sabato 26 maggio 2007

Lettera al presidente della Cei, Mons. Angelo Bagnasco

Lettera al presidente della Cei, Mons. Angelo Bagnasco arcivescovo di Gemeva

Sig. Presidente,

Il 12 maggio in piazza S. Giovanni a Roma al raduno organizzato dalla Presidenza della Cei attraverso le aggregazioni laicali cattoliche, è accaduto un fatto grave che come presidente dei Vescovi italiani non può lasciare senza risposta. Silvio Berlusconi, notoriamente divorziato e felicemente convivente, ha dichiarato che i cattolici coerenti non possono stare a sinistra, asserendo con questo che devono stare a destra, cioè con lui e con il suo liberismo che coincide sempre con i suoi interessi e mai col «bene comune».

Non è questa la sede per stabilire i confini di «destra» e «sinistra». Una sola annotazione: da tutta la letteratura documentale del magistero, da Leone XIII al «Compendio» pubblicato nel 2004 da Giovanni Paolo II, risalta che i programmi della «sinistra», presi nella loro globalità e alla luce della categoria dirimente del «bene comune o generale» sono molto più vicini alla «dottrina sociale della Chiesa» di quelli della «destra», che, al di là delle parole ossequiose e strumentali, sono la negazione di quella dottrina nei suoi principi essenziali (bene comune, democrazia, legalità, stato sociale, ecc.). Alcide De Gasperi, già negli anni ’50, definiva la DC «un partito di centro che guarda a sinistra».

Benedetto XVI ad Aparecida in Brasile ha detto che la scelta preferenziale dei poveri è costitutiva della Chiesa e ha dichiarato la fine del marxismo (forse intendeva dire del marxismo ideologico e storico come realizzato nel sovietismo) e il fallimento del capitalismo. Silvio Berlusconi è il rappresentante più retrivo del capitalismo speculativo e senza regole, appena condannato dal papa, perché egli adora un solo dio e ha una sola religione: il mercato. A condizione però che il mercato faccia gli interessi dei ricchi, i quali, si sa, sono capaci di sprazzi di «compassione» ed elargiscono elemosine ai poveri, magari davanti alla tv, conquistandosi anche il paradiso e risolvendo il rebus del cammello e della cruna dell’ago. Con le sue tv commerciali, egli guida e gestisce il degrado morale del nostro popolo, imponendo modelli e stili di vita che sono la negazione esplicita e totale di tutti i «valori» cristiani che il raduno del Family Day voleva affermare.

E’ notizia di oggi (14 maggio 2007) che Berlusconi ha comprato la società Endemol, la fabbrica del vacuo, dei grandi fratelli e del voyeurismo amorale e anti-famiglia che fornisce anche la tv di Stato che così viene ad essere, a livello di contenuti, totalmente nelle sue mani. Il conflitto di interessi ora è totale. La sua presenza ad un raduno di cattolici manifestanti a favore della famiglia è strutturalmente incompatibile. Egli non può stare nemmeno nei paraggi del cattoli-cesimo che di solito ossequia subdolamente e di cui si serve con qualsiasi strumento economico o di potere. Mi fa ottima compagnia P. Bartolomeo Sorge S.J. che ha dimostrato con ampia facoltà di prova sulla scorta del magistero ordinario nei memorabili editoriali di Aggiornamenti Sociali, l’incompatibilità del berlusconismo con la dottrina sociale della Chiesa e ancora di più con i principi esigenti del cristianesimo.

Un altro campione di famiglia cattolica, pontificante al raduno, fu il deputato Pierferdinando Casini. O tempora! O mores! Il 19 ottobre 2005, all’inaugurazione dell’anno accademico nella Università del Papa, la Lateranense, il Gran Cancelliere, Mons. Rino Fisichella, ebbe l’ardire di presentarlo come esempio di persona che «forte della sua esperienza trentennale di vita politica e sostenuto da una forte coscienza cristiana, può offrire a noi tutti un chiaro esempio di come la fede possa ispirare comportamenti politici liberi e coerenti nella ricerca del bene comune». Parole di un vescovo, Gran Cancelliere nell’Università del Papa, ad un cattolico praticante, divorziato e felicemente convivente con prole.

