è, per il capitalismo, un ostacolo ben più consistente della democrazia procedurale. Lo stesso accade alla Chiesa, che alla democrazia, figlia dell'Illuminismo, ha preferito lo Stato autoritario, dove l'assenza dell'opposizione rende più agevole il dialogo e il compromesso.<br /><br />Adottando la democrazia, Chièsa e capitalismo hanno sempre tentato, e con maggiori probabilità di successo, di modificarla: la Chièsa, condannando in essa “la libertà senza verità”, ed esigendo che la “verità” a cui la democrazia deve adeguarsi sia da ultimo la verità cristiana; il capitalismo, impedendo che la “solidarietà” abbia a subordinare a sé l' “efficienza”. E anche il capitalismo è un Cesare a cui non si può dare quel che contro Dio.<br /><br />Per la Chiesa il fine non giustifica i mezzi; ma è della Chiesa anche la dottrina della preferibilità del male minore. Forse in Polonia, e altrove, minor male è stato dare provvisoriamente a Cesare qualcosa di quel che è contro Dio, sperando che da ultimo, davanti a Dio, egli avesse a inginocchiarsi.<br /><br />Emanuele Severino<br /><br />(da Corriere della Sera 9 gennaio 2007)Gli Amici di Padre Aldo Bergamaschihttp://www.blogger.com/profile/04210370554062897370noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-11842391.post-1167321590079436192006-12-28T16:58:00.000+01:002006-12-28T16:59:50.480+01:00L’oscena inutilità della guerraHo scoperto, per caso, che esattamente novant’anni fa terminava una delle più atroci battaglie della storia.<br /><br />I tedeschi si ritirarono dalla piana di Verdun, nella Lorena . nove giorni prima del Natale 1916. Quando se ne andarono, dopo nove mesi di feroci combattimenti, la pianura e le basse colline di quella zona (250 chilometri dalla capitale francese; “la porta di Parigi”, secondo gli strateghi) erano un’ enorme tomba di fango in cui giacevano, massacrati, due interi eserciti. Dal febbraio di quell’anno i cannoni tedeschi e quelli francesi avevano tempestato di colpi, giorno e notte, ininterrottamente, le trincee nemiche. Gli storici annotano: 2 mila cannoni, 21 milioni di proiettili sparati.<br /><br />Dove oggi vivono 30 mila persone si accalcarono, in quei tempi di dannazione, per morirvi o per sopravvivere, marchiati per sempre dall’orrore, più di un milione di soldati. Fu tra le battaglie più gigantesche della storia: i caduti francesi furono 163 mila, 216 mila i feriti e i mutilati; i tedeschi, rispettivamente 143 mila e 196 mila. Decine di migliaia di feriti non sopravvissero. Sulle rovine di cinque villaggi, completamente cancellati dalle bombe, ogni giorno migliaia di soldati uscivano dalle trincee in cui avevano dormito all’addiaccio sotto una pioggia insistente per andare all’assalto con le baionette inastate. Sventrare almeno un nemico era l’ordine che ricevevano ogni volta dagli ufficiali.<br /><br />Migliaia di soldati morivano ogni giorno per l’effimera conquista di un rialzo di terreno che meritava appena il nome di collina. La civiltà, la vita “normale”, la possibilità di sorridere, di innamorarsi, di contemplare il cielo, di dormire in un letto, persino di morire in un letto, sembravano cose lontanissime. Più tardi i veterani di Verdun sarebbero stati guardati con orrore dagli altri soldati: si erano “abituati a camminare senza neppure accorgersene sui cadaveri dei commilitoni”; e avevano ascoltato il suono dei denti di enormi topi che li divoravano.<br /><br />La battaglia di Verdun fu ritenuta così importante dai capi politici e militari francesi che la strada sulla quale venivano inviati rinforzi e munizioni ai combattenti fu chiamata “Via Sacra”; ma i soldati conoscevano la verità, cantavano una terribile canzone che diceva: “Et tout ça pour rien, et tout ça por rien”, tutto questo per niente.<br /><br />Migliaia di militari dell’una e dell’altra parte furono fucilati per ordine dei generali: l’accusa era di diserzione o di codardia. In realtà erano uomini che rifiutavano di essere tramutati in macellai di uomini o in carne da macello. Benedetto XV parlò allora di “inutile strage”. Qualche tempo fa papa Ratzinger ha definito Verdun “momento oscuro della storia del Continente”, il quale “deve restare nella memoria dei popoli come un evento da non dimenticare mai e da non rivivere mai”.