giovedì 21 dicembre 2006

Lettera aperta al predicatore del Papa

Caro padre Raniero Cantalamessa,

noi, le vittime della pedofilia clericale, ci complimentiamo perché dalla Casa Pontificia si alza una voce in nostro favore: una giornata annuale di digiuno per cancellare la macchia, che portiamo impressa nella carne come le stigmate di nostro Signore.
Certi che ci spetta un posticino nel presepio, tra i piccoli innocenti, ci rivolgiamo al Cielo per sapere che ne pensa della tua proposta.

“Signore, noi gli agnelli immolati per i peccati della Chiesa, chiediamo: è sufficiente un digiuno di 24 ore per dimenticare tanta ignominia e l’omertà, il silenzio complice dei tuoi pastori?
Le tue parole incontrovertibili consigliano qualcosa di più di un semplice digiuno: “Chi scandalizza un fanciullo, sarebbe meglio mettergli una macina da mulino al collo e buttarlo nel mare” (Mt 18,5s).
Perché tu usi un metro e i tuoi seguaci un altro?
Non ci scandalizza che Tizio e Caio sbaglino. Ci turba che un’istituzione “divina” consideri materia di foro interno, un fatto privato, un delitto tanto grave, i cui responsabili devono essere denunciati alla polizia.
Chi minimizza, copre, smista i rei da una parrocchia all’altra, non si rende corresponsabile del delitto?
Ma i tuoi ministri continuano a consigliare di non sporgere denuncia (cf le risposte di alcuni parroci di Milano durante l’inchiesta televisiva de “Le Jene”).
E il “crimen sollicitationis” riservato alla Congregazione competente, non è un sottrazione indebita all’azione della magistratura?
E che dire della controffensiva del vescovo di Agrigento, il quale cita in tribunale per diffamazione una vittima della pedofilia, che dal banco dell’offeso passerà a quello del colpevole?
Oltre al danno, le beffe!
Quando si giunge a capovolgere la morale, come non dubitare che a monte ci sia qualcosa che non va?
Forse si può dire che l’autorità civile tutela, difende gli innocenti meglio dell’autorità religiosa. Per un delitto così abominevole la giustizia umana prevede la prigione e il risarcimento dei danni, la morale cattolica sembra considerarlo un peccato da “smacchiare” con una indulgenza o un digiuno.
Vedi, Signore, in Vaticano si minimizza: “In fin dei conti, si tratta dell’uno per cento dei preti: su 450.000 “solo” 4.500 si voterebbero a queste turpi pratiche nei luoghi sacri…” (negli USA 4.500 le cause in corso, ma le vittime sarebbero più di 11.000).
Forse non ci si rende conto che si tratta di un’operazione esponenziale: ogni pedofilo produce, in media, una decina di vittime; ognuna di queste, per un perverso circolo vizioso, ne produce almeno altrettante. E via dicendo, cioè e via moltiplicando vittime innocenti.
Inevitabile chiedersi: come mai tutto ciò con tante preghiere, studi teologici, ritiri, messe?
Il seminario, la formazione non hanno una qualche relazione di causa ed effetto con questi fatti?
Troppo facile puntare il dito sugli esecutori materiali del delitto senza chiamare per nome i mandanti, come certa cultura sessuofoba e misogina.
Se per anni si induce il candidato a ignorare, se non a cancellare la propria corporeità, si potranno mai produrre presbiteri maturi?
Se fin da ragazzi si è “educati” a negare l’umano, a vedere la sessualità con gli occhiali neri della cultura pagana, come avremo dei preti capaci di portare il giogo obbligatorio della castità?
Non è temerarietà spedirli in parete da sesto grado senza l’equipaggiamento necessario? Non a caso la “Convenzione sui Diritti del minore” (U.N. General Assembly, Document A/RES/44/25, 12.12.1989) ne proibisce il reclutamento fuori dall’ambiente familiare.

Caro padre, perché non scrivere a caratteri cubitali in ogni messale, breviario, libro di preghiera, sito internet, luogo di ritrovo cattolico: “Per il delitto di pedofilia il codice penale prevede anni di reclusione, il Cristo consiglia di buttarsi in mare”?