Tutto ciò crea disorientamento, scandalo e sconcerto nei cristiani che faticano ogni giorno a fare conciliare l’esigenza della fede con il peso delle situazioni della vita, a volte insopportabili. Ad un uomo divorziato che, di fronte a queste dichiarazioni, affermava il suo diritto di «fare la comunione», non ho potuto dare torto, perché non potevo contestare l’autorevolezza di un vescovo e Gran Cancelliere del Papa: ho dovuto dirgli che aveva ragione e che sulla coscienza e responsabilità di Mons. Fisichella, del deputato Pierferdinando Casini e di Silvio Berlusconi, divorziati e conviventi, paladini difensori della «famiglia tradizionale», dell’indissolubilità del matrimonio, poteva andare tranquillo. Rilevo di passaggio che sia Casini che Berlusconi, in quanto parlamentari, usufruiscono «già» per i loro conviventi di tutti i bene-fici che contestano al progetto di legge sui «DICO».

O la Chiesa è coerente fino allo spasimo, fino al martirio, sapendo distinguere i falsi profeti per difendere le pe-corelle dal sopruso e dalla sudditanza di avventurieri senza scrupoli, o la Chiesa si riduce ad una lobby che intrallazza interessi materiali con chiunque può garantirglieli. E’ una questione «di verità» per usare un’espressione a lei cara. Sulla stampa (la Repubblica 14-05-2007, p. 9) all’interno di una intervista, mons. Giuseppe Anfossi, responsabile Cei per la famiglia, ha dichiarato che Berlusconi si assume la responsabilità di ciò che ha detto. Non parlava però a nome della Cei che, credo, abbia l’obbligo di fare chiarezza e prendere le distanze da simili individui che non fanno onore né alla chiesa, né alla politica (nella concezione espressa da Paolo VI), né al popolo italiano. Se non vi sarà una chiarificazione ufficiale da parte della presidenza della Cei resterà un «vulnus» che ne appannerà la credibilità.

Sulla stampa sono stati pubblicati i capitoli dell’8 per mille che hanno cofinanziato il raduno del Family Day, suscitando in larghi strati del popolo cattolico una reazione a devolvere altrove la quota della Chiesa, generando ancora una volta una scollatura più grande tra popolo di Dio e Gerarchia che ormai sembrano camminare su sentieri diversi. Mi auguro che lei abbia il coraggio necessario, adeguato alla situazione.

E’ mia intenzione nella giornata di lunedì 21 maggio 2007, rendere pubblica questa lettera di credente ferito che si dissocia dalle parole per nulla cristiane di Silvio Berlusconi e anche dal silenzio pesante della Presidenza della Cei. Nessuna pretesa, solo una testimonianza «nunc pro tunc».

Genova 14 maggio 2007

Paolo Farinella, prete

domenica 6 maggio 2007

L'emergenza rifiuti in Campania

Riceviamo da "Salvatore Carnevale" [per contatti: citizenry@libero.it] della Rete Civica Acqua Campania e molto volentieri pubblichiamo

La cosiddetta “emergenza Campania” da mesi viene utilizzata a livello nazionale quale ammonimento verso popolazioni, comitati di cittadini e associazioni che si battono in tutta Italia da Trento a Torino, da Genova alla piana Firenze-Prato-Pistoia, dall’ Emilia alla Sardegna, dal Lazio alla Sicilia contro la proliferazione di inceneritori e discariche. Il messaggio, di chiaro stampo autoritario è : “ o accettate impianti inquinanti o finirete con i rifiuti per strada come in Campania”.

Questo ricatto è inaccettabile e poggia su di una vera e propria falsificazione della realtà, volutamente accentuata dai mezzi di informazione. In Campania come nelle altre regioni, non è la mancanza di costosissimi e nocivi inceneritori e di discariche ad impedire la soluzione del problema rifiuti, ma la colpevole assenza di qualsiasi politica di riduzione alla fonte, di riutilizzo, di riciclaggio, di serie e diffuse raccolte differenziate.