<br /><br />Verdun denunzia la oscena idiozia delle guerre, la loro inutilità. Il primo conflitto mondiale provocò in Europa mutamenti di confini che avrebbero potuto essere ottenuti per via diplomatica. “Bruciò” due generazioni umane di europei (le vittime italiane furono 600 mila) con il risultato di seminare povertà e disperazione, le quali nutrirono la diffusione del fascismo e del nazismo.<br /><br />I generali che avevano comandato le truppe di Verdun rivelarono negli anni successivi di essersi abituati a considerare le persone poco più che insetti: il maresciallo Hindenburg spianò a Hitler la via del potere, il maresciallo Petain collaborò con Hitler nella deportazione degli ebrei.<br /><br />Nel resto del mondo non vi furono mutamenti se non nominali: i possedimenti coloniali tedeschi passarono alla Francia e alla Gran Bretagna e i loro popoli continuarono a essere crudelmente sfruttati. Le grandi industrie europee e americane (la Krupp, la General Motors, la Fiat, la Renault) furono le uniche a trarre enormi benefici dalla prima guerra mondiale.<br /><br />E venticinque anni dopo scoppiò la seconda, quasi che la prima non ci fosse mai stata.<br /><br />__________________________<br />16 dicembre - Lettera 119Gli Amici di Padre Aldo Bergamaschihttp://www.blogger.com/profile/04210370554062897370noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-11842391.post-1167128956118477952006-12-26T11:26:00.000+01:002006-12-26T11:29:17.860+01:00La Lettera di San Giacomo e il cardinale Ruinida LETTERA 119<br /><br />21 dicembre<br /><br />Mina Welby non è una donna qualunque, basta guardarla in faccia: gli occhi stanchi di chi ha avuto sonni continuamente interrotti, il volto con le rughe di chi troppe volte ha dovuto fingere un sorriso o nascondere un pianto.. Ha mantenuto in vita il suo uomo per una catena di giorni che sembrava infinita, come solo certe donne eroiche sanno fare quando il marito diventa un lungo degente e loro sono costrette a trasformare l’amore che gli portano, a diventare madri di un bambino senza bellezza. Sul corpo che un tempo si strinse gioiosamente al loro devono cercare ogni giorno, per tamponare, se è possibile, il progredire di un disfacimento senza recupero: le terribili piaghe da decubito, la perdita di funzionalità degli arti e degli sfinteri, la voce che diventa un bisbiglio, lo sguardo, talvolta, della bestia braccata, la speranza ormai evasa da ogni realtà.<br /><br />Così ha vissuto per anni e anni Mina Welby e se ci fosse una medaglia all’amore coniugale, dovrebbe esserne insignita.<br /><br />Quella medaglia dovrebbe dargliela, penso, il Movimento per la vita, perché Mina Welby ha mantenuto vivo e vigile (come suol dirsi) un uomo di cui si è innamorata e che ha sposato quando già le condizioni di lui erano segnate, segnato il suo destino. Lo ha conosciuto, ha raccontato, a una “gita parrocchiale”. Questo particolare mi commuove: tra i frutti più belli del Concilio c’è la nuova consapevolezza delle comunità cristiane a proposito dell’eminente dignità del malato; ogni volta che ad una festa o a un’altra lieta occasione vedo un gruppo di persone raccogliersi sorridendo intorno a una carrozzina, ripenso a un testo altissimo del Vaticano Secondo: “La Chiesa riconosce nei poveri e nei sofferenti l’immagine del suo Salvatore”.<br /><br />Per anni e anni Mina Welby ha dato al suo uomo non soltanto vita ma dignità di vita. Mi ha intenerito più volte vedere nelle fotografie come fosse propre questo malato: pulito e stirato il maglioncino, sbarbato il volto, pettinato il capo. Ma una donna non può ottenere l’impossibile neppure a costo di soccombere alla fatica. La vita di Piero è diventata una agonia sempre più atroce: speranze, nessuna; previsioni, terribili: fra qualche mese o settimana, non avrebbe più potuto deglutire, avrebbero dovuto operarlo nuovamente, introdurgli nell’in-testino una sonda per nutrirlo e idratarlo. Allora il corpo di Welby sarebbe stato definitivamente una crisalide di morte, una persona impedita di essere tale per la completa separatezza dalle funzioni umane. Infine - prima o poi... – sarebbe sopravvenuta la morte, per soffocazione. Piero Welby, che aveva retto tante sofferenze, di questa modalità di morte aveva il terrore.