giovedì 25 dicembre 2008

Buon Natale all'asinello


L’asino del presepe guarda il bambino che si è addormentato. Dire che lo adora è forse troppo: un asino non ha dimestichezza con la contemplazione, e non se ne intende tanto di preghiere. Guarda e basta, come può guardare un asino, che pure un sentimento ce l’ha, ma di sicuro fa fatica a tirarlo fuori e a dirlo come si conviene. Guarda, e chissà cosa pensa, chissà cos’ha in testa mentre soffia un po’ di calore sul corpo infreddolito del bambino. Guarda e inciampa nei suoi ragionamenti confusi, che sono forse un po’ simili ai nostri, in questa notte di Natale.

Vorrei dare di più a questo bambino – pensa l’asino – ma tutto quello che ho da offrirgli è soltanto il mio fiato. Non posso cullarlo con le mie zampe secche, non posso carezzarlo con i miei zoccoli duri e sporchi, o caricarlo sulla mia groppa così scomoda e così poco sicura per un neonato. Magari le mie orecchie lunghe e ridicole potrebbero venirgli utili come guanciale, ma sua madre l’ha già deposto con cura nella mangiatoia, e credo che stia bene dov’è, avvolto nelle sue fasce, accanto a me e al bue, col padre raccolto in preghiera poco lontano.

Mi sarei dovuto preparare meglio ad un avvenimento così; ma chi se lo poteva immaginare? A noi asini nessuno dice mai niente. Tiriamo avanti nella vita a forza di urla, e raramente i nostri padroni ci chiamano per nome. Magari un nome non ce l’abbiamo neppure. Tutto quello che ascoltiamo sono suoni più che parole, monosillabi gridati con rabbia e di malumore da chi ci comanda, che si alternano ai colpi della frusta. Non abbiamo la grazia e la scioltezza dei cavalli, nostri parenti nobili, e tutto quello che sappiamo fare è portare pesi, ripetere ogni giorno gli stessi gesti, ripercorrere le medesime strade, senza una speranza, senza una prospettiva. Per che cosa, alla fine? Un po’ di biada, un po’ di fieno, qualche zuccherino e una carota se il padrone è di buonumore o se gli sono andati bene gli affari. Vita dura quella degli asini.

Ma forse – pensa l’asino – non è tanto la fatica a farmi sentire triste, non è questa vita da somaro fatta di pesi e di ripetizioni a lasciarmi l’amaro in bocca. In fin dei conti resto soltanto un asino, e non sarei capace di fare molte altre cose. Quello che mi manca è il colpo d’ala. Mi piacerebbe essere come gli angeli, che svolazzano sopra il tetto della stalla. Staccarmi ogni tanto da terra, guardare le cose dall’alto, contemplarle in un’altra prospettiva, cantare con gioia, portare annunci di pace. Mi piacerebbe volare con la loro grazia e la loro bellezza. E non ne sono capace. Se provo a volare scalcio, se penso troppo mi confondo, se cerco di cantare raglio, e tutti si spaventano, o si mettono a ridere. E’ vero, un colpo d’ala è quello che ci vuole. O magari soltanto – se proprio non potrò mai volare – un’ala che mi raccolga e mi custodisca, come fa la chioccia coi pulcini, che regali anche a me, povero somaro, un po’ di tenerezza e protezione, che mi faccia sentire amato. Anche noi asini abbiamo bisogno di affetto, anche se siamo così poco belli da vedere, così lenti a capire, così incapaci di volare.

Eppure – ragiona il somaro – se è vero quel che ho sentito stanotte, se tutte queste luci, i pastori, gli angeli, la stella me la raccontano giusta, se questo bambino, come si dice in giro, è il Figlio di Dio, allora vuol dire che anch’io sto facendo una cosa straordinaria. Questo bambino è per terra, con me, e il più vicino a lui sono proprio io, una povera bestia. E non devo fare nulla per lui, non ha bisogno che inventi qualcosa, che gli canti una ninnananna, che gli porti dei regali. A lui basta il mio fiato, a lui basta che io respiri. E’ il mio soffio, il mio alito a custodirlo, a dargli il calore di cui ha bisogno. Che strano: non è stato proprio Dio a darci la vita col suo soffio? Eppure adesso è il mio respiro a tenere in vita Dio, a far sì che non muoia di freddo. Io questa cosa proprio non la capisco: si vede che sono un asino, e ragionare non è proprio il mio mestiere…

L’asino si confonde nei suoi pensieri, ma ora è davvero felice. Vorrebbe perfino cantare dalla gioia, ma sa che dalla gola uscirebbe un raglio stonato, e ha paura di svegliare il bambino. Riprende semplicemente a guardarlo, e continua con dolcezza a scaldarlo col suo respiro.

buon natale, asinello!

venerdì 25 luglio 2008

Tutti uniti per il Trattato di Lisbona. Che strano!

''Con Barroso c'è totale sintonia per le soluzioni da prendere per il futuro dell'Ue. Per prima cosa si deve superare il veto dell'Irlanda, ma nessuno pensa di svuotare il Trattato di Lisbona che è da approvare così come è'' (ASCA - 15 luglio). Parole pronunciate dal Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nella conferenza stampa al termine del colloquio a Palazzo Chigi con il presidente della Commissione Ue, José Manuel Durão Barroso.

E difatti mercoledì pomeriggio, 23 luglio, il Senato della Repubblica Italiana ha approvato all'unanimità (286 «Sì» sui 286 votanti sul totale dei 315 senatori elettivi più i sette a vita) il disegno di legge che ratifica il Trattato Ue di Lisbona. Il ddl passa ora all'esame della Camera. Dunque i senatori del Popolo della Libertà e quelli del centro-sinistra hanno schiacciato gli stessi pulsanti. Anche i senatori leghisti hanno votato a favore, facendo nei loro interventi alcuni distinguo, ma che - seguiti dal voto favorevole - paiono puramente formali.