Come sosteniamo da anni, c’è un solo modo per uscire dal problema rifiuti e quindi anche dal “tunnel della cosiddetta emergenza Campania”.
- Investire da subito in forme generalizzate di raccolte “porta a porta”, a partire dalla frazione putrescibile.
- Chiudere con le fallimentari gestioni dei commissari straordinari, costosissime e antidemocratiche.
- Restituire - dovunque sia stato calpestato - il potere di programmazione e di gestione alle comunità e agli enti locali, attraverso un percorso di reale partecipazione democratica.
- Chiudere da subito e totalmente - senza deroghe di sorta - con la truffa dei sussidi all’ incenerimento (Cip 6 e Certificati Verdi )
- Far decollare davvero produzioni pulite, progetti estesi di riciclaggio e di compostaggio in grado, tra l’ altro, di creare molti più posti di lavoro.

E’ per questo che SABATO 19 MAGGIO a Napoli la Rete Nazionale RIFIUTI ZERO e i Comitati Campani per la difesa della salute e dell’ ambiente promuovono una Manifestazione Nazionale per denunciare la crisi ambientale e sanitaria procurata dalla nociva gestione del ciclo dei rifiuti, dalle attuali forme di produzione dell’ energia basate su processi di combustione, dalla realizzazione di grandi e meno grandi opere infrastrutturali.

Tutto questo è l’ effetto di governi locali e nazionali appiattiti su logiche economiche neoliberiste formulate da paesi che tanto gestiscono i propri beni primari, quanto formulano teorie di guerre preventive contro ”terrorismi” e “stati canaglia” per controllare beni collettivi fondamentali per la sopravvivenza dell’ umanità (acqua, fonti energetiche, biodiversità, semi….).

Quanto accade in Campania e nel Mezzogiorno è emblematico della situazione del paese : sversamento illegale di rifiuti industriali, mancata bonifica di territori pesantemente inquinati, piani regionali di gestione del ciclo dei rifiuti fondati esclusivamente sull’ utilizzo di inceneritori e discariche, costruzione di centrali termoelettriche a olio combustibile, a carbone, a turbogas, a biomasse, progetti di rigassificatori offshore e on board oltretutto ancora da sperimentare, linee elettriche e antenne per la telefonia mobile, proliferazione di insediamenti industriali altamente inquinanti e nocivi in aree urbanizzate e a ridosso di aree agricole.

La realizzazione e i progetti di grandi e piccole opere infrastrutturali - pubbliche e private - come dighe, autostrade, Tav, ponte sullo stretto di Messina, discariche, inceneritori, Mose, porti turistici, e contemporaneamente l’ Istituto della concessione per la costruzione delle grandi opere pubbliche senza gare d’ appalto e l’ affidamento ai privati della gestione delle risorse idriche e dei servizi locali (rifiuti, energia, gas, telefonia) hanno determinato, e provocano a tutt’ oggi lo spreco di ingenti somme di denaro pubblico, favorendo l’ accrescimento del capitale finanziario e il proliferare di potenti comitati d’ affari, mentre producono la dissipazione e lo sperpero dei beni collettivi comuni e causano un progressivo deterioramento della convivenza civile, compromettendo in modo ormai irreversibile l’ ambiente e la salute delle popolazioni.

In questo quadro un dato impressionante è quello della situazione sanitaria della Campania, aggravata da una gestione dei rifiuti fallimentare che ha favorito il predominio e gli affari delle ecomafie e della camorra, a discapito della salute delle cittadine e dei cittadini. Infatti, l’ incidenza generale di malattie tumorali in Campania ha drammaticamente superato, per particolari patologie di cancro, la media nazionale.

La gestione commissariale, che dura da oltre tredici anni, ha completamente ignorato questa allarmante situazione e ancora oggi prevede, come unica soluzione, il conferimento di rifiuto tal quale, dannosissimo per la salute e per l’ ambiente, in enormi discariche in un territorio ormai sopraffatto da decenni di abusi. Il tutto in aperta violazione delle norme europee e delle leggi nazionali.