<br /><br />Mia moglie ed io abbiamo testimoniato, anni fa, in una causa di beatificazione, sulle virtù eroiche di Luigi Rocchi, un popolano di Tolentino. Malato della stessa malattia di Welby, Luigi aveva fatto del suo letto una cattedra di coraggio e di fede. Ma la morte era arrivata a quarant’anni e senza la costrizione meccanica imposta al marito di Mina dalla paradossale crudeltà del progresso tecnologico. E non tutti possono essere santi od eroi. “Luigino” Rocchi era noto a molti e da molti fu pianto e viene ricordato. Ma ebbe la fortuna di non diventare, come Piergiorgio Welby, un “caso”, un nodo di paure ancestrali e di speculazioni politiche, di commi e di moralismi, di giuste preoccupazioni e di filosofemi. Nessuno si arrogò il diritto di condannarlo a morte o a una non-vita. La madre eroica che egli ebbe accanto non dovette ascoltare discussioni su un caso piuttosto che su un uomo. Intorno a Piergiorgio, invece, si è eretto un circo mediatico in cui le conferenze stampa hanno prevalso su un rispettoso silenzio e una silenziosa solidarietà.<br /><br />Quelle intorno al caso Welby non sono state tutte parole inutili ma non credo siano servite molto a Mina. Sappiamo che Mina voleva, disperatamente voleva, che Piero non la lasciasse; ma anche che non si sentiva di imporgli, costringendolo a “vivere”, di andare verso l’orribile morte temuta.<br /><br />22 dicembre<br /><br />Neppure alla fine, lei restò con quel caro corpo, contorto dalla malattia, ma ormai in pace. Lo Stato glielo sottrasse per indagare su un possibile crimine. Intanto il dibattito continuava. Ma non per il Vicariato di Roma. Il cardinale Ruini, lui aveva soltanto certezze: il peccato per lui dominava la tragedia. E quando Mina desiderò che la Chiesa, la “sua” Chiesa, perchè Mina è cattolica, si prendesse cura del suo dolore nella celebrazione di un funerale relgioso, il porporato ha risposto che no, non si poteva, lo vietava il codice di diritto canonico. Lo ha spiegato ai telegiornali, con serena fermezza, il vescovo monsignor Fisichella: é vero che, a differenza di quanto avveniva un tempo, la Chiesa concede oggi ai suicidi funerali religiosi perchè può darsi che la loro scelta sia il risultato di un improvviso squilibrio psichico; ma Piergiorgio Welby era perfettamente consapevole di ciò che chiedeva.<br /><br />Perfettamente lucido e libero nelle sue decisioni dopo un martirio di tanti anni, una tortura quotidiana e prospettive ancora più atroci? Mina Welby, il suo dolore, il suo eroismo – ha detto la Curia - possono attendere. Forse più avanti, in forma riservata... I commi dei giuristi prevalgono sull’insegnamento del Cristo? Dice la Lettera di San Giacomo: “religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro padre è soccorrere gli orfani e le vedove nel momento delle loro afflizioni...”.<br /><br />Parola di Dio, ma non a Roma.Gli Amici di Padre Aldo Bergamaschihttp://www.blogger.com/profile/04210370554062897370noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-11842391.post-1166732491076324812006-12-21T21:20:00.000+01:002006-12-21T21:21:32.316+01:00Lettera aperta al predicatore del PapaCaro padre Raniero Cantalamessa,<br /> <br />noi, le vittime della pedofilia clericale, ci complimentiamo perché dalla Casa Pontificia si alza una voce in nostro favore: una giornata annuale di digiuno per cancellare la macchia, che portiamo impressa nella carne come le stigmate di nostro Signore.<br />Certi che ci spetta un posticino nel presepio, tra i piccoli innocenti, ci rivolgiamo al Cielo per sapere che ne pensa della tua proposta.<br /> <br />“Signore, noi gli agnelli immolati per i peccati della Chiesa, chiediamo: è sufficiente un digiuno di 24 ore per dimenticare tanta ignominia e l’omertà, il silenzio complice dei tuoi pastori?<br />Le tue parole incontrovertibili consigliano qualcosa di più di un semplice digiuno: “Chi scandalizza un fanciullo, sarebbe meglio mettergli una macina da mulino al collo e buttarlo nel mare” (Mt 18,5s).<br />Perché tu usi un metro e i tuoi seguaci un altro?<br />Non ci scandalizza che Tizio e Caio sbaglino. Ci turba che un’istituzione “divina” consideri materia di foro interno, un fatto privato, un delitto tanto grave, i cui responsabili devono essere denunciati alla polizia.<br />Chi minimizza, copre, smista i rei da una parrocchia all’altra, non si rende corresponsabile del delitto?<br />Ma i tuoi ministri continuano a consigliare di non sporgere denuncia (cf le risposte di alcuni parroci di Milano durante l’inchiesta televisiva de “Le Jene”).