Il tutto si è consumato in un gran silenzio, senza che ai cittadini sia stata detta da parte del Governo, da parte dei politici e di quasi tutti i mezzi d'informazione, una parola chiarificatrice non soltanto sulla sua approvazione, ma anche sul suo contenuto, sulle gravi conseguenze che esso comporta. Basterebbe questo silenzio, questa precisa volontà di passare sopra la testa dei cittadini in modo da non suscitare in loro neanche la minima curiosità, per far comprendere che l'approvazione unanime data dal Senato rappresenta un fatto inquietante.

Non dimentichiamo, che il popolo irlandese si è chiaramente espresso non contro l'Europa dei popoli, ma - come ha spiegato il prof. Roberto de Mattei - contro un'Europa dei burocrati, che vorrebbe eliminare le identità nazionali e le radici cristiane del continente, per costituire un super-stato dalle fondamenta laiciste, il quale governi in nome dei popoli, ma al di sopra della volontà popolare. Evidentemente i nostri Senatori non si sono accorti di questo...

Proponiamo un'interessante Lettera Aperta diffusa dal Comitato Verità e Vita.

Il vero volto del "Trattato di Lisbona" - Una dittatura che forse nemmeno Hitler e Stalin avrebbero sottoscritto

I potenti dell'Europa si mostrano indignati e offesi perché la voce del popolo irlandese (che nulla conta davanti alla loro volontà di onnipotenza) si è espressa democraticamente contro il trattato di Lisbona, così come nel passato la saggezza del popolo francese e olandese si espresse contro l'approvazione della costituzione europea.

I super burocrati che pretendono di mettere in ginocchio, in nome dell'U.E., tutti gli Stati membri a un solo cenno del loro comando, rifiutano drasticamente questo nuovo smacco, impedendo che altre Nazioni esprimano democraticamente il loro voto, perché hanno ben capito che la gente comune, i lavoratori con mutuo casa, i cittadini fedeli alle loro tradizioni...non vogliono l'Unione Europea perché la sentono solo come imposizione dall'alto e come peso per le proprie tasche.

Ma la precarietà della situazione economica, resa ancora più difficile dal caro petrolio voluto dal mondo arabo per piegare l'occidente, è solo un aspetto della deriva a cui sta andando la nuova Europa, tutta protesa all'insegna del relativismo e della dittatura più pericolosa, perché subdola.

L'Unione Europea appena insediata, quasi non ci fossero problemi più urgenti e gravi, ha fatto approvare le unioni omosessuali con adozioni di poveri bambini indifesi.

Ha volutamente ignorato la cultura cattolica senza mai menzionarla nella costituzione.
Ha sanzionato con pesanti multe agricoltori e affini colpevoli di aver lavorato troppo.
Ha imposto ai suoi 27 stati membri di rendere legale l'aborto come "diritto giuridico della donna" a scapito del diritto alla vita del bambino, incentivando anche il diritto all'eutanasia.
Ha penalizzato l'obiezione di coscienza nei confronti dell'aborto e dell'omosessualità.
Ha inventato la cosiddetta "identità di genere" per spazzare via l'evidenza dei due sessi, maschile e femminile, allo scopo di legalizzare qualunque tendenza fuorviante.
Ha incentivato ogni tipo di ricerca sugli embrioni, compresa quella fra uomo e animale.
Ha proibito di manifestare pubblicamente la propria fede religiosa con sentenza del 21.2 diffidando la Chiesa dall'esercitare il suo ministero esterno, quale ad esempio la benedizione pasquale delle case ecc.. In seguito vedremo quale altra proibizione ci verrà imposta...

Come se tutto ciò non bastasse adesso ci impone il misterioso TRATTATO DI LISBONA che annullerà col tempo tutte le Costituzioni dei singoli Stati, sostituendosi ad esse, in modo tale che a nulla varranno col tempo le nostre leggi interne, comprese quelle riguardanti temi etici e sociali.

È il crollo del primordiale diritto alla democrazia, alla libertà e alla sovranità nazionale.

Praticamente vogliono cancellare le singole identità delle Nazioni ricche del loro patrimonio culturale, artistico, storico, religioso ecc. legato anche alle singole tradizioni millenarie, per imporre un'unica costituzione che non rispetta assolutamente né l'identità dell'Europa nè dei singoli Stati, ma oltretutto lo fanno in maniera subdola, larvata, per impedire che gli europei usino il cervello e si pronuncino sul loro futuro chiedendo di essere interpellati e documentati mediante un referendum.
Pagare i politici europei perché ci facciano schiavi della dittatura è il colmo.

Centro Culturale Nicolò Stenone - Verona

lunedì 14 luglio 2008

Manifesto per la Sinistra Cristiana

Riceviamo e giriamo a pochi lettori del blog. Considerata l'urgenza e gravità del momento, accettiamo un'altra deroga al 'profilo' di Cristiano che da tanto tempo (ma proprio tanto) stiamo aspettando e che non pare si profili neppure all'orizzonte: il Cristiano per il Cristianesimo.

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Siamo tutti vittime di una disfatta della politica che, dopo la rimozione del muro di Berlino, vissuta come la vittoria ultima di una parte sull’altra, ha rinunciato a fare un mondo nuovo preferendo rilanciare il vecchio, a cominciare dal suo ancestrale sovrano “diritto alla guerra”. Ciò facendo i poteri dell’Occidente hanno abdicato alla responsabilità di guidare il corso storico, mettendo tutto nelle “mani invisibili” del Mercato, del quale si sono fatti sudditi, guardiani e sacerdoti. E questo lo dice pure Tremonti, dal fondo del pensiero reazionario. Ma poiché il meccanismo così innescato ha creato isole di ricchezza in un oceano di naufraghi, incrementando povertà, insicurezza e disordine, la politica si è fatta polizia per domare terroristi e riottosi, alzando il livello di violenza preventiva e repressiva e mettendo sotto i piedi verità, diritto, Costituzioni e Convenzioni internazionali, ivi comprese quelle umanitarie. E questo non lo fa solo Tremonti, lo hanno fatto dirigenti di destra e di sinistra, anche in regimi inutilmente bipolari.

