mercoledì 21 settembre 2005

Proposta libraria

E se Dio rifiuta la "religione"? Un interrogativo provocatorio, che, in un certo senso, sembrerebbe essere stato posto dallo stesso Gesù di Nazareth alla sua gente, guardando la realtà del Tempio, dei riti, dei divieti. Una religione che adora un Dio irraggiungibile che punisce, scomunica e non tollera. Un religione che però Dio rifiuta. Una domanda intrigante, alla quale i contributi raccolti nel volume cercano una risposta attraverso un confronto tra esponenti ed esperti delle tre religioni monoteistiche (cristianesimo, islam ed ebraismo) e del buddhismo. Un tema che viene qui sviluppato su più piani: biblico, teologico, pastorale e della fenomenologia delle religioni.

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lunedì 19 settembre 2005

Ovazione accoglie il discorso alle N.U. del presidente venezuelano Chavez

Mentre il discorso del "nostro" primo ministro all'ONU, fatto di solite melense menzogne, ha suscitato un tiepidissimo applauso di rito, ben diversa la sorte toccata al primo ministro venezuelano Chavez, accolto con un vero e proprio boato (quasi i 90 minuti di applausi fantozziani!!).

In breve Chavez ha ricordato che oggi sappiamo che non c'erano armi di distruzione di massa in Iraq, ma nonostante questo il Paese è stato bombardato e occupato contro il parere espresso dall'ONU, organismo diventato oggi completamente inutile e che ha bisogno non di riforme, ma di profondi cambiamenti.

Bisogna uscire dalla dittatura di Washington e la sede non dovrebbe più essere a New York. Sono gli Stati Uniti, con il loro atteggiamento e la guerra preventiva ad aizzare il terrorismo, ricordando inoltre l'episodio di un noto evangelista, sostenitore di Bush, che durante la sua trasmissione televisiva ha invitato i servizi segreti americani ad ucciderlo, chiaro esempio di crimine internazionale.

Aumento del numero delle Nazioni nel consiglio di sicurezza, rafforzamento del ruolo del segretario generale, eliminazione del diritto di veto alle cinque nazioni che lo posseggono... questi le principali modifiche che devono essere fatte, invece del progetto di riforma imposto, che se verrà accettato "siamo tutti perduti, spegniamo la luce, chiudiamo le porte e andiamocene..."

sabato 17 settembre 2005

LA FAMIGLIA È UN'ALTRA COSA

ALLE UNIONI DI FATTO È GIUSTO DARE RICONOSCIMENTO R1CONOSCIMENTO GIURIDICO. PAROLA DI MONS. CHIARINELLI

Solo per citare i casi più recenti, c'è la durissima lettera del vescovo di Pistoia, mons. Simone Scatizzi, al Consiglio comunale della sua città contro le unioni gay (v. Adista n. 57/05), ma anche le parole del vescovo di Isernia, mons. Andrea Gemma, che ha accostato gli omosessuali ai ladri, e le dichiarazioni del card. Ruini che ha sostenuto (v. Adista n. 49/05) che criterio fondamentale della dignità della persona umana è il matrimonio uomo-donna. Il riaccendersi del dibattito intorno ai Pacs, dopo che a luglio 45 parlamentari dell'Unione hanno depositato al Senato un disegno di legge in materia (su cui pare convergere quasi tutto il centro sinistra e parte del centrodestra), ripropone anche all'interno del mondo ecclesiale la questione di una qualche forma di riconoscimento delle unioni tra omosessuali. All'interno della gerarchia cattolica si registrano però reazioni di estrema chiusura e durezza.