A quanti, uomini di governo e della giunta regionale campana, e allo stesso presidente della Repubblica, tendono ad eludere le proprie responsabilità, i propri errori, i ritardi e le inefficienze, per scaricarli su altri, i comitati campani per la difesa dell’ ambiente e della salute e la Rete nazionale Rifiuti Zero rispondono respingendo ogni addebito e rivendicando per le comunità in lotta il diritto a resistere per la difesa della salute umana, ambientale e territoriale. Nonché a costituirsi parte civile nei processi di risarcimento per danno ambientale.

A prevalere in Campania sono state le logiche dei comitati d’ affari, supportate dalle scelte del sistema politico istituzionale - da Rastrelli a Bassolino. Prova ne sia che ad oggi la Campania è priva di un Piano regionale di gestione dei rifiuti ed a decidere è ancora il commissario straordinario che, con il pieno sostegno del governo regionale e nazionale, continua volutamente ad ignorare le legittime ragioni delle comunità, imponendo le sue scelte con la prevaricazione e senza prospettare le soluzioni alternative concretamente disponibili.

Tra l’ altro molti dei protagonisti della gestione dei rifiuti sono sotto inchiesta, dalla Fibe - che ancora oggi continua a far danni mandando avanti il cantiere dell’ inceneritore di Acerra - a Bassolino, fino agli alti dirigenti del Commissariato.

Noi invece riteniamo indispensabile che i governi nazionali e locali si facciano promotori di politiche di riduzione dei consumi energetici, incentivando il risparmio, le fonti energetiche realmente rinnovabili anziché regalare milioni di euro con Cip 6, Certificati Verdi e bolletta elettrica ad inceneritoristi e petrolieri, anziché moltiplicare la costruzione di nuove centrali per la produzione di energia, privatizzando e liberalizzando i servizi pubblici locali ormai diventati Società per Azioni con al centro il profitto e non più l’ interesse della collettività.

E’ quindi improcrastinabile - per difendere la salute e l’ interesse collettivo - avviare piani straordinari di bonifica delle aree gravemente inquinate, promuovere concretamente programmi di riduzione alla fonte della produzione dei rifiuti e degli imballaggi , il riuso e il riciclaggio, le raccolte differenziate porta a porta, con trattamento meccanico biologico ( “ a freddo” ) della frazione residua. E promuovere sistemi di progettazione e di produzione dei beni di consumo che riducano al minimo i materiali di scarto, puntando all’ obbiettivo RIFIUTI ZERO.

In questa prospettiva, dalla Val di Susa alla Sicilia, da Civitavecchia a Catanzaro, da Livorno a Brindisi, da Vicenza a Camp Darby, dalla piana Firenze-Prato-Pistoia ad Acerra, Serre, Lo Uttaro, movimenti , realtà di base, comitati ed associazioni si uniscono in un Patto di Mutuo Soccorso, con il quale si impegnano a sostenere le mobilitazioni delle popolazioni in lotta a difesa dell’ ambiente e della salute.

Rivolgiamo questo appello a tutte le forze sociali, alle associazioni e ai movimenti, alle Reti nazionali (acqua, No centrali, No elettrosmog, NO Mose, NO Tav, Altragricoltura, ) alle forze sindacali, al comparto agricolo, al movimento dei contadini e dei rurali, al mondo del lavoro, dei disoccupati e dei precari, al mondo della scuola e dell’ Università e alle comunità religiose, perché si possa rafforzare la lotta per costruire insieme una società rispettosa della vita e della dignità umana.

La Rete Nazionale Rifiuti Zero e i Comitati Campani per la difesa della salute e dell’ ambiente, oltre ad esprimere solidarietà alle tante realtà in lotta in tutto il paese, sono particolarmente solidali con le popolazioni di Acerra, Serre e Lo Uttaro colpite dalla violenza della repressione.