Oggi non solo c’è bisogno di tornare alla politica da cui molti con giusto disappunto si sono allontanati, come hanno fatto due milioni e mezzo di nuovi astenuti nelle ultime elezioni, ma c’è bisogno di una politica “altra”; né del resto alla vecchia politica questo ritorno sarebbe possibile, né ad essa possibile l’approdo dei giovani; c’è bisogno di una ricostruzione della politica come un “essere per gli altri”, a cui tutti sono chiamati.

Perciò rivolgiamo questo appello alle donne e agli uomini che vogliono operare per la giustizia per un ritorno alla politica. Proponiamo pertanto di promuovere con il nome di Sinistra Cristiana una rete di Gruppi, di aggregazioni e di servizi “per la Costituzione, la laicità e la pace”: cioè per l’unità degli uomini nella giustizia e nel diritto, per la responsabilità comune di “credenti” e “non credenti”, per la crescita del mondo. Dire Sinistra Cristiana non significa qui riferirsi alla pur positiva esperienza che ebbe questo nome dal 1938 al 1945, né crearne oggi una nuova, ma fare appello a quella Sinistra Cristiana che è già nel Paese ed è nascosta nel fondo di molti di noi. Ciò comporta una scelta di campo di sinistra, cosa che in un’Italia drasticamente divisa in due sole parti politiche non significa più sposare una determinata ideologia, ma assumere il peso della contraddizione, mentre della sinistra rivendica la dignità, contro tutte le delegittimazioni e diffamazioni.

Si tratterebbe di dar vita ovunque sia possibile, nel territorio, nelle istituzioni e nelle assemblee elettive, a un “Servizio politico” che da un lato abbia lo scopo di favorire la partecipazione politica dei cittadini, offrendo loro, indipendentemente dalle rispettive opinioni, dei servizi e degli aiuti per agevolarli nell’adempimento dell’art. 49 della Costituzione; dall’altro che abbia lo scopo, come parte tra le parti, di promuovere in modo associato iniziative, corsi e scuole di formazione politica, riattivare canali di comunicazione coi giovani, elaborare culture, soluzioni e proposte legislative, intervenire nel dibattito pubblico e, se necessario, partecipare anche direttamente all’azione politica per concorrere a determinare con metodo democratico la politica nazionale e instaurare la giustizia e la pace tra le nazioni, sempre promuovendo alternative costruttive e nonviolente nei conflitti; e ciò entrando nelle contraddizioni in atto, tra cittadini e stranieri come tra uomini e donne, tra regolari e clandestini, tra necessari ed esuberi, e cercando di ristabilire i legami tra il quotidiano, la cultura, la politica e una speranza nuovamente credibile; sapendo che se non subito si può cambiare il mondo, si può intanto cambiare il modo di stare al mondo.

La definizione di questa rete di Gruppi e di iniziative come “Servizio politico”, intende non solo identificare il criterio della politica nel servizio e non nel potere, ma anche riprendere la radicale illuminazione secondo la quale il vero modo per evitare che nella vita collettiva gli uni siano nemici degli altri, è che tutti si riconoscano servi gli uni degli altri.

Il nome di Sinistra Cristiana, poi, non comporta un’identificazione confessionale, che in nessun modo può confondersi con una divisa politica, ma intende alludere a un mondo di valori, tutti negoziabili, ossia non imposti, purché prevalgano l’amore e la libertà, vuole indicare come discriminante il principio di eguaglianza e, nel conflitto, significa fare la scelta dei poveri, delle vittime e degli esclusi.

Si tratta dunque di un nome nuovo che si riferisce tuttavia a una ricca e variegata tradizione di impegno politico che va da Murri a Sturzo a Dossetti, dai cristiani della Resistenza ai “professorini” della Costituente, da Rodano a Ossicini a Gozzini, dalla cruenta testimonianza di Moro a quella della salvadoregna Marianella Garcia Villas, che hanno attraversato il Novecento italiano.

Quanti intendono associarsi a questo appello sono invitati a farsi promotori delle relative iniziative nelle realtà a cui ciascuno appartiene, salvo poi ogni possibile coordinamento. E se per ottenere risultati è necessario coinvolgere molti, anche due o tre che si riuniscano per queste cose già compendiano tutto il significato dell’azione.

Per un incontro di carattere nazionale, da convocarsi a settembre, si può prevedere fin da ora di mettere all’ordine del giorno, come primissime urgenze, il ritorno alla rappresentanza proporzionale senza snaturamenti maggioritari, e l’affermazione del principio che i diritti sono uguali per tutti: dove la proporzionale è la condizione per non dare troppo potere a qualunque “sovrano del popolo” e perché anche una minoranza possa continuare a rivendicare diritti uguali per tutti contro maggioranze che li neghino.

Raniero La Valle, Patrizia Farronato, Giovanni Galloni, Rita Borsellino, Adriano Ossicini, Carla Busato Barbaglio, Domenico Gallo, Giuseppe Campione, Boris Ulianich, Annamaria Capocasale, Roberto Mancini, Amelia Pasqua, don Mario Costalunga, Laura Brustia, Francesco De Notaris, Agata Cancelliere, Giovanni Franzoni, Renata Ilari, Giovanni Avena, Emilia Carnevale, Giulio Russo, Nicola Colaianni, p. Nicola Colasuonno, Donatella Cascino, Pasquale Colella, Franco Ferrara, p. Alberto Simoni, Bernardetta Forcella, Giovanni Benzoni, Angelo Bertani, Enrico Peyretti, Francesco Comina, Chiara Germondari, Ettore Zerbino, Alessandro Baldini, Claudio Bocci, Antonio Cascino, Anna La Vista, Federico D’Agostino, Pasquale De Sole, Franco Ferrari, Gianvito Iannuzzi, Angela Mancuso, Gianfranco Martini, Giuseppe Mirale, Francesco Paternò Castello, Maria Antonietta Piras, Fiammetta Quintabà, Corrado Raimeni, Maurizio Serofilli, Gabriella Saccami Vezzami, Luca Spegne, Maria Rosa Tinaburri, Paola e Claudio Tosi, Angelo Cifatte, Piero Pinzauti, Nanni Russo, Alessandra Chiappino, Enrico Grandi, Franco Borghi, Antonio De Lellis.


