giovedì 28 dicembre 2006

L’oscena inutilità della guerra

Ho scoperto, per caso, che esattamente novant’anni fa terminava una delle più atroci battaglie della storia.

I tedeschi si ritirarono dalla piana di Verdun, nella Lorena . nove giorni prima del Natale 1916. Quando se ne andarono, dopo nove mesi di feroci combattimenti, la pianura e le basse colline di quella zona (250 chilometri dalla capitale francese; “la porta di Parigi”, secondo gli strateghi) erano un’ enorme tomba di fango in cui giacevano, massacrati, due interi eserciti. Dal febbraio di quell’anno i cannoni tedeschi e quelli francesi avevano tempestato di colpi, giorno e notte, ininterrottamente, le trincee nemiche. Gli storici annotano: 2 mila cannoni, 21 milioni di proiettili sparati.

Dove oggi vivono 30 mila persone si accalcarono, in quei tempi di dannazione, per morirvi o per sopravvivere, marchiati per sempre dall’orrore, più di un milione di soldati. Fu tra le battaglie più gigantesche della storia: i caduti francesi furono 163 mila, 216 mila i feriti e i mutilati; i tedeschi, rispettivamente 143 mila e 196 mila. Decine di migliaia di feriti non sopravvissero. Sulle rovine di cinque villaggi, completamente cancellati dalle bombe, ogni giorno migliaia di soldati uscivano dalle trincee in cui avevano dormito all’addiaccio sotto una pioggia insistente per andare all’assalto con le baionette inastate. Sventrare almeno un nemico era l’ordine che ricevevano ogni volta dagli ufficiali.

Migliaia di soldati morivano ogni giorno per l’effimera conquista di un rialzo di terreno che meritava appena il nome di collina. La civiltà, la vita “normale”, la possibilità di sorridere, di innamorarsi, di contemplare il cielo, di dormire in un letto, persino di morire in un letto, sembravano cose lontanissime. Più tardi i veterani di Verdun sarebbero stati guardati con orrore dagli altri soldati: si erano “abituati a camminare senza neppure accorgersene sui cadaveri dei commilitoni”; e avevano ascoltato il suono dei denti di enormi topi che li divoravano.

La battaglia di Verdun fu ritenuta così importante dai capi politici e militari francesi che la strada sulla quale venivano inviati rinforzi e munizioni ai combattenti fu chiamata “Via Sacra”; ma i soldati conoscevano la verità, cantavano una terribile canzone che diceva: “Et tout ça pour rien, et tout ça por rien”, tutto questo per niente.

Migliaia di militari dell’una e dell’altra parte furono fucilati per ordine dei generali: l’accusa era di diserzione o di codardia. In realtà erano uomini che rifiutavano di essere tramutati in macellai di uomini o in carne da macello. Benedetto XV parlò allora di “inutile strage”. Qualche tempo fa papa Ratzinger ha definito Verdun “momento oscuro della storia del Continente”, il quale “deve restare nella memoria dei popoli come un evento da non dimenticare mai e da non rivivere mai”.

Verdun denunzia la oscena idiozia delle guerre, la loro inutilità. Il primo conflitto mondiale provocò in Europa mutamenti di confini che avrebbero potuto essere ottenuti per via diplomatica. “Bruciò” due generazioni umane di europei (le vittime italiane furono 600 mila) con il risultato di seminare povertà e disperazione, le quali nutrirono la diffusione del fascismo e del nazismo.

I generali che avevano comandato le truppe di Verdun rivelarono negli anni successivi di essersi abituati a considerare le persone poco più che insetti: il maresciallo Hindenburg spianò a Hitler la via del potere, il maresciallo Petain collaborò con Hitler nella deportazione degli ebrei.

Nel resto del mondo non vi furono mutamenti se non nominali: i possedimenti coloniali tedeschi passarono alla Francia e alla Gran Bretagna e i loro popoli continuarono a essere crudelmente sfruttati. Le grandi industrie europee e americane (la Krupp, la General Motors, la Fiat, la Renault) furono le uniche a trarre enormi benefici dalla prima guerra mondiale.

E venticinque anni dopo scoppiò la seconda, quasi che la prima non ci fosse mai stata.

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16 dicembre - Lettera 119

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