Siamo vicini a chi nella Chiesa sostiene le ragioni della salute e della giustizia - come padre Alex Zanotelli e il vescovo di Caserta Nogaro - e siamo contro le pressioni e le ingerenze di alcune gerarchie ecclesiastiche.

Giovedì, 03 maggio 2007

mercoledì 14 febbraio 2007

Involuzioni

La chiesa italiana, malgrado sia ricca di tante energie e fermenti, sta subendo un'immeritata involuzione.

L'annunciato intervento della Presidenza della Conferenza Episcopale, che imporrebbe ai parlamentari cattolici di rifiutare il progetto di legge sui "diritti delle convivenze" é di inaudita gravità.

Con un atto di questa natura l'Italia ricadrebbe nella deprecata condizione di conflitto tra la condizione di credente e quella di cittadino. Condizione insorta dopo l'unificazione del Paese e il "non expedit" della S.Sede e superata definitivamente solo con gli accordi concordatari.

Denunciamo con dolore, ma con fermezza, questo rischio e supplichiamo i Pastori di prenderne coscienza e di evitare tanta sciagura, che porterebbe la nostra Chiesa e il nostro Paese fuori dalla storia.

Si può pensare che il progetto di legge in discussione non sia ottimale, ma è anche indispensabile distinguere tra ciò che per i credenti é obbligo, non solo di coscienza ma anche canonico, e quanto deve essere regolato dallo stato laico per tutti i cittadini.

Invitiamo la Conferenza Episcopale a equilibrare le sue prese di posizione e i parlamentari cattolici a restare fedeli al loro obbligo costituzionale di legislatori per tutti.

Giuseppe Alberigo, Bologna
responsabile del’Istituto di Scienze religiose di Bologna

L'appello é firmato dal prof. Alberto Melloni, dallo storico cattolico Pietro Scoppola, e da migliaia di cattolici.

Per firmare: http://www.febbraio2007.it

mercoledì 17 gennaio 2007

Le lancette del Doomsday Clock

Roma, 17 Gennaio 2007

Le lancette del Doomsday Clock ancora più vicine alla mezzanotte. Rete Disarmo si unisce alla preoccupazione internazionale.

The Bulletin of Atomic Scientist: cresce il rischio di guerra nucleare Lancette portate avanti di due minuti, ne mancano 5 alla la mezzanotte

Oggi, 17 gennaio 07, alle ore 15.30 (ora italiana), l'annuncio ufficiale con due conferenze stampa in contemporanea a Washington e Londra.

"Doomsday", in inglese, sta per “giorno del giudizio”, “fine del mondo”. Il Doomsday Clock, con le sue lancette che vengono periodicamente avvicinate o allontanate dalla mezzanotte, è ormai da sessant'anni il più famoso indicatore del pericolo di una guerra nucleare.

Aggiornato periodicamente dall'autorevole Consiglio Direttivo del "Bulletin of the Atomic Scientists", ha raggiunto i suoi picchi nel 1953, all'epoca dei primi test Usa/Urss della bomba H (due minuti alla mezzanotte) e nel 1984, con la corsa agli armamenti scatenata da Ronald Reagan (tre minuti alla mezzanotte).

Il 1991 è invece l'anno in cui le lancette sono state spostate più indietro, a ben 17 minuti dalla mezzanotte. Era l'epoca della caduta del Muro, di Gorbaciov e della fine della guerra fredda. Da allora, però, il rischio nucleare, lungi dallo scomparire, è tornato pian piano a crescere. Successivi spostamenti, nel '95, '98 e 2002, hanno riportato le lancette a 7 minuti. “Il pericolo di una seconda era nucleare e le conseguenze dei cambi climatici portano al Doomsday Clock più vicino alla mezzanotte” è la lapidaria dichiarazione iniziale del comunicato rilasciato.

Oggi, 17 gennaio, è stato annunciato ufficialmente un nuovo spostamento, di due minuti, di avvicinamento alla mezzanotte. Mancano ora “cinque minuti virtuali” al momento della mezzanotte. In pratica le lancette sono state riportate ai livelli dei periodi più bui della guerra fredda.