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Per aderire a questo appello si può utilizzare l’ospitalità di Adista, inviando una mail all’indirizzo manifestosinistracristiana@adista.it, specificando nome, cognome, indirizzo, professione e recapito postale telefonico e informatico. Un contributo simbolico di 10 euro - o più - per le spese può essere invece versato sul conto di “Pace e diritti” presso la Bnl del Senato (Iban IT36V0100503373000000010470), oppure sul conto corrente postale n. 10654507 intestato a “Comitato per i campi di pace”. I firmatari saranno poi invitati a una riunione costituente per decidere come condurre il seguito dell’iniziativa

venerdì 4 luglio 2008

LA BANDIERA ARCOBALENO, SIMBOLO SINCRETISTA E NEW AGE ?

“L’Arcobaleno: sincretismo o pace?”: è la domanda - ovviamente retorica - che Fides, l’agenzia di stampa della Congregazione vaticana di Propaganda Fide, pone, all’interno di un lungo articolo pubblicato il 20 giugno scorso, a tutti quei religiosi, preti, credenti che nel recente passato hanno scelto di utilizzare questo simbolo nelle manifestazioni e nelle marce per la pace e di esporlo sugli altari, sugli ingressi e sui campanili delle chiese. “Come mai uomini di Chiesa, laici o chierici che siano, hanno per tutti questi anni ostentato la bandiera arcobaleno e non la croce, come simbolo di pace?”, si chiede l’agenzia vaticana. Evidentemente, spiega l’agenzia, ci si è fatti condizionare dalla “lunga litania degli eventi in cui la Chiesa avrebbe brandito la croce come simbolo di sopraffazione”; e questo sebbene la Chiesa abbia chiesto “successivamente in modo inequivocabile perdono per le manchevolezze dei suoi figli”. E poi, aggiunge Fides, “taluni dimenticano che la storiografia più aggiornata ha ridimensionato quanto la propaganda anticlericale, soprattutto ottocentesca, aveva orchestrato ad arte”. In ogni caso, “non è il simbolo della croce in se stesso ad aver bisogno di essere emendato, quanto piuttosto gli atteggiamenti degli uomini che, guardando a tale segno, possono ritrovare motivo di conversione”.

In ambito cattolico, la polemica sulla bandiera della pace non è nuova. Era scoppiata per la prima volta all’inizio del 2003, quando p. Alex Zanotelli, l’associazione “Beati i costruttori di pace”, alcuni missionari, personalità del mondo laico e cattolico, insieme a diverse realtà dell’associazionismo lanciarono l’iniziativa “Pace da tutti i balconi”, chiedendo a credenti e non credenti di esporre la bandiera arcobaleno per manifestare la propria opposizione alla guerra in Iraq (v. Adista n. 71/02 e 19/03). Troppo simile alla bandiera del movimento gay, dissero allora alcuni esponenti della gerarchia ecclesiastica.

Ora a tornare all’attacco è però un organo di stampa vaticano, che tenta di dare al “no” all’arcobaleno anche un supporto teorico. Nonostante alcuni credenti vogliano trovare in questo simbolo la rievocazione dell'episodio biblico del diluvio universale, spiega infatti Fides, “le origini della bandiera della pace vanno ricercate, nelle teorie teosofiche nate alla fine dell’800. La teosofia (letteralmente “conoscenza di Dio”) è quel sistema di pensiero che tende alla conoscenza intuitiva del divino”. Questa corrente di pensiero, sostiene l’agenzia vaticana, “ha rappresentato un vero momento di rottura con le tradizioni religiose che dominavano precedentemente in Occidente, e ha permesso a molte filosofie e religioni indiane di divenire negli anni popolari in Europa e Stati Uniti”. “Potremmo riassumere tale questione con un slogan: non esistono verità assolute. Espressa in questi termini, la premessa sarebbe tutt’altro che nuova: il relativismo è antico come la filosofia, se non come l’umanità decaduta”. Tuttavia esistono diverse forme di relativismo, aggiunge l’articolo di Fides: come la New Age che “si specifica per il suo carattere volontarista.

Ciascuno può, letteralmente, creare il proprio mondo, e ciascun mondo soggettivamente creato avrà la sua verità, non meno ‘vera’ - e non meno ‘falsa’ - rispetto a quella del mondo creato da un altro”. Si tratta di “due delle più insidiose visioni della realtà che stanno condizionando la cultura dominante occidentale”. Ed entrambe possono rivendicare come simbolo la bandiera della pace. Al di là delle diverse versioni sulla paternità di questo simbolo, spiega infatti Fides, resta il fatto incontestabile che “La bandiera arcobaleno è una valida sintesi per rappresentare questo sincretismo”, il simbolo più adatto “a rappresentare un’idea, oggi molto in voga, secondo la quale non ci sarebbe alcuna verità assoluta: tutte le opinioni hanno la medesima dignità e quindi meritevoli di spazio”. Inoltre, c’è la vecchia questione: la bandiera arcobaleno con un paio di piccole differenze rispetto a quella utilizzata dal movimento per la pace “è il simbolo dei movimenti di liberazione omosessuali”: “fu disegnata - spiega Fides - da un artista di San Francisco, Gilbert Baker, nel 1978, su richiesta della comunità gay locale in ricerca di un simbolo (a quei tempi il triangolo rosa non era ancora diffuso)”. In realtà, in Germania, qualcuno l’idea di contrassegnare gli omosessuali con il triangolo rosa l’aveva avuta diversi anni prima, ai tempi del nazismo.

