venerdì 20 novembre 2009

Opus Dei segreta



A Sua Santità Benedetto XVI,

[...] ho assistito con il dolore che solo una madre può provare, alla totale trasformazione di mio figlio, entrato come «numerario» nell’Opus Dei. Mi sono ritrovata di fronte a un figlio svuotato degli affetti che prima nutriva per i genitori e i familiari, un giovane al quale sembrava stravolta l’anima e il cuore.

Il direttore spirituale, neppure sacerdote ma laico, messo appositamente al suo fianco dirigeva la sua vita, le sue scelte e pian piano cambiava la sua personalità plasmando un essere umano nuovo, duro e inflessibile, totalmente sconosciuto ai miei occhi. Tutto ciò che lo riguardava era avvolto dal mistero, tutto era tenuto nascosto.

La nostra famiglia ha accusato un duro colpo e stava per disgregarsi a causa dell’Opus Dei. Solo la vera Fede è riuscita a tenerla unita contro un potere oscuro, perché di questo si tratta: l’Opus Dei offusca la mente e gli occhi di giovani buoni provenienti da sane famiglie e quindi facili prede. Sono molte ormai le testimonianze di genitori che si vedono sottratti i figli (soprattutto adolescenti) con un indottrinamento basato sulla manipolazione e sulla cieca obbedienza scevra da critiche.
Sappiamo bene che tutti gli adepti devono far affluire denaro all’Opus Dei. Stipendi «confiscati» insieme a ogni altro bene materiale. Se un membro tenta di uscire per ricostruirsi una nuova vita, inizia un forte accanimento…
(dalla lettera di Franca Rotonnelli De Gironimo, 20 novembre 2007, a oggi senza risposta)

Esiste un mondo dell’Opus Dei che molti ignorano. In questo libro proviamo a raccontarlo. Per quattordici anni sono stata numeraria dell’Opera. Ho svolto incarichi di direzione a Milano, presso il Tandem Club di viale Lombardia, e a Verona, presso la residenza universitaria Clivia di via Severo Tirapelle. La mia prima testimonianza pubblica è stata riportata nel libro Opus Dei segreta del giornalista Ferruccio Pinotti (Bur-Rizzoli 2006). Da quel momento si sono moltiplicati i contatti con chi, ex numerari o famiglie di numerari, mi cercava per saperne di più, per condividere esperienze, denunciare trattamenti subìti, l’isolamento e l’abbandono dopo l’uscita dall’organizzazione, la difficoltà di ricostruirsi una vita.

Insieme con molti ex numerari italiani ci siamo ritrovati, a partire dalla primavera del 2008, in un forum on-line riservato e non accessibile, per cercare di costruire anche in Italia quello che già da qualche anno esiste, non senza difficoltà e ostacoli, in Spagna e negli Stati Uniti, cioè degli spazi critici di analisi su cosa davvero sia l’Opus Dei, gestiti soprattutto da ex membri, persone che parlano perché sanno, hanno visto e vissuto sulla propria pelle l’integralismo e la potenza dell’organizzazione.

Da Bari a Milano, da Palermo a Verona, le testimonianze raccolte rispondono a quanti, dopo l’uscita di Opus Dei segreta, hanno isolato la mia voce come frutto di una vicenda del tutto personale. Un caso umano. E anche alle critiche di chi mi diceva: «Sapevi dove stavi andando, nessuno ti ha obbligata». Mettere insieme più voci può aiutare a raccontare una verità taciuta. Non sapevamo a cosa andavamo incontro. Sapevamo di entrare in un cammino di santità nel mondo, secondo una spiritualità laica. Invece stavamo avviandoci in un percorso dogmatico e ideologico, nel quale non si accettano critiche, che impone una condotta di vita fin dalla giovane età attraverso questi meccanismi di gratificazione: voi siete la «milizia di Dio», gli «eletti», i «prescelti».

Ci sono in gioco le vite di centinaia di giovani. Questo libro vuole aiutare chi oggi non ha il coraggio di denunciare il proprio malessere per riguadagnare la libertà. E vuole riprendere – attraverso una ricostruzione dei documenti «interni», non ufficiali, che rivelano come è organizzata e come funziona davvero l’Opus Dei –, la questione sollevata da una interrogazione parlamentare di più di venti anni fa, ovvero «se il governo non ritenga che… l’Opus Dei dovrebbe qualificarsi come associazione segreta vietata dalla legge». A noi ex numerari la domanda pare attuale. Chiediamo una risposta che non si limiti a considerare le sole fonti ufficiali dell’Opera.

Emanuela Provera, Chiarelettere

giovedì 5 novembre 2009

Difendo quella croce

[...] Gesù Cristo è un fatto storico e una persona reale, morta ammazzata dopo indicibili torture, pur potendosi agevolmente salvare con qualche parola ambigua, accomodante, politichese, paracula. È, da duemila anni, uno “scandalo” sia per chi crede alla resurrezione, sia per chi si ferma al dato storico della crocifissione. L’immagine vivente di libertà e umanità, di sofferenza e speranza, di resistenza inerme all’ingiustizia, ma soprattutto di laicità (“date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”) e gratuità (“Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”).

Gratuità: la parola più scandalosa per questi tempi dominati dagli interessi, dove tutto è in vendita e troppi sono all’asta. Gesù Cristo è riconosciuto non solo dai cristiani, ma anche dagli ebrei e dai musulmani, come un grande profeta. Infatti fu proprio l’ideologia più pagana della storia, il nazismo – l’ha ricordato Antonio Socci - a scatenare la guerra ai crocifissi. È significativo che oggi nessun politico né la Chiesa riescano a trovare le parole giuste per raccontarlo.

Eppure basta prendere a prestito il lessico familiare di Natalia Ginzburg, ebrea e atea, che negli anni Ottanta scrisse: “Il crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. È l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza fra gli uomini fino ad allora assente… Perché mai dovrebbero sentirsene offesi gli scolari ebrei? Cristo non era forse un ebreo e un perseguitato morto nel martirio come milioni di ebrei nei lager? Nessuno prima di lui aveva mai detto che gli uomini sono tutti uguali e fratelli. A me sembra un bene che i bambini, i ragazzi lo sappiano fin dai banchi di scuola”.

Basterebbe raccontarlo a tanti ignorantissimi genitori, insegnanti, ragazzi: e nessuno – ateo, cristiano, islamico, ebreo, buddista che sia - si sentirebbe minimamente offeso dal crocifisso. Ma, all’uscita della sentenza europea, nessun uomo di Chiesa è riuscito a farlo. Forse la gerarchia è troppo occupata a fare spot per l’8 per mille, a batter cassa per le scuole private e le esenzioni fiscali, a combattere Dan Brown e Halloween, e le manca il tempo per quell’uomo in croce. Anzi, le mancano proprio le parole. Oggi i peggiori nemici del crocifisso sono proprio i chierici. E i clericali.

Marco Travaglio - da Il Fatto Quotidiano n°38 del 5 novembre 2009