L’organismo internazionale degli scienziati, nel prendere la decisione di questo spostamento, si è focalizzato su due punti principali: il pericolo di 27.000 testante nucleari (di cui almeno 2.000 possono partire nel giro di pochi minuti) e la distruzione degli habitat umani a causa del cambio di clima.

A commento di questa decisione Martin Rees, presidente della Royal Society ed astrofisica di fama mondiale ha dichiarato: “Le armi nucleari pongono ancora la più catastrofica ed immediata minaccia per l’umanità, ma anche il cambio di clima può potenzialmente portare alla fine della civiltà da noi conosciuta”.

In questa situazione, sono più urgenti che mai netti segnali di discontinuità da parte di tutti i paesi amanti della pace. L'Italia potrebbe avere un ruolo di primo piano in questo, se solo avesse il coraggio di scelte precise:

1) Chiedere l'immediato smantellamento di tutte le atomiche ancora presenti nel nostro paese (50 ad Aviano, 40 a Ghedi), in violazione del Trattato Internazionale di Non Proliferazione Nucleare; 2) Rifiutare qualsiasi transito di ordigni nucleari sul territorio nazionale, comprese le acque territoriali, e quindi vietare l'accesso ai nostri porti a navi e sommergibili a propulsione nucleare o dotati di armamenti nucleari; 3) Congiuntamente con gli altri paesi dell'Alleanza Atlantica, rimettere in discussione la politica NATO del "Nuclear Sharing", che – lungi dall'aumentare la sicurezza delle popolazioni - è un enorme fattore di instabilità a livello planetario; 4) Come minimo, congelare qualsiasi richiesta di ampliamento e ristrutturazione delle basi statunitensi nel nostro paese. In questo contesto, consideriamo inaccettabile la decisione del governo di ratificare l'ampliamento della Base USA di Vicenza.

Le indicazioni particolari per l’Italia che noi avanziamo si armonizzano pienamente con i consigli e le proposte avanzati proprio oggi dal Bullettin of Atomic Scientist:

1) Ridurre la prontezza di lancio delle forze di USA e Russia, rimuovendo completamente le armi nucleari dalle operazioni militari ordinarie
2) Ridurre il numero complessivo delle testate nucleari smantellando e distruggendo almeno 20.000 testate entro i prossimi 10 anni
3) Fermare la produzione di materiale per armamento nucleare, tra cui uranio arricchito e plutonio, sia in ambito militare che civile
4) Iniziare una seria e onesta discussione sull’espansione della potenza nucleare nel mondo

La Rete Disarmo ha in programma azioni e mobilitazioni sul tema del disarmo nucleare per i prossimi mesi ed intende costruire, con molte forza impegnate su questi temi, una campagna nazionale di pressione per un vero disarmo nucleare che parta anche dal nostro paese.

___________________________


**Ulteriori informazioni:

Sul Doomsday Clock ---> http://www.thebulletin.org http://en.wikipedia.org/wiki/Doomsday_clock

http://en.wikipedia.org/wiki/Doomsday_clock

Sull’azione “Via le Bombe Atomiche” ---> http://www.vialebombe.org/

Per contattare la Rete Italiana per il Disarmo: ---> www.disarmo.org

mercoledì 10 gennaio 2007

Chiesa polacca sotto accusa per il silenzio sul vescovo spia

In Vaticano monta l’irritazione nei confronti della Chiesa polacca dopo le dimissioni di Stanislaw Wielgius, designato arcivescovo di Varsavia, per aver collaborato con i servizi di informazione della Polonia comunista. Wielgius, che per giorni ha negato i legami con i servizi incassando l’appoggio della Santa Sede, è accusato di aver mentito al Papa. Criticato dalla stampa anche il primate Jozef Glemp. A Cracovia si è dimesso Janusz Bielanski, canonico della cattedrale di Wawel: anche lui accusato di essere stato un spia dei servizi.