“Ma quale teosofia! Il problema vero è che nella Chiesa non c'è dialogo, nessuno delle gerarchie parla con noi manovali delle parrocchie”, ribatte sul suo sito internet don Vitaliano Della Sala, prete altermondialista da sempre impegnato sui temi della pace. “Trovo squallido - aggiunge il prete irpino - che ci si rivolga ai sacerdoti tramite notizie d'agenzia, ma al di là di questo, è incredibile che si vada a cercare il pelo nell'uovo”, anche perché l’obiettivo vero della gerarchia non è la teosofia e il neopentecostalismo, “ma la possibile confusione con il movimento gay, che denota un rapporto irrisolto con l'omosessualità”. La croce, scrive don Vitaliano, è soprattutto “la prova concreta dell’amore di Dio per l’umanità. Ridurla a simbolo della pace, mi sembra relativizzarla, umiliarla, sminuirla … è quasi una bestemmia”.

Indignato per la presa di posizione vaticana anche Giacomo Alessandroni, segretario di Peacelink, che ha inviato una lettera aperta alla gerarchia cattolica, pubblicata il 24 giugno da Liberazione: “Dal momento che sono stato sempre cattolico e pensante, ho rivolto molte domande anche a Santa Romana Chiesa”, scrive: volevo ad esempio sapere - spiega - perché il Vaticano ha deciso di “mettere i diritti d'autore sui discorsi del Santo Padre”; “volevo sapere perché il Tevere si allarga e stringe ogni qual volta Radio Vaticana deve inondare di radiazioni ionizzanti persone (tra le quali anche cristiani) che pagano con linfomi l'extraterritorialità della Santa Sede”; “volevo sapere perché il generale di Corpo d'Armata card. Angelo Bagnasco, quando era generale dei cappellani militari - al pari delle modelle - si è fatto fare il calendario e - visto che c'era - se lo è fatto pagare delle Pontificie Opere Missionarie” (v. Adista n. 1/2005); “volevo sapere perché lo sponsor principale delle Giornate Mondiali della Gioventù è la Banca di Roma, nonostante le migliaia di lettere indirizzate alla Santa Sede dove si ricordavano i notevoli traffici in armi di questo istituto di credito”. “Dal Vaticano non ho mai ricevuto risposte, nemmeno quando furono negate le sacre esequie a Piergiorgio Welby”. Oggi, con la condanna dell’arcobaleno, “la Chiesa Cattolica pone un nuovo pesante macigno” tra sé e i credenti impegnati per la giustizia sociale, la pace e il disarmo.

valerio gigante

Fonte: http://www.adistaonline.it/index.php?op=articolo&id=43015

venerdì 20 giugno 2008

Italica plebe

Riassunto delle puntate precedenti.

Alla maggioranza dei cittadini non interessano che due (*) cose: che caccino gli stranieri dal sacro suolo e che taglino le tasse.
Di tutto il resto – militarizzazione del territorio, smantellamento dell'impianto laico dello Stato, morti sul lavoro, erosione dei diritti dei lavoratori, stato d'eccezione permanente, asservimento dell'informazione, asservimento della magistratura, leggi ad personam, leggi xenofobe, perversione giuridica del concetto di reato (è cominciata una sinistra mutazione semantica: il "crimine" tende a non denotare più un atto, bensì uno stato; come dimostra in maniera tragica il caso dei Rom, criminali non si sarà più per ciò che si fa, ma per ciò che si è), repressione del (residuale) dissenso, involuzione autoritaria dello stato e della società – chi se ne fotte?
Anzi no: "chi se ne fotte", senza punto interrogativo. Non è una domanda, è un'asserzione.

A tutela dell'ambiente e contro il riscaldamento globale: le "grandi opere" cementizie e il dissennato ritorno all'energia nucleare.
Chi se ne fotte.
Dove metteremo le scorie radioattive?
Chi se ne fotte.

La maggioranza vuole così, sembrano confermare i sondaggi: l'uomo forte, decisionista, che risolve tutti i problemi.

Poco prima delle ultime elezioni, qualcuno mi ha criticato perché nell'appello al voto pubblicato su questo sito ho scritto (con una limpida e non molto originale citazione pasoliniana) "la mutazione antropologica della società italiana è avvenuta". Mi è stato detto che tradivo un senso di superiorità morale e una forma mentis da razzista-snobista.

Bene, a due mesi di distanza non solo sottoscrivo le mie parole, ma aggiungo che non si dovrebbe più parlare tanto di "società", quanto piuttosto di "plebe".

Qual è la differenza tra popolo e plebe? H. Arendt, Le origini del totalitarismo: la plebe è la caricatura del popolo.

«Se è un errore comune del nostro tempo immaginare che la propaganda possa ottener tutto e convincere la gente di qualunque cosa, purché si presentino gli argomenti con sufficiente abilità e si gridi abbastanza forte, l'errore di quel periodo era pensare che, "voce di popolo, voce di Dio", il compito di capo fosse (…) quello di seguire supinamente quella voce. Entrambe le opinioni derivano dallo stesso errore fondamentale, quello di identificare la plebe col popolo invece di considerarla come una sua caricatura.

La plebe è composta da tutti i declassati. In essa è rappresentata ogni classe della società. Perciò è così facile confonderla col popolo, che pure comprende tutti gli strati. Mentre nelle grandi rivoluzioni il popolo lotta per la guida della nazione, la plebe reclama in ogni occasione l'"uomo forte", il "grande capo". (…) I plebisciti, con cui i dittatori moderni hanno ottenuto così eccellenti risultati, sono quindi un vecchio espediente degli uomini politici che capeggiano la plebe. (…)

L'alta società e i politicanti della Terza repubblica avevano alimentato con una serie di scandali e di frodi la plebe francese a cui, in un'epoca che non conosceva ancora la disoccupazione come fenomeno di massa, erano affluiti i ceti medi travolti dalla rovina economica. Essi provavano, per questo prodotto del loro malgoverno, un sentimento di paterna condiscendenza, misto ad ammirazione, coscienza sporca e paura. Il meno che la società potesse fare per la plebe era proteggerla verbalmente. E mentre la plebe aggrediva gli ebrei per la strada, e prendeva d'assalto i loro negozi, il linguaggio dell'alta società faceva apparire la violenza fisica un innocente gioco da ragazzi.»

