mercoledì 10 gennaio 2007

Chiesa polacca sotto accusa per il silenzio sul vescovo spia

In Vaticano monta l’irritazione nei confronti della Chiesa polacca dopo le dimissioni di Stanislaw Wielgius, designato arcivescovo di Varsavia, per aver collaborato con i servizi di informazione della Polonia comunista. Wielgius, che per giorni ha negato i legami con i servizi incassando l’appoggio della Santa Sede, è accusato di aver mentito al Papa. Criticato dalla stampa anche il primate Jozef Glemp. A Cracovia si è dimesso Janusz Bielanski, canonico della cattedrale di Wawel: anche lui accusato di essere stato un spia dei servizi.

Compromessi con il nemico

La Chiesa parla al mondo. Cioè allo Stato. Da quando esiste, ha avuto a che fare con Stati autoritari. La democrazia è un fenomeno recente. Ma il dialogo tra Chiesa e Stato non può essere che un compromesso. Che l'arcivescovo dimissionario di Varsavia Stanislaw Wielgius abbia collaborato con il regime comunista non deve dunque troppo sorprendere. Se i nemici non dialogano, combattono a occhi bendati. Questi, però son nemici che hanno in comune alcuni tratti non secondari.

La Chiesa è assolutismo religioso; il comunismo è assolutismo politico. La Chiesa si è sempre voluta servire dello Stato; lo Stato della Chiesa. Ognuno dei due vuole che la dottrina e l'agire da essi proposti siano lo scopo della società. Ognuno vuole distruggere l'altro. Non si tratta di una deviazione della “Chiesa di pietra” dalla “Chiesa dei santi”. La Chiesa è dei santi proprio perché vuol distruggere quel che a suo avviso è l'errore.

Gesù è il santo per eccellenza. Dicendo di dare a Cesare, ossia allo Stato, quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio, Gesù non vuole che a Cesare venga dato qualcosa che sia contro Dio: vuole che Cesare non si opponga a Dio, e che pertanto le leggi dello Stato abbiano come scopo quelle di Dio - del Dio di Gesù e, poi, della Chiesa. Dire che la Chiesa è assolutismo religioso non è “laicismo”.

La si offenderebbe negando che essa sia teocrazia. Nemmeno in Polonia la Chiesa può aver voluto il comunismo, ossia un Cesare le cui leggi si opponessero ha quelle di Dio. Se un membro della Chiesa l'avesse fatto, l'avrebbe fatto come nemico del cristianesimo. Va però anche aggiunto che, se nei paesi comunisti la Chiesa ha avuto bisogno del compromesso col potere, diventa più difficile sostenere che essa sia stata l'artefice del crollo del comunismo.

È l'ultimo caso grandioso, tale crollo, del tramonto ormai secolare, che è destinato a travolgere anche le forme superstiti di assolutismo, come quella religiosa e quella economica.

L'assolutismo economico del paleocapitalismo, che si ritiene la forma definitiva di produzione della ricchezza, tende a essere oltrepassato da una concezione «sperimentale» del capitalismo, dove si ammette la possibilità del fallimento della sperimentazione. Anche la Chiesa condanna 1e forme teologiche che in qualche modo ripropongono in senso “sperimentale” l'esistenza religiosa.

La recente conversione della Chiesa alla democrazia è spiegabile in modo analogo al movimento del capitalismo nella stessa direzione. Già Max Weber rilevava la maggiore consonanza tra capitalismo e democrazia, rispetto a quella con lo Stato totalitario. Ma il vero motivo è che in effetti quest'ultimo è, per il capitalismo, un ostacolo ben più consistente della democrazia procedurale. Lo stesso accade alla Chiesa, che alla democrazia, figlia dell'Illuminismo, ha preferito lo Stato autoritario, dove l'assenza dell'opposizione rende più agevole il dialogo e il compromesso.

Adottando la democrazia, Chièsa e capitalismo hanno sempre tentato, e con maggiori probabilità di successo, di modificarla: la Chièsa, condannando in essa “la libertà senza verità”, ed esigendo che la “verità” a cui la democrazia deve adeguarsi sia da ultimo la verità cristiana; il capitalismo, impedendo che la “solidarietà” abbia a subordinare a sé l' “efficienza”. E anche il capitalismo è un Cesare a cui non si può dare quel che contro Dio.

Per la Chiesa il fine non giustifica i mezzi; ma è della Chiesa anche la dottrina della preferibilità del male minore. Forse in Polonia, e altrove, minor male è stato dare provvisoriamente a Cesare qualcosa di quel che è contro Dio, sperando che da ultimo, davanti a Dio, egli avesse a inginocchiarsi.

Emanuele Severino

(da Corriere della Sera 9 gennaio 2007)

1 commento:

Antonio Candeliere ha detto...

Bellissimo articolo!