<br />E il “crimen sollicitationis” riservato alla Congregazione competente, non è un sottrazione indebita all’azione della magistratura?<br />E che dire della controffensiva del vescovo di Agrigento, il quale cita in tribunale per diffamazione una vittima della pedofilia, che dal banco dell’offeso passerà a quello del colpevole?<br />Oltre al danno, le beffe!<br />Quando si giunge a capovolgere la morale, come non dubitare che a monte ci sia qualcosa che non va?<br />Forse si può dire che l’autorità civile tutela, difende gli innocenti meglio dell’autorità religiosa. Per un delitto così abominevole la giustizia umana prevede la prigione e il risarcimento dei danni, la morale cattolica sembra considerarlo un peccato da “smacchiare” con una indulgenza o un digiuno.<br />Vedi, Signore, in Vaticano si minimizza: “In fin dei conti, si tratta dell’uno per cento dei preti: su 450.000 “solo” 4.500 si voterebbero a queste turpi pratiche nei luoghi sacri…” (negli USA 4.500 le cause in corso, ma le vittime sarebbero più di 11.000).<br />Forse non ci si rende conto che si tratta di un’operazione esponenziale: ogni pedofilo produce, in media, una decina di vittime; ognuna di queste, per un perverso circolo vizioso, ne produce almeno altrettante. E via dicendo, cioè e via moltiplicando vittime innocenti.<br />Inevitabile chiedersi: come mai tutto ciò con tante preghiere, studi teologici, ritiri, messe?<br />Il seminario, la formazione non hanno una qualche relazione di causa ed effetto con questi fatti?<br />Troppo facile puntare il dito sugli esecutori materiali del delitto senza chiamare per nome i mandanti, come certa cultura sessuofoba e misogina.<br />Se per anni si induce il candidato a ignorare, se non a cancellare la propria corporeità, si potranno mai produrre presbiteri maturi?<br />Se fin da ragazzi si è “educati” a negare l’umano, a vedere la sessualità con gli occhiali neri della cultura pagana, come avremo dei preti capaci di portare il giogo obbligatorio della castità?<br />Non è temerarietà spedirli in parete da sesto grado senza l’equipaggiamento necessario? Non a caso la “Convenzione sui Diritti del minore” (U.N. General Assembly, Document A/RES/44/25, 12.12.1989) ne proibisce il reclutamento fuori dall’ambiente familiare.<br /> <br />Caro padre, perché non scrivere a caratteri cubitali in ogni messale, breviario, libro di preghiera, sito internet, luogo di ritrovo cattolico: “Per il delitto di pedofilia il codice penale prevede anni di reclusione, il Cristo consiglia di buttarsi in mare”?<br /> <br />Ed ora qualche suggerimento:<br />1- quando predichi alla corte pontificia, perché non porti con te un gruppo dei nostri? Abbiamo tanti Calvari da consegnare al cuore paterno del Santo Padre e del collegio cardinalizio: non siamo noi i “vostri “crocifissi?<br />2- quando i cardinali sono convocati a trattare nostra materia, perché non invitare i nostri rappresentanti? Siete preoccupati delle nostre piaghe o dell’esodo dei beni ecclesiastici, della fuga dei cattolici e rispettive elemosine?<br />3- il digiuno farà anche bene alla “linea cattolica” (Gesù non lo raccomanda affatto), ma noi esigiamo un mini-concilio, perché la Chiesa si riconcili con le vittime: in prima fila noi, i “santi innocenti” dei nuovi Erodi; poi i figli dei preti condannati a vivere senza padre; poi le suore abusate dai preti con i loro aborti; poi le donne “usa-e-getta” dei preti; poi i preti sposati trattati come malfattori. Sia chiaro: non bastano due preghierine o un pio digiuno, vogliamo giustizia, cioè il risarcimento dei danni morali e materiali.<br />4- Auspichiamo un anno di penitenza per chiedere perdono a Dio e a noi del male che ci avete fatto. Non sarebbe l’unica maniera per fare capire ai preti pedofili la gravità del loro misfatto, che ci tortura giorno e notte con rimorsi, incubi, piaghe dell’anima?”.<br /> <br />Per finire, ricordi?<br />Eravamo insieme nel convento di Milano, tu assistente alla Cattolica, io studente di teologia. Alla vigilia dell’ordinazione presbiterale, dubbioso, ti chiedo: “Riuscirò ad osservare il voto di castità?”. E tu: “Non ti preoccupare, basta pregare e tutto si aggiusta…”.<br />La conclusione va da sé, vero?<br /> <br />p. Fausto MarinettiGli Amici di Padre Aldo Bergamaschihttp://www.blogger.com/profile/04210370554062897370noreply@blogger.com2