A me sembra che questa descrizione della Troisième République a cavallo tra Ottocento e Novecento suoni ancora attuale. E che entri in sinistra assonanza con il titolo dell'opera da cui è tratta.

Una notiziola di questi giorni: boom di iscrizioni alla Lega in Norditalia. Richieste di adesione a valanga anche dai tredicenni. Il partito è persino in difficoltà, fa fatica a gestire questa marea imprevista. Se dico che tutto quanto mi ricorda i balilla, arriverà qualcuno a dirmi "esagerato", "apocalittico" o "radical chic"?

I crimini commessi dagli apparati dello stato non creano allarme sociale? A quanto pare no.

Comunque sia, questi anni sono pur serviti a qualcosa. Chi ha orecchi per intendere non può non aver inteso. Si è visto in questi anni con estrema chiarezza come dietro gli abbellimenti della tarda modernità e lo strato di cerone "democratico", lo Stato italiano resti quello di sempre: una forma di organizzazione della vita collettiva autoritaria e fondata sul monopolio della violenza. Lo stesso che mandò l'esercito a sparare sui manifestanti milanesi nel maggio del 1898. Le cannonate del regio esercito fecero centinaia di morti e ancor più feriti (tra cui diversi bambini). La risposta delle istituzioni fu l'assegnazione al generale Bava Beccaris della Gran Croce dell'Ordine Militare di Savoia.

Di fatto non esiste alcun rapporto necessario tra la Giustizia e lo Stato. I tempi odierni hanno il pregio di svelarlo senza tante ipocrisie. Questo è positivo. Il negativo è la mancata reazione: "Chi se ne fotte?".

Un esempio? Tanto per parlare di uno degli episodi di storia recente più démodé in assoluto, ecco quanto scrive Marco Imarisio sul Corriere del 18/06/08:

«Piccoli effetti collaterali da emendamento. Se la modifica al decreto sicurezza passa così com'è, in materia di G8, vedi alla voce Genova 2001, i colpevoli sono da una parte sola. Addio Bolzaneto, addio Diaz.

Le forze dell'ordine uscirebbero immacolate dal disastro di quei giorni, mentre l'unico procedimento già arrivato alla sentenza di primo grado è quello che condanna 25 manifestanti per devastazione e saccheggio, ipotesi di reato con pene previste che vanno dagli 8 ai 15 anni, e quindi restano fuori dalla sosta ai box imposta dall'emendamento blocca-processi.

Ma per Bolzaneto e Diaz la fermata equivale ad un capolinea. Tutti i reati che vedono coinvolti rispettivamente 45 persone tra poliziotti e medici e 29 tra funzionari e agenti sarebbero caduti in prescrizione nel 2009. Già così la sentenza di primo grado avrebbe avuto solo valore morale, oltre a dare il via ai risarcimenti per le vittime, nessuna conseguenza sul piano penale per gli eventuali colpevoli. Il "congelamento" dei due processi però equivale alla loro eutanasia, perché al momento della ripresa i tempi sarebbero strettissimi, basterebbero un minimo intralcio, un difetto di notifica, i ruoli pieni del tribunale o il cambio di un membro dei collegi giudicanti, per dichiarare prescritti i reati. Se il verdetto per i fatti della scuola Diaz era previsto a novembre, la beffa è doppia per Bolzaneto, «bruciata» sul traguardo.

La sentenza per le torture avvenute nella caserma sulle alture di Genova era prevista per il 16 luglio.

Se davvero andrà così, si verificherebbe lo scenario previsto dai più nichilisti tra i reduci di Genova, convinti fin dall'inizio che non vi sarebbe mai stata giustizia, neppure in tribunale, e contrapposti a quella parte di ex no global che conservava invece fiducia nello Stato. Dice Luca Casarini che "Berlusconi traduce in legge la rimozione bipartisan del G8 già intravista con il governo Prodi". "Un'atroce beffa dopo 7 anni di indagini e udienze", afferma il comitato Verità e giustizia, mentre Amnesty Italia ironizza sulla "sfortunata coincidenza". Nel complesso, poca roba. Reazioni isolate e di nessun peso. Sette anni dopo, Genova 2001 si chiude (forse) in un silenzio assordante.»

A proposito della Sindrome di Bava Beccaris, qui ci si può rinfrescare la memoria su come sia proseguita la carriera degli agenti di pubblica sicurezza accusati delle violenze contro i manifestanti durante il G8.

Perché ho scritto queste righe? A cosa serve? A chi? A me, per non ritrovarmi tra qualche anno a vergognarmi di me stesso. Per potermi dire "almeno non sei stato zitto".


[(*) Tre con la nazionale di calcio. È banale dirlo, ma è così.]

Sergio Baratto

Fonte:
http://www.ilprimoamore.com

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http://www.ilprimoamore.com/testo_953.html


19.06.08

lunedì 9 giugno 2008

Cavaliere e Santità


Come sarebbe bello se tutti i cattolici "dissidenti" prendessero carta e penna e scrivessero personalmente al proprio vescovo pregandolo di inoltrare la papa il proprio dissenso dall'orrenda visita di Berlusconi al papa con "baciamo-le-mani" incorporato.

L'effetto sarebbe più grande che non una raccolta di firme perché sarebbe personale e spedita vi posta, segno che si è pensato, scritto, andato alla posta e imbucato. Non importa se nno risponderà nessuno. Ciò che importa è il gesto profetico in se stesso.

PS. Il Giornale di Berlusconi questa volta con un titolo virgolettato "Farinella: Arsenico per il Papa", chiede alla gerarchia la mia sospensione a divinis. Non sapevo che il mio vescovo fosse Paolo Berlusconi, ma tutto è possibile, anche l'impossibile, se è possibile che Berlusconi Silvio sia ricevuto dal papa. (P.F.)