Tra esse, proprio quella di mons. Scatizzi, con i luoghi comuni, le sciocchezze e le falsità che la infarciscono, è sembrata a Gianni Geraci, portavoce del Coordinamento Gruppi di Omosessuali Cristiani in Italia, un esempio illuminante delle conseguenze negative a cui porta l'atteggiamento di presuntuosa ignoranza con cui molti vescovi cattolici continuano a trat¬tare l'omosessualità. Negli anni scorsi - racconta Geraci in una nota della fine di luglio - sono state più di una le lettere che abbiamo mandato ai vescovi per chiedere loro di incontrarci e di aprire un canale di comunicazione che li aiutasse a capire cosa è veramente l'omosessualità. Purtroppo - ammette - i segnali di risposta sono stati troppo timidi.

Un passo avanti, rispetto allo scenario tracciato da Geraci, potrebbe essere rappresentato da una lettera alla diocesi scritta alla fine del mese di luglio da mons. Lorenzo Chiarinelli, vescovo di Viterbo e fino al maggio scorso presidente della Commissione CEI per la Dottrina della Fede. Certo, nessuna apertura al matrimonio gay, ma sul riconoscimento giuridico delle unioni di fatto il vescovo di Viterbo, nel suo documento intitolato Quale famiglia, sembra lasciare aperto qualche spiraglio.

Nel testo, Chiarinelli precisa che l'art. 29 della Costituzione e il suo dettame non può essere equivocato, anche se spesso per motivare certe 'aperture' o 'aggiornamenti' vengono avanzate le 'ragioni sociali'; occorre, si dice, venire incontro a ogni tipo di convivenza, per non fare discriminazioni, per rimuovere gli ostacoli di tutti i cittadini. Su questo punto - spiega - bisogna intendersi con chiarezza estrema e distinguere tra persona e famiglia. La persona è soggetto unico, irripetibile, connotato da uguaglianza senza eccezioni, con diritti irrinunciabili, non passibili di alcuna discriminazione. La famiglia, invece, non è una semplice somma di persone; perciò non si può confondere o barattare il doveroso sostegno, senza discriminazioni, dovuto alle persone, a tutte le persone, con il sostegno dovuto alle famiglie. Il fatto che le persone stiano assieme non produce di per sé una realtà qualitativamente nuova quale è la famiglia.

Ciò detto, Chiarinelli afferma però che le 'unioni di fatto', con il loro definirsi 'di fatto', intendono dire alla collettività che non sono una 'qualità nuova'. Cioè che tra lo stare assieme comunque e lo stare assieme con vincolo matrimoniale c'è un salto di qualità, civile e sociale. Poiché le unioni di fatto questo salto, per definizione, non lo compiono, ma si tratta pur sempre di persone che stanno insieme, i cui diritti vanno riconosciuti e garantiti, è dentro questa linea, contenuta nella Costituzione, che vanno collocate e normate le questioni concernenti le cosiddette nuove forme di convivenza, etero o omosessuali. Insomma, oltre ad una chiara condanna di ogni forma di discriminazione, Chiarinelli si spinge a ipotizzare che, purché non si confondano le unioni di fatto, omo ed eterosessuali che siano, con la famiglia, che è 'realtà altra' socialmente rilevante, l'istituzione per esse di una qualche forma di tutela giuridica potrebbe non trovare ostile la Chiesa cattolica.

Curioso il fatto che, mentre l'intervento di Chiarinelli ha trovato ospitalità anche su Avvenire (24/7), sorte ben diversa, qualche anno fa, ebbero le dichiarazioni, il cui contenuto era assai simile a quello del documento di Chiarinelli, rilasciate nel 1999 dalla allora neo presidente dell'Azione Cattolica Paola Bignardi all'Unità (v. Adista nn. 23 e 25/99). La Bignardi, nell'intervista, sosteneva la necessità di far uscire dal limbo giuridico in cui si trovano le tante forme di convivenza di fatto che ormai esistono nel Paese. Affermazioni che le costarono una dura reprimenda da parte di Ruini e l'obbligo di una rapida e secca smentita. Che la Bignardi affidò ad un'altra intervista all'Avvenire il 12 marzo 1999.