Ed ora qualche suggerimento:
1- quando predichi alla corte pontificia, perché non porti con te un gruppo dei nostri? Abbiamo tanti Calvari da consegnare al cuore paterno del Santo Padre e del collegio cardinalizio: non siamo noi i “vostri “crocifissi?
2- quando i cardinali sono convocati a trattare nostra materia, perché non invitare i nostri rappresentanti? Siete preoccupati delle nostre piaghe o dell’esodo dei beni ecclesiastici, della fuga dei cattolici e rispettive elemosine?
3- il digiuno farà anche bene alla “linea cattolica” (Gesù non lo raccomanda affatto), ma noi esigiamo un mini-concilio, perché la Chiesa si riconcili con le vittime: in prima fila noi, i “santi innocenti” dei nuovi Erodi; poi i figli dei preti condannati a vivere senza padre; poi le suore abusate dai preti con i loro aborti; poi le donne “usa-e-getta” dei preti; poi i preti sposati trattati come malfattori. Sia chiaro: non bastano due preghierine o un pio digiuno, vogliamo giustizia, cioè il risarcimento dei danni morali e materiali.
4- Auspichiamo un anno di penitenza per chiedere perdono a Dio e a noi del male che ci avete fatto. Non sarebbe l’unica maniera per fare capire ai preti pedofili la gravità del loro misfatto, che ci tortura giorno e notte con rimorsi, incubi, piaghe dell’anima?”.

Per finire, ricordi?
Eravamo insieme nel convento di Milano, tu assistente alla Cattolica, io studente di teologia. Alla vigilia dell’ordinazione presbiterale, dubbioso, ti chiedo: “Riuscirò ad osservare il voto di castità?”. E tu: “Non ti preoccupare, basta pregare e tutto si aggiusta…”.
La conclusione va da sé, vero?

p. Fausto Marinetti

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Gentile redazione,
vorrei sottoporre alla Vostra attenzione alcune considerazioni che mi sono balenate improvvise alla mente qualche giorno fa visitando il Pantheon. Ho prestato attenzione per la prima volta, è incredibile, alle statue e alle figure dipinte e mi sono detto: queste sono tutte rappresentazioni di omosessuali. Guardatele con disincanto e dite se non è vero! Ed ecco la riflessione: vuoi vedere che la Chiesa ha fatto da polo d'attrazione delle tendenze omosessuali presenti tra i giovani? Sarebbe allora interessante verificare se ci fosse coincidenza tra la nascita e lo sviluppo dei movimenti gay e il crollo delle vocazioni.
A scanso di equivoci e per aggiungere altri spunti di riflessione faccio notare che l'approccio che propongo è sociologico ed ha implicazioni quasi esclusivamente sociologiche. Infatti le tendenze sessuali di preti e suore non inficiano i contenuti della Chiesa né tantomeno i valori più generalmente cristiani. Questo perchè preti e suore sono tenuti a reprimere le loro tendenze etero o omosessuali che siano. Quindi l'ipotesi proposta non vuole essere una critica dissennata alla Chiesa, né vuole sminuirne il ruolo storico e sociale, tenta piuttosto una lettura del fenomeno vocazioni diversa dal solito aggiungendo un elemento che sfugge alle analisi ricorrenti. In più c’è da tener presente che, anche verificata che fosse l'ipotesi in questione, non si dimostrerebbe automaticamente che la vocazione maschera, o mascherava, il desiderio di trovare un ambiente adatto alle pulsioni omosessuali. Nel caso si spiegherebbero però alcuni comportamenti e, nel contempo si aprirebbero orizzonti d’indagine, secondo me, degni di approfondimento.
Cordiali saluti.
Danilo Di Mambro Roma

Anonimo ha detto...

No è un'esclusiva dei "consacrati", sebbene qui risulti particolarmente odiosa. Tutte le istituzioni totalizzanti (per dirla con gergo sociologico) hanno dovuto fare i conti con le pulsioni sessuali. Cito prigioni, caserme, collegi, seminari, conventi, ...

E' quasi certo che molti sacerdoti - nel compiere la loro scelta cosiddetta vocazionale - abbiano pensato alla 'carriera' ecclesiastica per stemperare o confondere qualcosa che, nella loro personalità, li turbava, ed è normale che vi fossero implicazioni della sfera sessuale.

La sessualità è una componente importantissima del nostro essere, importante quanto il mangiare e il dormire; è alla base della buona funzionalità comportamentale e di moltissimi biochimismi che regolano le principali funzioni vitali.

Perchè la Chiesa si ostini a mettere in secondo piano (e, nei suoi "quadri", a reprimere) questa componente vitale, resta un mistero che solo parzialmente i suoi documenti ufficiali di tutti i tempi hanno cercato di motivare, riuscendovi solo in parte.

Non è impedendo per dottrina un comportamento che ne si escludono le conseguenze nefaste, bensì riconducendo alla dimensione naturale, dunque eo ipso "casta", che ci si potrà riconciliare con se stessi e con il prossimo. Quel prossimo che, alla luce del "comandamento nuovo", è il fine attraverso il quale si deve affermare la diversità del homo christi convertito (per metanoìa) rispetto all'homo homini lupus.

In una sessualità alimentata e vissuta secondo l'insegnamento di Cristo, non possono certamente trovare posto forme di deviazione o aberrazione che si alimentano sulla perversa logica del profitto, nulla di più lontano dalla nostra fede.