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Genova, 09 giungo 2008 - L'immagine di Silvio Berlusconi che prende tra le sue la destra anulata del papa e, «inclinato capite», compunto, ne bacia l'anello, consapevole della dissacrazione che compie, ha fatto il giro del mondo e si è depositata nell'immaginario collettivo dei più come atto di devozione verso l'autorità, riconosciuta, del papa. Il contrasto con le dichiarazioni di Romano Prodi, dopo il «fattaccio» della Sapienza di Roma è abissale e incolmabile. Il cattolico praticante appare il nemico e censore del papa, mentre l'inquisito per frode ed evasione, il condannato, il corruttore, il compratore di senatori a suon di attricette da strapazzo, il puttaniere, il Piduista, l'ateo divorziato difensore della famiglia, appare, di colpo, quasi per magia, l'umile figlio della Chiesa, «prostrato al bacio della sacra pantofola». Il gesto del bacia-anello è stato ripetuto ancora alla fine dell'udienza. «Repetita iuvant».

Dicono i bene informati che il rito del «baciamo-le-mani, Santità!» non è stato spontaneo e istintivo, suggerito dall'emotività del momento che sarebbe stato comprensibile. E' stato studiato a freddo da esperti psicologi e creatori di consenso d'immagine. Ciò aggrava il fatto e costituisce un doppio «vulnus» che difficilmente sarà riparabile. Peccato, che il papa sia stato al gioco e non abbia rotto il giocattolo fin dall'inizio. A meno che tutto non fosse concordato, come fa supporre il fatto che il Vaticano abbia preteso, fatto unico nella storia della diplomazia vaticana, la presenza del «Gentiluomo di sua Santità, Gianni Letta, come «garante» e testimone dell'incontro. Segno che Berlusconi è tenuto al guinzaglio corto dal sistema clericale imperante.

Come cittadino italiano, sono indignato che il presidente del consiglio dei ministri, che rappresenta la mia nazione, abdichi alla sovranità e alla dignità del mio paese, prostrandosi in baciamano che somiglia più a rappresentazione di stampo mafioso che non a un atto di devozione sincera. Mi ripugna essere rappresentato da un uomo che pur di ingrassare il suo «super-ego», dimentica ogni parvenza di dignità e usa e strumentalizza qualsiasi cosa gli sia utile per i suoi perversi scopi. Egli «fa finta» perché è un finto uomo che ha sempre vissuto di finzione, costruendo sull'apparenza e sull'effimero un potente potentato economico e ora anche politico, «clero iuvante».

A questo «homo parvus» dell'opportunismo e della strumentalizzazione si oppone la chiarezza fiera di un grande statista, integerrimo cattolico e anch'egli presidente del consiglio dei ministri, Alcide De Gasperi, che il papa Pio XII nel giugno del 1952, volle umiliare, annullando l'udienza privata con la famiglia, già programmata da mesi, perché si oppose all'ordine del papa di fare il governo con i fascisti. De Gasperi convocò ufficialmente l'ambasciatore della Santa Sede presso l'Italia, e, stando in piedi, dietro la sua scrivania di capo del governo dell'Italia, disse: Signor Ambasciatore, riferisca al papa che come cristiano accetto l'umiliazione, come presidente del consiglio dei ministri della repubblica italiana, protesto energicamente e chiedo spiegazioni.

Come cattolico praticante, sono indignato e scandalizzato che il papa si presti al gioco mediatico di accreditare come modello di figlio devoto e pio della Chiesa un individuo come Silvio Berlusconi senza chiedergli previamente un atto di conversione e/o di penitenza. Egli è adoratore di «mammona iniquitatis» perché ha fatto l'ingiusta ricchezza con l'inganno, il furto, la corruzione, l'evasione fiscale. Egli è divorziato, abortista e i suoi figli convivono more uxorio, fatti che sarebbero questioni private, se il presidente del consiglio non si dichiarasse cattolico e non andasse dal papa «coram populo et mundo» a parlare in difesa della famiglia secondo la visione della Chiesa: allora anche le sue scelte private diventano fatti pubblici e criteri ermeneutici. Egli è implicato con la mafia (ne ha ospitato uno a casa sua ed è fratello germano di un altro, condanno in secondo grado per mafia).

Egli sta perseguitando gli immigrati, tra i quali vi sono migliaia e migliaia di uomini e donne di religione cattolica, di cui il papa dovrebbe essere padre, difensore e vindice, in forza della sua paternità universale. Ho visto latinoamericani, africani e orientali, cattolici, piangere di fronte allo scandalo del papa che accettava l'omaggio di un persecutore ateo e amorale.

Il pastore riceve il lupo travestito da agnello, e abbandona gli agnelli al loro destino: anzi a molti, a tanti, pare che il pastore così sembra autorizzare il lupo a devastare il gregge. E' ancora fresca nella memoria, la scelta del papa che, per opportunità di equilibri politici internazionali, non volle ricevere il Dalai Lama, premio Nobel per la pace, mentre a meno di tre mesi delle elezioni, riceve il predatore d'Italia, colui che con le sue tv ha degradato l'Italia in forza del principio, pubblicato sul giornale del papa, l'Osservatore Romano (6 giungo 2008), che «la televisione privata dovrebbe avere tra le sue funzioni quella di divertire, come seconda funzione quella di informare e soltanto successivamente, quella di formare». Egli ha detto queste cose alla radio e sul giornale del Vaticano e nessuno gli ha tolto la sedia di sotto e lo ha rimandato a casa. Di fronte all'opinione pubblica, il papa approva.

Santità, mi sento parte integrante della Chiesa-Sacramento e riconosco la sua autorità di papa in quanto vescovo di Roma, ma non mi sento parte di un sistema che pure lei rappresenta: un sistema di connivenza con i potenti che prosperano sui poveri, che affamano i poveri, che manipolano i poveri che nessuno difende. Nemmeno il papa.