Compromessi con il nemico

La Chiesa parla al mondo. Cioè allo Stato. Da quando esiste, ha avuto a che fare con Stati autoritari. La democrazia è un fenomeno recente. Ma il dialogo tra Chiesa e Stato non può essere che un compromesso. Che l'arcivescovo dimissionario di Varsavia Stanislaw Wielgius abbia collaborato con il regime comunista non deve dunque troppo sorprendere. Se i nemici non dialogano, combattono a occhi bendati. Questi, però son nemici che hanno in comune alcuni tratti non secondari.

La Chiesa è assolutismo religioso; il comunismo è assolutismo politico. La Chiesa si è sempre voluta servire dello Stato; lo Stato della Chiesa. Ognuno dei due vuole che la dottrina e l'agire da essi proposti siano lo scopo della società. Ognuno vuole distruggere l'altro. Non si tratta di una deviazione della “Chiesa di pietra” dalla “Chiesa dei santi”. La Chiesa è dei santi proprio perché vuol distruggere quel che a suo avviso è l'errore.

Gesù è il santo per eccellenza. Dicendo di dare a Cesare, ossia allo Stato, quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio, Gesù non vuole che a Cesare venga dato qualcosa che sia contro Dio: vuole che Cesare non si opponga a Dio, e che pertanto le leggi dello Stato abbiano come scopo quelle di Dio - del Dio di Gesù e, poi, della Chiesa. Dire che la Chiesa è assolutismo religioso non è “laicismo”.

La si offenderebbe negando che essa sia teocrazia. Nemmeno in Polonia la Chiesa può aver voluto il comunismo, ossia un Cesare le cui leggi si opponessero ha quelle di Dio. Se un membro della Chiesa l'avesse fatto, l'avrebbe fatto come nemico del cristianesimo. Va però anche aggiunto che, se nei paesi comunisti la Chiesa ha avuto bisogno del compromesso col potere, diventa più difficile sostenere che essa sia stata l'artefice del crollo del comunismo.

È l'ultimo caso grandioso, tale crollo, del tramonto ormai secolare, che è destinato a travolgere anche le forme superstiti di assolutismo, come quella religiosa e quella economica.

L'assolutismo economico del paleocapitalismo, che si ritiene la forma definitiva di produzione della ricchezza, tende a essere oltrepassato da una concezione «sperimentale» del capitalismo, dove si ammette la possibilità del fallimento della sperimentazione. Anche la Chiesa condanna 1e forme teologiche che in qualche modo ripropongono in senso “sperimentale” l'esistenza religiosa.

La recente conversione della Chiesa alla democrazia è spiegabile in modo analogo al movimento del capitalismo nella stessa direzione. Già Max Weber rilevava la maggiore consonanza tra capitalismo e democrazia, rispetto a quella con lo Stato totalitario. Ma il vero motivo è che in effetti quest'ultimo è, per il capitalismo, un ostacolo ben più consistente della democrazia procedurale. Lo stesso accade alla Chiesa, che alla democrazia, figlia dell'Illuminismo, ha preferito lo Stato autoritario, dove l'assenza dell'opposizione rende più agevole il dialogo e il compromesso.

Adottando la democrazia, Chièsa e capitalismo hanno sempre tentato, e con maggiori probabilità di successo, di modificarla: la Chièsa, condannando in essa “la libertà senza verità”, ed esigendo che la “verità” a cui la democrazia deve adeguarsi sia da ultimo la verità cristiana; il capitalismo, impedendo che la “solidarietà” abbia a subordinare a sé l' “efficienza”. E anche il capitalismo è un Cesare a cui non si può dare quel che contro Dio.

Per la Chiesa il fine non giustifica i mezzi; ma è della Chiesa anche la dottrina della preferibilità del male minore. Forse in Polonia, e altrove, minor male è stato dare provvisoriamente a Cesare qualcosa di quel che è contro Dio, sperando che da ultimo, davanti a Dio, egli avesse a inginocchiarsi.

Emanuele Severino

(da Corriere della Sera 9 gennaio 2007)