Paolo Farinella, prete

venerdì 28 marzo 2008

Appello alla civiltà di coscienza

Riceviamo con richiesta di diffusione. 

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La «memoria» delle Italiane e degli Italiani è veramente corta e a volte si ha l’impressione che non esista proprio. Mi riferisco alle prossime elezioni che sono finte perché nessuno di noi può eleggere nessuno. Possiamo solo confermare le scelte delle segreterie dei partiti che sanno già chi sarà eletto e chi no.

La decenza vorrebbe che nessuno andasse a votare perché è una presa in giro e una violazione della Costituzione che fonda la nostra democrazia sull’equazione: «una testa un voto»; alla fine si contano i voti e un solo voto di maggioranza fa la differenza. Winston Cherchill che aveva due soli voti di maggioranza alla camera, soleva dire: «Uno è di troppo».

Sembra che i giochi siano fatti. A me pare che siano fatti gli Italiani perché in queste elezioni non si elegge un parlamento e un governo, ma si deve impedire la deriva istituzionale che sarà irreversibile se vince la destra estrema di Berlusconi e i suoi accoliti. Nella mia corrispondenza con la «Madonna di Lourdes» pubblicata su MicroMega n. 2 (2008) e reperibile a < www.wikio.it/news/Madonna+di+Lourdes?wfid=48990460 > e < azione="dettaglio&id="181">, ho descritto ampiamente i criteri etici e democratici per non votare Berlusconi e votare il male minore Veltroni. Di seguito alcuni telegrafici motivi, a corredo, che dovrebbero essere dirimenti in modo definitivo.

Chi ha votato il referendum per salvare la Costituzione non può votare in coscienza Berlusconi, Fini, Bossi, Casini e tutti i cespugli che li sostengono perché essi hanno votato la riforma della Costituzione che era la dissoluzione della Suprema Carta (il presidente della repubblica Ciampi, la rimandò indietro per palese incostituzionalità). Chi li vota vanifica quel referendum e premia gli assassini della Costituzione.

Berlusconi ha 72 anni e queste elezioni sono la sua ultima occasione. Non ha più niente da perdere. Se andrà al governo distruggerà quello che potrà, dopo che ha sistemato definitivamente le sue cose e questa volta in modo blindato: affosserà la Costituzione e con essa lo stato di diritto.

La Corte di giustizia europea, dopo la Corte costituzionale italiana, ha decretato che la sua tv, rete4, deve andare sul satellite e gli spazi liberi, appartengono di diritto a Europa7 che aspetta da 15 anni le frequenze. Se l’Italia non rispetterà la legge del diritto, pagherà sanzioni per 400.000,00 euro al giorno a partire dal 2000. Se vince Berlusconi, scaricherà sugli Italiani, anche quelli che devono nascere, un debito permanente di 146 milioni di euro all’anno (senza contare gli arretrati) perché senza le sue tv è un politico decotto.

Nelle liste di Berlusconi vi sono 25 condannati in 1°, 2° e 3° grado, cioè in via definitiva. Chi lo vota se ne assume la responsabilità etica e no ha il diritto di appellarsi ad una giustizia «giusta».

Per 5 anni noi abbiamo pagato 30.000,00 euro al mese gli avvocati di Berlusconi, Ghedini e Pecorella, per un ammontare complessivo in difetto di euro 1.800.000,00 (diconsi: un milione e ottocentomila). Questi due signori passavano il tempo a difendere il capo a spese degli Italiani e il secondo, Pecorella, era anche capo della commissione costituzionale del Senato, come dire quello che dava l’ok alle leggi truffa del padrone. E’ stato come avere messo uno spacciatore a difesa di una scuola contro la diffusione della droga.

Nella vicenda Alitalia, Berlusconi ha dimostrato la sua totale assenza di senso di Stato: ha detto che i suoi figli erano disposti ad entrare nella cordata e ha chiesto allo Stato un prestito che tra l’altro è vietato dalle norme europee; due giorni dopo ha detto «manco per sogno»: ma a lui non importa chi ci perde, l’importante è portare lo scompiglio e fare della bugia la sua arma primaria. Il 17 febbraio del 2004 aveva dichiarato spocchioso come sempre che «Meno male che c’è Berlusconi che impiegherà il suo talento per risanare l’Alitalia». Si è visto come «meno male che Silvio c’è» oggi come allora: se vince gli Italiani si troveranno col sedere per terra. Fidarsi di uno così è consegnarsi da soli al boia, corda in mano.

Votare Berlusconi significa votare per uno che è stato affiliato alla P2 (tessera n. 1816) e diventare complici dell’aumento della povertà in Italia perché la sua politica economica favorirà esclusivamente i ricchi extra large. Questo per i cattolici è un vero toccasana: si ricordino del cammello che passa dalla cruna di un ago e dei poveri con i quali Gesù si è identificato in Matteo 25.

Chi volesse conoscere per esteso il curriculum giudiziario di tal Silvio Berlusconi non fa altro che collegarsi a e si può fare una cultura sulle condanne e specialmente sulle assoluzioni. Tra le altre cosucce, nel 1990 fu condannato per avere giurato il falso sulla P2 (tribunale di Venezia). Chi vota Berlusconi non può invocare il diritto e la legge perché votandolo li calpesta con disprezzo.

Berlusconi ha rubato anche a quelli che lo hanno votato e lo votano, ma anche a quelli che non lo hanno votato e non lo votano. Ha frodato il fisco e ha evaso valuta all’estero e si è salvato solo perché ha tolto la legge sul falso in bilancio: non elimina il crimine, elimina la legge che lo persegue. In questo è un esperto.

Amo il mio Paese, pur sentendomi cittadino del mondo, e mi dispiace vederlo in mano ad un pirata senza alcuna etica e «dignitas» e quando giungeremo alla frutta, non vorrei essere accusato di avere taciuto per convenienza o per interesse. Almeno che resti una testimonianza.

Genova, 28 marzo 2008 – Paolo Farinella, prete